Brasile e Amazzonia in fiamme
Fonte immagine – Amazzonia, da vent’anni la foresta non bruciava come nei primi sei mesi del 2024
Ufficio Policy Focsiv – Tra gennaio e settembre 2024, il Brasile ha visto bruciare 22,38 milioni di ettari, un aumento del 150% rispetto all’anno precedente, con un picco raggiunto a settembre. Secondo un’indagine del MapBiomas Fire Monitor (vedi Área queimada no Brasil entre janeiro e setembro foi 150% maior que no ano passado, qui la traduzione in italiano dell’articolo ), oltre metà degli incendi è avvenuta in Amazzonia, con 5,5 milioni di ettari andati in fumo; qui la stagione secca, particolarmente intensa quest’anno, ha aggravato i roghi, influenzati dal cambiamento climatico. La vegetazione nativa ha subito il danno maggiore, costituendo il 73% della superficie bruciata, mentre, tra le colture agricole, i pascoli sono stati i più colpiti, con 4,6 milioni di ettari distrutti (20%).
L’origine della catastrofe è legata principalmente alla siccità estrema del 2023, conseguenza della combinazione tra il fenomeno di El Niño, un sensibile aumento delle temperature superficiali dell’acqua dell’Oceano Pacifico, e il riscaldamento globale; il deficit idrico accumulato ha così reso la vegetazione altamente infiammabile (vedi L’Amazzonia continua a bruciare nonostante il declino della deforestazione).
Si stima, tuttavia, che il 99% degli incendi sia stato causato dall’uomo (vedi Il 2024 è un anno di tristi record per gli incendi in Amazzonia). A complicare la situazione sono, infatti, interessi economici e politici: agricoltori e allevatori ricorrono a disboscamenti illegali per espandere campi e pascoli, mentre le autorità tendono a chiudere un occhio, privilegiando la crescita economica. Questa pratica, nota come “queimadas”, consiste nell’incendiare alberi e sottobosco per liberare terreno per colture o pascolo: sebbene offra vantaggi temporanei, impoverisce progressivamente il suolo, portando alla desertificazione, motivo per cui è considerata una tecnica dannosa e vietata (vedi Il degrado dell’Amazzonia ed anche Cosa succede alla foresta amazzonica: record di incendi).
Geograficamente, i tre Stati più colpiti dagli incendi sono stati Mato Grosso, Pará e Tocantins, che insieme rappresentano il 56% dell’area bruciata nel Paese: il Mato Grosso, da solo, ha visto andare in fumo 5,5 milioni di ettari, seguito dal Pará con 4,6 milioni e il Tocantins con 2,6 milioni. A livello di singoli comuni, São Félix do Xingu (Pará) e Corumbá (Mato Grosso do Sul) sono stati i più colpiti, con rispettivamente 1 milione e 741.000 ettari bruciati.
Oltre a quanto successo in Amazzonia, anche il Cerrado ha registrato gravi perdite, con 4,3 milioni di ettari bruciati in settembre; il fuoco ha distrutto soprattutto aree di savana e campi allagati. Nel Pantanal gli incendi hanno registrato un aumento drammatico, con 1,5 milioni di ettari bruciati nei primi nove mesi dell’anno, colpendo in particolare praterie e zone umide. Nella Foresta Atlantica, infine, 896.000 ettari sono stati distrutti, ma il 71% di questa superficie era destinata ad usi agricoli, in prevalenza coltivazioni di canna da zucchero, molto danneggiate a settembre.
In netto contrasto, la Pampa ha visto una diminuzione degli incendi grazie a un’annata particolarmente piovosa, con soli 3.100 ettari bruciati, il livello più basso degli ultimi tre anni. Anche nella Caatinga gli incendi sono diminuiti rispetto al 2023, con 151.000 ettari andati in fumo, di cui il 78% in aree di savana. La riduzione degli incendi in quest’area prosegue dal 2022, nonostante l’impatto di eventi climatici come “La Niña” ed “El Niño” (vedi El Niño, La Niña: cosa sono e qual è la loro relazione col clima che cambia).
Tuttavia, i mesi a venire potrebbero ancora rappresentare un rischio significativo di incendi, essendo in particolare ottobre uno dei periodi più critici per la propagazione del fuoco in Brasile.