A Bangkok in vista della Cop24: troppo scarsi i progressi e molte le controversie tra le parti

Domenica scorsa si è concluso l’incontro di Bangkok che anticipa la Cop24 di Katowice in Polonia, che si terrà tra il 2 e il 14 dicembre 2018.
Il vertice ha visto la partecipazione dei rappresentanti delle 200 nazioni che parteciperanno alla Cop24 e si è concentrato sulla definizione di regole e dettagli che compongono l’Accordo di Parigi.
Tuttavia, i risultati sono stati scarsi e senza successo: i rappresentanti delle nazioni che parteciperanno alla Cop24, non sono riusciti a produrre una documento finale che possa rappresentare la base per i negoziati che si terranno in Polonia.
Patricia Espinosa, segretaria esecutiva dell’Unfccc ha dichiarato che “Abbiamo fatto troppi pochi progressi su alcuni temi”.
Pochi i miglioramenti e comunque ancora troppo scarsi, soprattutto in un momento storico dove è diventato una priorità internazionale agire per fermare il cambiamento climatico. Sempre la Espinosa ha dichiarato che è necessario un approccio globale coordinato, dal momento che fino ad ora, i miglioramenti raggiunti sono irregolari e su questioni molto diverse.
E’ importante trovare una base comune da cui partire per far sì che le parti lavorino in modo interconnesso durante la Cop24.
Ma Bangkok ha fatto riemergere i contrasti tra Paesi sviluppati e in via di sviluppo proprio su come conteggiare finanziamenti e contributi e sulle comunicazione trasparenti e regolari, sulle emissioni e la piena chiarezza sulla finanza climatica ora e nel lungo periodo.
Dagli ultimi documenti messi a disposizione dall’Unfccc, si evince che motivo di scontro tra le parti sono sempre le questioni legate alla finanza climatica, in particolare alla quantità e al modo in cui i Paesi ricchi devono versare i propri contributi ai Paesi poveri, e alla definizione di quello che il testo indica come “loss and damage”. In pratica, una sorta di stima monetaria per quantificare le perdite che diversi Paesi stanno già subendo per mano degli eventi estremi.
Alcune economie emergenti come la Cina hanno proposto che degli elementi di finanza climatica, tra cui i flussi da destinare ai Paesi poveri dovrebbero essere obbligatori soprattutto per i Paesi sviluppati. Concetto a cui si sono opposti Canada, Australia e Stati Uniti, quest’ultimi ancora presenti al tavolo non essendo formalmente fuori dall’Accordo prima del 2020. Anche per l’Europa, però, la divisione delle responsabilità dovrebbe essere decisa mettendo in conto l’evoluzione che il sistema economico globale sta subendo.
In sostanza, da questa tappa intermedia di Bangkok ci si aspettava di più. Alcuni argomenti su cui, storicamente, non si trova accordo, sono infatti rimasti irrisolti sul tavolo negoziale, dove adesso si attende l’intervento dei vari leader politici.
Non restano, però, molte occasioni da sfruttare per limare le controversie prima della Cop 24 dove, secondo previsioni, le regole dell’Accordo di Parigi dovranno essere finalmente ultimate.
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