La grande cecità. Crisi climatica e rischio esistenziale
Fonte immagine Eco-Ansia – Psicoterapia Funzionale
Ufficio Policy Focsiv – Con piacere ospitiamo il nuovo articolo di Mario Carmelo Cirillo, volontario ed esperto ambientale, sull’urgenza della transizione ecologica (Adattarsi al riscaldamento climatico, ora, subito! – Focsiv).
La grande cecità è un saggio dello scrittore indiano Amitav Ghosh, che si interroga sul motivo per il quale la letteratura ha faticato a pensare il mutamento climatico, mentre in altre occasioni ha invece saputo anticipare crisi e trasformazioni. Il saggio è del 2016, quale la situazione oggi?
A Tg1UnoMattina Estate del 23 luglio 2024, nell’intervista all’attore Giorgio Lupano, allorché si parla di clima, emergono dinamiche degne di nota. La conduttrice chiede della docuserie sui cambiamenti climatici in cui l’attore si è cimentato andando a intervistare i ricercatori che lavorano in Artide. Lupano definisce l’esperienza “una cosa pazzesca” e riferisce di essere tornato “con una grande ecoansia”; la giornalista lo interrompe e manda “un piccolo estratto” in cui si vede Lupano che prende vari aerei e un elicottero per raggiungere la regione artica. Alla fine del video la giornalista riprende: “Hai detto che sei tornato con un po’ di ecoansia”: il termine grande è stato derubricato a un po’. Lupano racconta che ai ricercatori ha chiesto: “Che cosa vedete nel nostro futuro?”, la risposta è stata: “Un grande cambiamento, dobbiamo prepararci a cambiare perché il mondo non sarà quello a cui siamo abituati, nei prossimi anni cambierà moltissimo e come sapremo adattarci farà la differenza tra la nostra vita come specie e la nostra estinzione”. E conclude: “Quindi non voglio agitare nessuno, però dobbiamo prestare attenzione a quello che dicono i ricercatori perché è importante”. Rilevante, oltre al detto, la postura: l’espressione del viso, le pause, i gesti che compie, consapevole – da professionista qual è – che ciò che sta dicendo tracima dalla consueta narrazione sul clima dei media mainstream; non basta il suo “non voglio agitare nessuno”, le affermazioni fatte vanno nella direzione opposta; e dire cose poco piacevoli urta.
A ottobre 2023 è stato pubblicato il libro Cervelli menti algoritmi di Tomaso Poggio, uno dei padri dell’intelligenza artificiale (IA), e Marco Magrini, giornalista che scrive di scienza e tecnologia. L’Epilogo è interamente dedicato al climate change, cosa inusuale in un libro sulla IA, e vi si afferma, a proposito dei timori sbandierati circa l’estinzione dell’umanità a causa di una IA malevola e più intelligente degli umani, che “ la crisi climatica in corso è un rischio esistenziale possibile, e ben più imminente di una super intelligenza algoritmica assetata di potere”; insomma se un grosso guaio dovesse mai capitare a causa di qualche IA, ciò non sarebbe certo dovuto a una consapevole e deliberante volontà della stessa IA di danneggiare o estinguere l’umanità[1].
Queste sono eccezioni – da parte di non addetti ai lavori – in un mare magnum di narrazioni sul clima nei media mainstream che vanno dalla negazione dei cambiamenti in essere – il caldo c’è sempre stato, come pure le inondazioni e la siccità, e le affermazioni contrarie vengono ridotte a fake news; alla negazione della mano dell’uomo su tali mutamenti – anche in questo caso la necessità della decarbonizzazione viene ridicolizzata e spacciata per fake news, e magari si sottolinea che più anidride carbonica in atmosfera è un gran bene per alberi e piante; nel migliore dei casi la narrazione consiste nel ripetere ad ogni occasione – le COP sul clima, i G20, i G7 e via discorrendo – gli impegni di Parigi a limitare l’aumento di temperatura media globale a 1,5 gradi, senza aggiungere che questo obiettivo è già ampiamente disatteso, e veleggiamo verso un aumento di 3 – 4 gradi.
C’è un altro riferimento che voglio menzionare, un articolo dal titolo Riflessioni sul concetto di relazione in ambito della fisica del clima del mio amico e collega Vincenzo Artale, climatologo e tra i massimi oceanografi, scritto insieme a Beatrice Giambenedetti e Nadia Lo Bue, comparso sul numero 30 della rivista Riflessioni Sistemiche (giugno 2024). Nella Sintesi e conclusioni dell’articolo c’è scritto: “Anche se le crisi sembrano tutte uguali, quella che stiamo fronteggiando esprime una atroce novità, ossia per la prima volta, l’umanità tutta o più realisticamente una notevole parte della moltitudine di cui è composta, pur essendo consapevole dei rischi a cui sta andando incontro, non sta attuando nessuna strategia per evitare la sua estinzione sulla Terra”. Anche qui si parla di estinzione, ma si tratta di addetti ai lavori, e tra questi non è infrequente. Quello che di norma accade è che il messaggio, nel momento in cui si accede a un medium mainstream, viene attenuato, addolcito, addomesticato. Il motivo è ovvio, non bisogna spaventare la gente, e dunque è preferibile dire che “la finestra sta per chiudersi ma non si è ancora chiusa”, piuttosto che stiamo in piena transizione climatica la quale, per le non linearità[2] e i feedback positivi[3] che caratterizzano il sistema climatico, potrebbe ulteriormente accelerare rendendo il mondo terribilmente più inospitale di quello attuale, che già non è più come dieci o venti anni fa.
Molti di quanti si occupano professionalmente del cambiamento climatico sperimentano ansia, angoscia e altri disturbi dovuti alla consapevolezza della brutta piega presa dall’umanità, come si riporta nell’articolo pubblicato sull’autorevolissima rivista scientifica Nature Climate Change (n. 12, pag. 773-774, 2022) dal titolo Civil disobedience by scientists helps press for urgent climate action[4]. Nell’articolo si scrive che “Alcuni scienziati sono giunti alla conclusione che lo iato tra le evidenze scientifiche e l’assenza di azioni adeguate costituisce una rottura del patto tra scienza e società”. Io sono convinto che, similmente, questa tristissima vicenda indica che si è rotto il patto tra le generazioni, che da sempre ha profondamente permeato tutta la storia dell’umanità: nel passato mai sarebbe accaduto che si facesse qualcosa a danno dei figli e nipoti, ed è precisamente quello che sta accadendo[5]. L’articolo di Nature Climate Change sostiene la legittimità di azioni di disobbedienza civile da parte degli scienziati del clima, azioni che anche se illegali sono ritenute legittime, alla luce del fatto che articoli e convegni si rivelano completamente inutili: a parere degli autori infatti la crisi climatica si configura come una “crisi etica” che, in quanto “crisi ambientale esistenziale” le giustifica pienamente.
A mio parere il rischio esistenziale climatico rientra nel novero delle possibilità, al pari del rischio esistenziale per conflitto nucleare, ma lo scenario più plausibile è un drammatico peggioramento delle condizioni ambientali nei prossimi decenni, con crescenti ondate di calore, eventi alluvionali e siccitosi, incendi e quant’altro. Questo ha, tra le sue conseguenze, un proliferare e un esacerbarsi dei conflitti, come ben descritto nel libro “Effetto serra, effetto guerra” del 2020, scritto a due mani da Grammenos Mastrojeni, diplomatico, specializzato in relazioni internazionali, e l’amico e collega Antonello Pasini, scienziato del clima.
Per di più, poiché ci stiamo incamminando verso un incremento della temperatura media globale di ben oltre i 2 gradi, c’è il rischio concreto che alcuni parametri ambientali superino delle soglie, “punti critici (tipping point), sorpassati i quali il sistema potrebbe subire cambiamenti irreversibili e inarrestabili”, come scritto nell’articolo di Artale, Giambenedetti e Lo Bue. Tipicamente, l’indebolimento/arresto della Corrente del Golfo, con conseguente abbassamento della temperatura in Europa di oltre 10 gradi e connessi effetti devastanti, rientra ora nel novero delle cose possibili, tenuto conto che “I tempi di risposta del sistema oceanico sono circa due ordini di grandezza maggiori, in termini di lentezza, di quelli atmosferici” (Artale, Giambenedetti e Lo Bue): detto grossolanamente, una perturbazione che in atmosfera si propaga in tempi dell’ordine di qualche anno, negli oceani ci mette tempi dell’ordine di centinaia d’anni.
Com’è stato possibile che l’umanità si sia infilata in questo cul de sac? Probabilmente non esiste una risposta univoca. Il Nord del Mondo quando ne aveva la possibilità – 30 e più anni fa, in particolare dopo il Summit della Terra di Rio del 1992 – non è riuscito a intraprendere azioni incisive per modificare il proprio modello di sviluppo, allorché c’era tutto il tempo per decarbonizzare l’economia senza traumi e trasferire le tecnologie pulite agli allora Paesi in via di sviluppo. Oggi i BRICS – il raggruppamento delle economie mondiali emergenti formato dai Paesi del precedente BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) con l’aggiunta di Sudafrica (nel 2010) e di Egitto, Etiopia, Iran ed Emirati Arabi Uniti (nel 2024) – non hanno nessuna intenzione di arrestare il proprio sviluppo economico che utilizza i fossili di cui dispongono in abbondanza, in un contesto mondiale oramai multipolare.
In conclusione, l’umanità è a corto di strumenti di governance globale indispensabili per arginare la crisi climatica. È plausibile che con l’esacerbarsi degli impatti si ricorra alla cosiddetta geoingegneria climatica, tentando di riflettere nello spazio un po’ dell’energia radiante proveniente dal sole per compensare in qualche modo il surplus di energia che viene trattenuto sulla terra a causa dell’aumento delle concentrazioni dei gas a effetto serra, e che è all’origine del riscaldamento globale; o di catturare e sequestrare l’anidride carbonica presente in atmosfera. Ciò avrebbe inevitabili effetti ambientali indesiderati[6], senza contare i problemi di fattibilità tecnico-economica. Al momento non resta che attuare tutte le misure a livello regionale/locale per gestire il prevedibile inseverirsi del riscaldamento globale, adattandovisi per quanto possibile[7]. A farne le maggiori spese sono i Paesi più poveri, già flagellati dal climate change e per i quali è arduo individuare una qualche possibilità di riscatto: secondo il Rapporto sulla sicurezza alimentare pubblicato il 24 luglio 2024 dalla FAO, l’organizzazione delle Nazioni Unite per il cibo e l’agricoltura, più di 710 milioni di persone hanno sofferto la fame nel 2023, una su undici nel mondo e addirittura una su cinque in Africa, con un incremento di oltre 152 milioni rispetto al 2019: l’obiettivo di eliminare la fame nel mondo entro il 2030 sembra fuori portata.
[1] Sul punto vedi per es. https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/06/02/perche-la-lettera-appello-di-musk-sullintelligenza-artificiale-e-un-grosso-pasticcio/7164056/ .
[2] Si ha una non linearità se, per esempio, al raddoppio di uno stimolo si ha una risposta che non è il doppio ma quattro volte quella che si ha con lo stimolo iniziale. In questo caso si parla di incremento esponenziale della risposta all’aumentare dello stimolo.
[3] Un feedback positivo è un processo che amplifica una perturbazione iniziale. Ad esempio l’aumento di concentrazione nell’atmosfera dei gas a effetto serra (principalmente anidride carbonica, e poi metano e alcuni altri) dovuto essenzialmente allo smodato uso di fonti fossili provoca un aumento di temperatura, che a sua volta provoca un aumentato scioglimento dei ghiacci al Polo Nord; questa perturbazione iniziale nella superficie glaciale implica un aumento di assorbimento della radiazione solare nelle superfici marine prima coperte dai ghiacci (il ghiaccio che è bianco riflette molto meglio la radiazione solare rispetto all’acqua del mare), con ulteriore aumento della temperatura del mare, il che favorisce l’ulteriore scioglimento dei ghiacci polari: la perturbazione iniziale si amplifica. È lo stesso fenomeno che vediamo se, dopo una nevicata, ricaviamo un viottolo sull’asfalto spalando la neve: se c’è il sole il viottolo si allarga ulteriormente in quanto l’asfalto, che è nero, assorbe molta più energia radiante della neve che, essendo bianca, la riflette, e l’aumento di temperatura dell’asfalto che ne consegue provoca un ulteriore allargamento del viottolo. Questi processi sono all’origine di grandi cambiamenti che si originano a partire da piccoli stimoli. È plausibile che le glaciazioni siano originate da lievi spostamenti dell’asse di rotazione terrestre che, attraverso una complessa catena di processi non lineari e feedback positivi, ha portato a grandi variazioni climatiche.
[4] Vedi anche https://www.focsiv.it/dialogo-dellanima-del-mondo-con-unaddetta-ai-lavori/ .
[5] Cfr. https://www.focsiv.it/dialogo-dellanima-del-mondo-con-una-mamma/ .
[6] Cfr. https://www.focsiv.it/dialogo-dellanima-del-mondo-con-un-tecnofilo/ .
[7] Cfr. https://www.focsiv.it/adattarsi-al-riscaldamento-climatico-ora-subito/ .