LA COMUNITA’ DI CRUZPAMPA

Stefania Schiavinato, volontaria in servizio civile con FOCSIV a Huancayo, Perù.
Nell’ambito del Servizio Civile qui a Huancayo abbiamo potuto vivere direttamente (anche se di sfuggita) la vita delle comunità contadine delle Ande Centrali.
Tunanmarca, Pomacancha, Santo Domingo de Acobamba, Quinoa ecc… sono molte le comunitá visitate, piú o meno tutte contraddistinte dalla stessa organizzazione “urbanistica”: una piazza centrale, che diventa “de Armas” se la cittadina ha conosciuto il dominio spagnolo, sulla quale si affacciano gli edifici riferimento per la vita del paese (Chiesa, Parroquia, Casa del Sindaco, Sala riunioni della Comunitá ed eventualmente edificio della Municipalitá e puesto de salud).
L’esperienza di Cruzpampa é stata condotta all’interno di un diagnostico che PASSDIH Ecología, la commissione ecologica dell’Arcivescovado di Huancayo, ha effettuato in alcune comunitá della Valle del Mantaro, per cercare di delinearne una sorta di inventario biologico, antropologico, culturale, ambientale e archeologico. Interviste alla popolazione, ricerca di resti archeologici, compilazione di questionari e vagabondaggi per il piccolo villaggio furono condotti da noi volontari, per cercare di capire l’organizzazione interna della comunità, ciò che hanno e ció che a loro manca. Di scoprirne e valorizzarne, in sostanza, il potenziale (per lo più inespresso).
Cruzpampa é un villaggio di appena 550-600 abitanti[i], che conta sulla partecipazione di 70 comuneros: 33 attivi e 47 non e dove si coltivano principalmente avena, 5 varietá differenti di patata, orzo, mais, grano e alcuni tentativi di semina di quinoa[ii]. Le tecniche di coltivazione tradizionali sono state integrate dall’utilizzo di fertilizzanti chimici: fosfati e cloruro – ogni anno per la patata e ogni due anni per orzo e avena – si aggiungono a guano e urea di gallina e ai residui di mietitura. Indubbiamente il ricorso a queste sostanze garantisce loro un raccolto piú abbondante, il cui surplus puó essere rivenduto al mercato della cittá di Jauja (dove si acquistano gli stessi fertilizzanti), situata a monte della Valle del Rio Mantaro, ma é altrettanto necessario verificare se e in quale maniera l’utilizzo a lungo termine di tali sostanze sintetiche impoverisca i suoli e/o inquini l’ambiente, le falde e quindi gli alimenti. Flebile ma presente é invece il settore dell’artigianato, principalmente di tessuti, coperte e lavorazione del cuoio bovino, poi rivenduti nello stesso mercato di Jauja.
I problemi e le difficoltá della vita a Cruzpampa sono numerosi e gravi: manca totalmente un servizio medico-farmaceutico, per cui tutti i cittadini, anche gli anziani, sono costretti a scendere al “vicino” centro di Aramachay, per ricevere, dopo una tortuosa stradina sterrata, le prime cure mediche. Il prete viene solo una o due volte l’anno per celebrare la Messa in occasione della Fiesta Patronal e per battezzare i bambini.
L’unica scuola presente copre solo il ciclo infantile-primario e si basa sul lavoro pendolare di tre maestri, residenti a Huancayo e Jauja; per quanto riguarda invece i cicli scolastici superiori, i ragazzi si smistano tra i collegi di Aramachay, Sincos e Jauja. Fortunatamente, e nonostante tutto, la diserzione scolastica registrata é bassa.
Le famiglie sono prioritamente patriarcali e Maribel – una delle tre comuneras solteras del villaggio – ci confessa come siano frequenti i casi di violenza familiare, dettati dal codice machista imperante. Non ho informazioni inerenti all’educazione sessuale ricevuta, ma non é difficile presumere che sia praticamente inesistente: ho visto molte madri adolescenti ninnare figli di pochi anni piú giovani di loro. Nonostante ció sento necessario esprimere un’osservazione un po’ banale sul fatto di come qui in Perú i bambini sembrino, e probabilmente siano, molto piú contenti, spigliati, sereni e meno capricciosi di quelli europei: se ne stanno pacifici per ore a rotolare nel fango o avvolti nella tela-marsupio (manta), accoccolati sulle spalle della mamma, hanno i moccoli che scendono dal naso e le caccole agli occhi, ma sempre un sorriso sdentato ad accoglierti.
La vita a Cruzpampa, dunque, sembra scorrere rapida, scansionata dai duri ritmi della vita nel campo, anche se le attivitá comunitarie di allegra condivisione (spesso alcolica) non mancano: oltre alla cura del bene comune, organizzano un campionato locale di calcio, tra le compaggini di Cruzpampa, Aramachay, Jauja, Sincos e Mito e la Fiesta Patronal celebrata ogni 20-21-22 di maggio (eravamo presenti!), in occasione della quale animali, contadini e perros callejeros si riuniscono nella piazza principale per vendere e scambiare galline, pecore, buoi, vacche, tori e maiali: gli stessi animali che qui si allevano; mentre i perros, che mi accorgo essere sempre piú spesso metafora dell’uomo, partecipano principalmente per mangiare a scrocco, esattamente come qualunque umano di fronte a un buffet offerto. Le zone adibite a pascolo sono anch’esse stabilite dalla comunitá e divise tra i soci.
E così nel pomeriggio del primo giorno di festa, mentre Diego e Giuseppe erano dati per dispersi tra i monti circostanti il villaggio, alla forsennata ricerca di fossili vegetali o di qualche conchiglia di mollusco in compagnia dell’appassionato paleontologo amatoriale, il signor Oscar; noi ragazze, giù al villaggio, ci intrattenemmo con un vecchietto, il signor Demetrio Valencia González, cruzpampino doc di anni 76, che dopo averci mostrato le meraviglie della “miniera degli Inca” (una fessura nella roccia di circa 60 cm di apertura) e dopo avergli promesso di portargli degli euro in cambio, ci ha informato della presenza, di vari scheletri di persone forse risalenti ai gentiles, i peruviani antichi. Quasi sembra che le leggendarie cime delle Ande siano i luoghi prediletti da realtá e folklore per ritrovarsi, al riparo da occhi indiscreti, a formulare nuove leggende e racconti mitologici con cui vivacizzarci i giorni sulla Terra.
La visita si concluse con una discesa a valle in un colectivo (una sorta di bus-auto) da 9 posti in cui salimmo in 19, autista escluso: laddove un europeo vede un posto libero, un peruviano ce ne vede almeno tre, basta stringersi e trattenere un po’ il fiato….
Di Cruzpampa mi porto a casa una sensazione di cose condivise, vecchi tempi e reciprocità: é sorprendente come una struttura sociale così antica sia perfettamente compatibile con i concetti contemporanei di bioversità e rispetto del bene comune, principi conduttori della maggior parte delle organizzazioni internazionali dedicate a temi ambientali. Ovviamente molte modifiche e migliorie sono essenziali, come l’organizzazione di un sistema di scarico delle acque reflue, di raccolta e smaltimento dei rifiuti, assistenza sociale per donne single e anziani, adozione di sistemi agricoli più efficienti e meno inquinanti, sistema educativo più completo e avvio di una struttura sanitaria per lo meno basica, ma quel che é veramente positivo é che si dispone di una base comunitaria fertile, da cui può sorgere uno sviluppo umano integrato e basato su dei principi di condivisione forti e sani.
Sapersi sacrificare per gli altri, mettere a disposizione per i compaesani più bisognosi il proprio lavoro, il consenso come metodo decisionale, il senso di appartenenza a un qualcosa di comune sono pratiche che nessuna ONG, nessuna politica statale possono insegnare, per questo, per me, le comunità contadine delle Ande possono essere una buona base di partenza per uno sviluppo sostenibile del settore agricolo peruviano, sia da un punto di vista ambientale che economico, solo manca che le autoritá lo capiscano, perché gli agricoltori, nelle loro fattorie di piccola e media grandezza, producono quasi l’80% del cibo consumato nel paese, ma nonostante ció non vengono tutelati nelle politiche pubbliche e nemmeno considerati nella pianificazione territoriale, necessaria per la difesa della ricca biodiversitá di cui l’emozionante Perú dispone.
[i] Non esiste un censimento ufficiale. I dati che seguono ci sono stati forniti dal Presidente della Comunitá, il signor Dario Castro Guillermo.
[ii] La quinoa qui in Perú sta conoscendo un momento di gran voga: ha un prezzo di mercato piuttosto alto e pertanto sempre piú contadini la seminano, inseguendo un orizzonte di profitto che molto spesso non é sinónimo di sicurezza alimentare o di entrate certe. Oltrettutto la coltivazione e mietitura di questo cereale é piuttosto delicata e laboriosa.
La presenza Inca in America Latina é registrata tra i secoli XIII e XVI. Gli Inca, una popolazione precolombiana, negli ultimi due secoli della loro esistenza – prima dell’arrivo degli spagnoli – costituí un impero, conosciuto tra i quechuahablantes come Tahuantinsuyo (dal quechua tawantin suyu, «le quattro regioni o divisioni»). Queste quattro province si estendevano sui 2 milioni di kilometri quadrati compresi tra l’oceano Pacifico a ovest, la selva amazzonica a est, la Colombia a nord e il Fiume Maule a sud (zona centrale del Cile). Lo stato Inca era fortemente accentrato sul potere della capitale Cusco, esattamente come avviene oggi tra il Perú contemporaneo e la capitale Lima. L’Inca era proprietario di tutto ció esisteva sul suo dominio: terreni, edifici, animali e persone, delle quali poteva disporre arbitrariamente.
[ii] Non esiste un censimento ufficiale. I dati che seguono ci sono stati forniti dal Presidente della Comunitá, il signor Dario Castro Guillermo.
[ii] La quinoa qui in Perú sta conoscendo un momento di gran voga: ha un prezzo di mercato piuttosto alto e pertanto sempre piú contadini la seminano, inseguendo un orizzonte di profitto che molto spesso non é sinónimo di sicurezza alimentare o di entrate certe. Oltrettutto la coltivazione e mietitura di questo cereale é piuttosto delicata e laboriosa.