La posizione CIDSE alla COP27
Questo articolo è tratto dal documento CIDSE riguardo la giustizia climatica e raccomandazioni politiche presentate presso la 27ª Conferenza delle Parti (COP27). QUI il Rapporto completo
La conferenza sul clima COP27 tenutasi in Egitto, nel continente africano, ha riguardato l’aggravarsi degli impatti climatici, alimentari, energetici e socioeconomici a seguito degli effetti della pandemia COVID-19. La COP di quest’anno poteva rivelarsi fondamentale per risolvere il problema afferente agli impatti globali sul clima, per mettere in pratica il concetto di giustizia ambientale dibattuto nelle precedenti COP e per esortare i paesi ricchi ad aumentare le proprie ambizioni ambientali sostenendo tutte le misure necessarie per evitare l’aggravare della situazione.
È ormai noto come i cambiamenti climatici stiano, ogni giorno che passa, colpendo società e ecosistemi a tutte le latitudini, e come oltre metà della popolazione mondiale sia diventata estremamente vulnerabile a disastri causati dal cambiamento del clima. Gli esperti avvertono che se si vuole raggiungere l’obiettivo preposto di rimanere al di sotto della soglia di riscaldamento globale di 1,5°C è necessaria una riduzione del 50% delle emissioni entro il 2030 attraverso l’adozione di misure giuste ed eque.
I concetti di giustizia climatica e sociale sono strettamente legati in quanto le disposizioni sopracitate sono volte al miglioramento dei diritti e della qualità della vita delle persone. Dato che l’Accordo di Parigi della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) riconosce che il cambiamento climatico è una preoccupazione comune dell’umanità, le società civili di tutto il mondo chiedono agli stati di considerare i loro rispettivi obblighi in materia di diritti umani, del lavoro, della salute e della terra quando agiscono per combattere il cambiamento climatico.
PERDITE E DANNI
Un recente rapporto della Loss and Damage Corporation oltre ad attestare che nei Paesi in via di sviluppo più di 189 milioni di persone sono state colpite da eventi metereologici estremi, dimostra anche come i paesi sviluppati abbiano messo in atto tattiche deliberatamente dilatorie per impedire progressi su questo tema, e come l’industria dei combustibili fossili abbia realizzato dall’inizio del secolo profitti sufficienti a coprire 60 volte i costi delle perdite e dei danni nei Paesi più vulnerabili al clima. Tutto ciò ha effetti pesanti non solo dal punto di vista economico e finanziario ma anche su quello culturale, spirituale e umano. Si osserva che la mancanza di finanziamenti dedicati per affrontare questi problemi è evidenziata in particolare dall’incapacità di affrontare le perdite e i danni non economici. Per raggiungere la giustizia climatica in linea con il principio della responsabilità comune ma differenziata e delle rispettive capacità, i finanziamenti per affrontare le perdite e i danni devono essere perseguiti per progredire dalla COP27.
RIDUZIONE IMPATTI CLIMATICI
Il risarcimento delle perdite e dei danni legati al clima deve andare di pari passo con una radicale riduzione di emissioni alla radice. Gli scienziati affermano che attualmente ci stiamo dirigendo verso un riscaldamento globale compreso tra 2,4° e 2,8°C. È quindi evidente che le parti dell’Accordo di Parigi devono aumentare drasticamente le loro ambizioni di mitigazione delle emissioni. Tali ambizioni di mitigazione includono la necessità di una rapida transizione dalle energie fossili a quelle rinnovabili, poiché oltre il 70% delle emissioni di gas serra è legato alle emissioni di energia fossile.
I Paesi sono stati invitati a presentare contributi nazionali determinati entro la fine del 2022 e a presentare un programma di lavoro per colmare il divario di emissioni e di attuazione prima del 2030, al fine di mantenere in vita l’obiettivo del 1,5˚C. Il Programma di lavoro per la mitigazione degli impatti climatici deve guidare l’implementazione degli impegni settoriali esistenti definendo tra l’altro un meccanismo di supervisione per la graduale eliminazione dei combustibili fossili e dei sussidi ai combustibili fossili, e creando un processo di rendicontazione degli impegni settoriali delle parti.
FINANZIAMENTI PER IL CLIMA
I finanziamenti per il clima sono fondamentali per aiutare i Paesi in via di sviluppo a ridurre le emissioni di carbonio e a adattarsi agli impatti climatici estremi. Dal 2009, a Copenaghen (COP15), ai Paesi in via di sviluppo era stato promesso di poter accedere a 100 miliardi di dollari all’anno da fonti pubbliche e private dei Paesi ricchi tra il 2020 e il 2025. In base ai dati dell’OCSE, l’importo dei finanziamenti per il clima nel 2019 ha raggiunto solo circa 80 miliardi di dollari, che sono scesi di 20 miliardi di dollari al di sotto dell’obiettivo fissato per il 2020. Per affrontare le principali questioni in materia di sovvenzioni per l’ambiente bisogna chiarire il concetto di finanziamento climatico, stabilire il calcolo dei fondi necessari, ponderare le necessità per un’azione climatica efficace, e in quali modalità erogare tali finanziamenti per il clima.
Purtroppo, la mancanza di una chiara definizione di finanza climatica tra le parti non permette il raggiungimento di queste misure, cosa che scoraggia il progresso, la trasparenza e la fiducia tra gli addetti ai lavori. Bisogna chiarire che garantire l’accesso ai finanziamenti per il clima rimane fondamentale per assicurare un’azione climatica efficace sul campo senza far aumentare il già pesante fardello del debito sui Paesi in via di sviluppo. Ciò nonostante, ad oggi, circa il 74% dei finanziamenti pubblici per il clima è costituito da prestiti, mentre solo il 20% è costituito da sovvenzioni.
SISTEMI ALIMENTARI E AGRICOLTURA
L’attuale sistema alimentare, oltre a lasciare 828 milioni di persone alla fame e circa 2,3 miliardi di persone in condizioni di moderata o grave insicurezza alimentare, è anche responsabile di 1/3 delle emissioni globali di gas serra. Si sta osservando sempre più spesso la perdita di biodiversità e il deterioramento del suolo, causati dall’aumento del pascolo eccessivo, dallo spreco di cibo, dalla deforestazione, dalla cattiva gestione dell’agricoltura, dallo sfruttamento eccessivo e accaparramento di terre, che esacerbano i conflitti per i diritti fondiari contro le comunità locali e indigene. Pertanto, una trasformazione fondamentale verso un sistema alimentare giusto, sostenibile e resiliente è urgente se si vuole raggiungere il già citato obiettivo di mantenere l’aumento della temperatura globale al di sotto di 1,5°C prima della fine di questo secolo.
Le questioni agricole e quelle più ampie relative all’uso del suolo sono inestricabilmente legate. I politici dovrebbero considerare le vulnerabilità dell’agricoltura ai cambiamenti climatici e gli approcci per affrontare la sicurezza alimentare e i diritti della terra. Considerare queste interrelazioni consentirebbe di sfruttare le sinergie e di affrontare i compromessi tra le varie opzioni.
Infine, il CISDE sostiene la continuazione di discussioni informate e l’attuazione delle decisioni in materia di agricoltura e terra attraverso l’istituzione di un organismo all’interno dell’UNFCCC. Inoltre, ha esortato la COP27 alla continuazione dei workshop tematici per garantire un approccio basato su solide evidenze scientifiche insieme a un gruppo di esperti di alto livello riconosciuto dalle Nazioni Unite, oltre all’integrazione e la partecipazione della società civile, delle popolazioni indigene e delle comunità di piccoli agricoltori nei Paesi in via di sviluppo, in particolare delle donne e dei giovani.