12 e 13 giugno, vota i REFERENDUM
Andiamo a votare, ci farà “bene”
Tutti i cittadini (quelli indecisi e quelli decisi ma che non sanno ancora se andare ai seggi) sono invitati ad andare a votare a favore della ri-pubblicizzazione dell’acqua, sostanzialmente, per tre motivi fondamentali:
a) il referendum è un istituto di democrazia diretta che affonda addirittura le proprie radici nella sovranità popolare di cui all’art. 1 della costituzione, è il simbolo, l’icona della democrazia partecipativa. In un dossier realizzato da Altreconomia per spiegare i due sì ai referendum dell’acqua e per sfatare i decantati vantaggi
della privatizzazione dell’acqua, leggiamo che “I referendum sono l’arma più potente che ci è rimasta per ribadire la volontà di partecipare alle decisioni del governo, e con essa ribadire le nostre convinzioni”. Il referendum non è un mezzo attraverso il quale i cittadini esprimono semplicemente la loro opinione su un determinato argomento (questo è il caso di un’indagine, di un sondaggio, ecc.), ma è uno strumento tramite il quale il popolo fornisce – senza intermediari – la propria decisione – il proprio volere – su un determinato argomento. È come trasformare per due giorni l’intero paese in un unico grande parlamento dove al posto dei politici (gli intermediari) troviamo i cittadini stessi. Per chi crede in una democrazia partecipata, il referendum non è solo un diritto sacrosanto, ma un’occasione assolutamente da non perdere.
b) l’acqua è una risorsa indispensabile per la vita dell’uomo e di ogni essere vivente. La World Health Organization afferma che “safe drinking water, sanitation and good hygiene are fundamental to health, survival, growth and development”: avere l’acqua potabile e i servizi igienici di base sono requisiti fondamentali per lo sviluppo socio economico e per la crescita di un Paese. Per questo motivo l‘acqua è oggetto di particolare attenzione da parte dei cittadini e deve essere considerato un bene “altamente” pubblico, comune. Nessuno
ha un preconcetto nei confronti del mondo profit e degli imprenditori che svolgono la loro attività nel rispetto delle regole e della dignità del consumatore. Ci sono, però, alcuni beni – come l’acqua – che, proprio per la loro peculiarità e la loro particolare importanza per la vita stessa dell’uomo, non possono essere trattati alla stessa
stregua degli altri: l’acqua è un “monopolio della natura” e non essendo soggetta a regime di concorrenza, risulta alquanto strano liberalizzarla o privatizzarla; l’acqua è definita un bene comune perché, a differenza dei beni pubblici che possono essere goduti da tutti senza contrasti, è consumato da più persone contemporaneamente
e il consumo degli uni interferisce con quello degli altri; la normativa esistente sul servizio idrico integrato, da un lato, prevede una privatizzazione “forzata” della gestione dello stesso e, dall’altro, non prevede nessun sistema e nessun soggetto che garantisca l’efficienza, la qualità e l’”equità”del servizio.
c) una battaglia per la ri-pubblicizzazione dell’acqua non è una cosa isolata, ma è legata inscindibilmente alle battaglie per tanti altri diritti umani. Una battaglia simile, che ha visto l’unione di numerose realtà sociali ciascuna con un percorso diverso alle spalle ma accomunate dalla tutela di un bene prezioso come l’acqua, serve anche per dare un segnale chiaro a chi governa affinché sappiano “leggere” in futuro meglio l’elettorato (soprattutto sugli argomenti più delicati e sulle cd “urgenze tematiche”) ed esercitare in maniera coerente il mandato politico a loro conferito.