L’indecenza dei Centri di Permanenza per il Rimpatrio. Pt.1
Fonte immagine – Inchiesta sul gestore del Cpr di Milano: tra falsi protocolli e servizi non erogati
Ufficio Policy Focsiv – Il rapporto “Trattenuti: una radiografia del sistema detentivo per stranieri” (Qui è possibile scaricarlo), realizzato da ActionAid Italia e il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Bari, offre un’analisi dettagliata sul sistema detentivo per stranieri in Italia.
La ricerca, completata nel 2024, mira a colmare le gravi lacune di trasparenza, di dati ed informazioni accurate relative ai Centri di permanenza per il rimpatrio (CPR), strumenti controversi delle politiche migratorie italiane, nati ufficialmente nel 1998 con l’obiettivo di trattenere stranieri irregolari in attesa di espulsione o in altre situazioni legate a misure amministrative (vedi I Centri di permanenza per i rimpatri).
Negli anni, questi centri hanno subito diversi cambiamenti, sia nelle funzioni sia nella denominazione: sono passati da strutture temporanee a centri destinati al trattenimento di migranti irregolari, inclusi richiedenti asilo, e altri migranti vulnerabili. Ma il rapporto qui analizzato e sintetizzato, non si concentra solo sulla costituzionalità della detenzione amministrativa, già oggetto di numerosi dibattiti, quanto piuttosto sul funzionamento pratico dei CPR e soprattutto sull’impatto economico e umano di queste politiche.
Evoluzione del sistema detentivo per stranieri
L’analisi del periodo 2011-2023 rivela due fasi distinte nel sistema di detenzione amministrativa, con profonde trasformazioni segnate in particolare dalla cosiddetta “crisi dei rifugiati” del 2015.
- Nella prima fase (2011-2014), con l’adozione della Direttiva 2008/115/CE, i tempi massimi di detenzione furono estesi da 180 giorni a 18 mesi, per facilitare l’identificazione e il rimpatrio, aumentando così notevolmente i costi di gestione e
manutenzione. Questo portò, di conseguenza, a una stagione di razionalizzazione: il numero di CPR fu ridotto, insieme alla capacitàcomplessiva di accoglienza, che scese drasticamente a soli 359 posti disponibili nel 2014.
La crisi dei rifugiati del 2015 ha ribaltato questa situazione, in quanto l’Unione Europea iniziò a fare pressione sull’Italia per incrementare la capacità detentiva e rispondere alla necessità di gestire i flussi crescenti.
- A partire dal 2017, si è aperta una seconda fase di forte investimento, con l’obiettivo di ripristinare e aumentare i posti nei CPR: il numero di centri è effettivamente raddoppiato, ma l’obiettivo di aprire un CPR per ogni regione non è stato raggiunto, e il sistema ha continuato a funzionare a circa il 52% della sua capacità effettiva a causa di problemi strutturali o per disordini interni.
Nel 2023, il governo ha ulteriormente accelerato questa espansione, dichiarando i CPR come “opere di interesse per la difesa e la sicurezza nazionale,” affidandone la realizzazione al Ministero della Difesa e destinando fondi specifici per la costruzione e gestione di nuove strutture. Tuttavia, quello stesso anno i posti degli 11 centri effettivamente usati erano solo 764 e solo il 10% degli stranieri con ordine di espulsione è stato effettivamente rimpatriato dai CPR, evidenziando l’inefficacia della politica di detenzione.
Gestione e costi del sistema detentivo
I CPR italiani sono gestiti prevalentemente da enti privati, specialmente enti no-profit e cooperative sociali (solo poche strutture, come i CPR di Roma e Brindisi, sono affidate a società for-profit), che si alternano nel controllo delle strutture tramite contratti d’appalto gestiti dal Ministero dell’Interno e dalle Prefetture, con gare fatte a ribasso, privilegiando così l’aspetto del contenimento della spesa pubblica piuttosto che quello della tutela dei diritti di persone particolarmente vulnerabili.
La gestione privatizzata solleva dunque numerose problematiche, tra cui anche la frammentazione delle informazioni e la mancanza di standard qualitativi uniformi; a ciò si aggiungono frequenti cambi di gestione e accuse di cattiva amministrazione e abusi (nonostante gli illeciti commessi, spesso la gestione è poi affidata sempre agli stessi enti, che hanno ormai creato un oligopolio). Ad esempio, il CPR di Milano è stato oggetto di indagini per gravi irregolarità; la gestione della struttura è stata persino commissariata a seguito di denunce per mancanza di controlli adeguati.
Altro elemento critico è il costo complessivo del sistema detentivo: secondo il rapporto, i costi dei CPR includono non solo le spese di gestione ordinaria, ma anche le spese straordinarie, spesso necessarie per riparazioni e ristrutturazioni. Le cifre sono dunque considerevoli. In breve possiamo osservare ad esempio come
- tra il 2018 e il 2023, i costi totali hanno superato i 93 milioni di euro, di cui 33 milioni destinati alla manutenzione straordinaria;
- solo nel 2022-2023, il sistema ha richiesto 39 milioni di euro, con un costo medio per posto di circa 29 mila euro;
- in alcuni centri, come a Brindisi, il costo medio per posto supera i 71.500 euro l’anno, con costi aggiuntivi legati al vitto e alloggio delle forze dell’ordine.
Tuttavia c’è poca trasparenza sugli effettivi impieghi dei fondi pubblici in questo campo.
Nel 2023, il governo ha poi stanziato ulteriori fondi per accelerare la costruzione di nuove strutture, sia in Italia sia all’estero, destinando ad esempio 47 milioni per nuovi centri in Albania, che come noto non stanno ancora funzionando. Mentre il costo totale dell”operazione Albania” risulta ben superiore.
TABELLA Il costo del sistema detentivo per stranieri, 2018-2023
Anno | Numero Centri attivi | Importo pro-capite pro-die medio | Costi maturati da ente appaltante per gestione centro | Costi manutenzione ordinaria | Costi manutenzione straordinaria | Totale |
2018 | 7 | 30,97 € | 11.828.290,35 € | 1.639.968,40 € | 1.268.856,73 € | 14.737.115,48 € |
2019 | 8 | 29,94 € | 12.419.576,79 € | 1.729.074,42 € | 1.609.540,14 € | 15.758.191,35 € |
2020 | 10 | 29,38 € | 8.859.502,86 € | 1.037.198,66 € | 4.105.035,35 € | 14.001.736,87 € |
2021 | 10 | 33, 56 € | 6.031.536,67 € | 1.100.083,63 € | 2.300.641,65 € | 9.432.261,95 € |
2022 | 10 | 36,51 € | 8.612.790,39 € | 1.282.048,51 € | 9.644.250,16 € | 19.539.089,06 € |
2023 | 11 | 37,44 € | 11.615.922,65 € | 1.047.808,20 € | 6.540.869,99 € | 19.204.600,84 € |
Totale | 32,97 € | 59.367.619,71 € | 7.836.181,82 € | 25.469.194,02 € | 92.672.995,55 € |