Un decennio perso: le imprese hanno fallito nel sorvegliare se stesse

È tempo di sostituire i principi volontari con leggi forti
Comunicato FOCSIV con CIDSE
Il mondo sta affrontando una doppia crisi: da un lato gli impatti della pandemia di coronavirus e l’onere del rischio nelle catene di approvvigionamento, sono ricaduti in modo ineguale sui lavoratori e le comunità più povere; dall’altro gli impatti della crisi del clima e della biodiversità in corso, stanno colpendo allo stesso modo i più vulnerabili. Ora dobbiamo ricostruire un’economia che protegga le comunità, i lavoratori e l’ambiente – anche dagli impatti negativi delle aziende.
I principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani (UNGPs), approvati il 16 giugno 2011, sono stati un quadro importante per stabilire la responsabilità degli Stati di proteggere i diritti umani (pilastro 1), la responsabilità delle imprese di rispettare i diritti umani (pilastro 2), e facilitare l’accesso ai rimedi per coloro che sono stati danneggiati (pilastro 3).
Tuttavia, non sono principi giuridicamente vincolanti e non sono stati sufficientemente convertiti in norme vincolanti e applicabili. Fino ad oggi, la loro attuazione ha dato priorità alle iniziative volontarie delle imprese. Queste iniziative non sono riuscite a cambiare significativamente il modo in cui le aziende operano, né ad ottenere giustizia per le vittime di abusi da parte delle imprese, e hanno creato un campo di gioco ineguale per le aziende.
Gli UNGPs contengono anche alcune omissioni significative, tra cui il diritto delle comunità di dire “no” all’attività delle aziende nella loro terra e nei loro territori (indipendentemente da qualsiasi azione da parte delle imprese per prevenire o mitigare gli impatti dannosi), e l’interdipendenza dei diritti umani e dell’ambiente.
Oggi, le comunità del Sud del mondo continuano ad affrontare violazioni dei diritti umani e la distruzione ambientale come risultato delle operazioni e delle catene di fornitura di potenti compagnie multinazionali con sede nei paesi più ricchi, anche in Europa.
Questi impatti includono la perdita di vite e dei mezzi di sussistenza di lavoratori, individui e comunità in tutto il mondo; l’inquinamento di risorse naturali inestimabili come i fiumi, la terra e le foreste; la violazione dei diritti dei popoli indigeni e di coloro che lavorano nelle aree rurali, la perdita di biodiversità.
Ora è il momento di regole legalmente vincolanti e applicabili per la tutela dei diritti umani e dell’ambiente a livello nazionale, UE e ONU. Le aziende devono essere responsabili dei danni che causano, a cui contribuiscono o a cui sono direttamente collegate, anche quando ciò avviene al di fuori dei confini nazionali. Le comunità e le vittime devono essere in grado di accedere alla giustizia per i danni che subiscono.
Chiediamo un forte trattato vincolante delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani, che ritenga le aziende responsabili per le violazioni di diritti e gli abusi ambientali secondo il diritto internazionale. Sosteniamo leggi nazionali e regionali che includano forti disposizioni sulla responsabilità e l’accesso alla giustizia – e la proposta di legge dell’UE per una due diligence obbligatoria in tema di diritti umani e ambiente ha il potenziale per esserlo.
Leggi forti garantiranno che le imprese che fanno la cosa giusta, rispettando diritti umani e ambiente, non siano penalizzate rispetto alle aziende irresponsabili che operano con standard inferiori, e che le imprese europee non traggano profitto dagli abusi commessi nel mondo.
L’unico modo per cambiare il comportamento delle imprese è quello di sancire il rispetto dei diritti umani e dell’ambiente in una legge internazionale vincolante.