Violenze, resistenze e memorie nel Mediterraneo
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Ufficio Policy Focsiv – Riportiamo di seguito quanto emerso dal nuovo report di Mem.Med – Memoria Mediterranea, “Violenze, Resistenze e Memorie tra le due rive del Mediterraneo”, che analizza le politiche migratorie nel Mediterraneo nella seconda metà del 2024, evidenziando la violenza, la repressione e le difficoltà affrontate dalle persone in movimento, riportando anche le testimonianze su alcune persone disperse o morte in mare.
Il Mar Mediterraneo continua ad essere teatro di politiche europee che privilegiano la repressione piuttosto che la protezione dei diritti umani: le strategie di esternalizzazione dei confini, l’inasprimento delle norme contro i migranti e la criminalizzazione di chi offre soccorso segnano le vite di migliaia di persone, alimentando la crisi umanitaria e le tragedie (vedi Come l’Europa sta lentamente chiudendo le porte ai richiedenti asilo).
Per l’appunto, nell’ultimo periodo c’è stata in particolare un’intensificazione da parte dell’Unione Europea di accordi volti a spostare i controlli fuori dai propri confini. La creazione della nuova Regione Tunisina di Ricerca e Soccorso (SRR) ha esteso il controllo della Guardia Costiera tunisina su vaste aree di mare, alimentando una gestione repressiva e violenta contro le persone migranti. Tunisia e Libia, che non possono essere considerati porti sicuri, ricevono fondi e risorse dall’Europa per intercettare e trattenere chi tenta la traversata, spesso violando il diritto internazionale. Altro esempio emblematico delle politiche di esternalizzazione è il protocollo Italia-Albania (vedi Esternalizzazione all’italiana del controllo sui migranti), che prevede la creazione di centri per migranti (hotspot, centri di trattenimento e di rimpatrio), sul territorio albanese, ma sottoposti alla giurisdizione italiana: questi luoghi hanno suscitato profonde preoccupazioni tra le organizzazioni per i diritti umani, poiché limitano l’accesso all’asilo e aggravano le condizioni dei migranti, molti dei quali facenti parti di categorie vulnerabili.
Parallelamente, l’Italia ha inasprito le misure contro chi offre aiuto in mare: le ONG che svolgono operazioni di soccorso sono state sottoposte a continui ostacoli burocratici e fermi amministrativi, come accaduto alle navi Ocean Viking e Geo Barents, cui sono stati assegnati porti lontani centinaia di chilometri dalle aree di salvataggio: queste pratiche ritardano l’assistenza, mettendo ulteriormente a rischio le vite delle persone soccorse. Inoltre continua anche una dura militarizzazione e tecnologizzazione delle frontiere, aumentando i fondi destinati all’agenzia Frontex.
Intanto, la criminalizzazione prosegue attraverso accuse di favoreggiamento all’immigrazione clandestina, che colpiscono in particolare richiedenti asilo e attivisti.
Il Mediterraneo, invece di essere un ponte tra popoli, è diventato così una frontiera mortale (vedi Ancora morti nel Mediterraneo e sulle rotte migratorie del mondo).
Oltre a ricordare la tragedia di Roccella Jonica, avvenuta tra il 16 e il 17 giugno 2024, che ha causato la morte di almeno 35 persone, tra cui numerosi bambini, e sottolineare come le autorità avessero ricevuto allarmi precisi sullo stato precario dell’imbarcazione, ma l’inerzia istituzionale ha contribuito al naufragio, vengono riportate le storie di alcune delle vittime delle numerose tragedie verificatesi in mare.
Aissatou Aisha Barry, una giovane guineana di 23 anni, è morta durante la traversata e il suo corpo è stato sepolto in Italia senza che la sua famiglia potesse identificarla per mesi, ostacolata da errori burocratici. Ibne Ishtiaq Hassan, cittadino bengalese, è stato trovato senza vita con altri connazionali in una barca affondata, lasciando la sua famiglia devastata, e dopo tanti ostacoli questa è riuscita a riportare la salma a casa; simile è la storia del giovane pakistano Ijaz Firas. Youssef Kafafy, un ragazzo egiziano di 17 anni, aveva lasciato il suo villaggio nel tentativo di costruirsi un futuro in Europa, con la sola possibilità di affidarsi al mare, essendo l’Egitto considerato un paese sicuro; il suo corpo, trovato dalla Guardia Costiera italiana, è stato identificato grazie all’aiuto di un parente che vive in Italia, riportato in Egitto, e sepolto tra il dolore inconsolabile dei suoi genitori. Infine, la vita di Abdulrahman Alhelo, ragazzo siriano di 22 anni, è stata tragicamente spezzata da un incidente tra l’imbarcazione partita dalla Libia e una motovedetta della Guardia Costiera; ad oggi, il suo corpo non è ancora stato ritrovato. Questi giovani rappresentano migliaia di altre vite spezzate: i loro sogni, le loro ambizioni e la loro umanità restano ora impressi nelle memorie di chi li ha amati e nella denuncia di chi combatte per la giustizia. Il loro viaggio, iniziato con la speranza di un futuro migliore, si è concluso tragicamente, lasciando un vuoto incolmabile.
Nonostante il contesto repressivo, ci sono segni di resistenza: la lotta delle famiglie per identificare e riportare a casa i corpi dei loro cari dimostra che il ricordo e la giustizia sono strumenti potenti contro l’oblio, contro il razzismo, le brutalità delle frontiere e l’invisibilità delle vittime; l’assoluzione dell’attivista Maysoon Majidi, accusata ingiustamente di scafismo, rappresenta una vittoria contro la criminalizzazione dei migranti; anche le recenti indagini che coinvolgono funzionari di alto livello, come Matteo Salvini e militari accusati di omissioni e violazioni dei diritti umani, danno speranza che ci sia spazio per un cambiamento.
Il Mediterraneo raccontato in questo rapporto è un luogo di morte e di lotta, ma anche di memoria: ogni vittima ha un volto, una famiglia e una storia. La loro dignità, nonostante tutto, resiste, ricordandoci che un’Europa più umana è ancora possibile, se si sceglie di dare priorità alla solidarietà e al rispetto dei diritti umani. In questo contesto, una risposta politica è necessaria: una politica concreta, che superi gli ostacoli amministrativi e giuridici e la solitudine, che costruisca legami tra le sponde del Mediterraneo, che rafforzi le reti di solidarietà e supporto, e che sia guidata dall’idea di un mondo senza frontiere, dove ogni vita venga rispettata e valorizzata.