Australia e Nuova Zelanda per l’accoglienza dei migranti climatici
Il mare minaccia l’esistenza dell’arcipelago di Tuvalu. Fonte MARIO TAMA/GETTY IMAGES
Ufficio Policy Focsiv – Mentre i paesi europei cercano di esternalizzare il controllo delle migrazioni, tra cui il governo italiano (Esternalizzazione all’italiana del controllo sui migranti – Focsiv), come unica misura efficacie per il governo delle migrazioni (o meglio, possibile politicamente, date le divisioni tra i Paesi dell’Unione), vi sono altri paesi che, invece, consapevoli delle grandi questioni alla radice dei movimenti di popolazione, come il riscaldamento climatico, cominciano ad assumersi delle responsabilità prevedendo l’accoglienza di migranti. Assumersi responsabilità perché se le persone sono costrette a migrare per l’innalzamento del livello dell’oceano, lo si deve al riscaldamento climatico causato dalle emissioni di gas serra dei paesi più industrializzati. E’ un modo per “internalizzare” le migrazioni, ovvero per accogliere i migranti che inevitabilmente si presentano e si presenteranno all’entrata dei Paesi, come nel caso dei cosiddetti migranti climatici.
Con iniziative innovative come quella proposta dal Partito delle Opportunità neozelandese, che lega l’acquisto del visto per le persone ricche alla creazione di un fondo per l’accoglienza dei migranti climatici. Si tratta insomma di far pagare i ricchi che vogliono entrare per fare affari per dare anche alle persone più vulnerabili e costrette a migrare l’opportunità di entrare. E’ una misura di redistribuzione del diritto ad entrare tra ricchi e poveri. Per questo abbiamo tradotto l’articolo TOP proposes new investor visa to fund climate refugee intake (1news.co.nz).
Altra iniziativa è quella dell’accordo dell’Australia con Tuvalu, il cui arcipelago sarà inghiottito a causa dell’innalzamento del livello del mare nei prossimi 30 anni. Entro la fine del secolo sarà completamente sommersa e i suoi abitanti saranno costretti a emigrare. In tal caso abbiamo fatto riferimento all’articoloTuvalu-Australia: il primo accordo per accogliere i cittadini di una nazione minacciata dalla crisi del clima | Wired Italia Questo accordo però non è solo sulle migrazioni perché si inquadra nella competizione geopolitica con la Cina, prevedendo anche una cooperazione militare, e cerca di comunque di aiutare Tuvalu a difendere la sua terra con investimenti per l’adattamento al cambiamento climatico.
Un nuovo visto per investitori per finanziare l’accoglienza dei rifugiati a causa della crisi climatica
In Nuova Zelanda, il Partito delle Opportunità (TOP – The Opportunities Party) sta proponendo un nuovo visto per investitori (persone facoltose che chiedono di risiedere in Nuova Zelanda per fare affari) volto a costituire un fondo per aiutare a reinsediare i rifugiati climatici dal Pacifico in Nuova Zelanda.
Il leader del partito Raf Manji ha annunciato la proposta di legge che richiederebbe a coloro che chiedono un visto per entrare nel Paese di pagare 3 milioni di dollari per assicurarsi la residenza, questi soldi dovrebbero andare in un fondo per il reinsediamento dei rifugiati, poiché si prevede che le conseguenze del cambiamento climatico aumenterà di importanza in futuro, l’aumento del livello del Pacifico costringerà migliaia di persone che vivono negli atolli del pacifico ad evacuare, lasciando le proprie case e il proprio Paese.
Ciò modifica l’attuale visto per investitori, che richiede un pagamento compreso tra i 5 milioni di dollari statunitensi e i 15 milioni di dollari a seconda della natura dell’investimento. Manji ha spiegato che la commissione più bassa riflette in parte il fatto che coloro che la accettano non prevedono un profitto importante dall’investimento. “Il loro profitto è in realtà investire per far fronte alle conseguenze nel futuro dell’impatto climatico“. “Si potrebbe pensare a un atto filantropico, ed è per questo che abbiamo proposto l’acquisto del visto con un importo leggermente inferiore. Quindi è per le persone che hanno un interesse in questo: vogliono un percorso più pulito per ottenere la residenza ed è qualcosa in cui vogliono investire.
“Questa è una iniziativa innovativa a livello mondiale, non è mai stata fatta prima, e penso che risulterà essere una proposta di vendita interessante per le persone che vogliono trasferirsi in Nuova Zelanda”.
L’interesse per il visto per investitori è diminuito nell’ultimo anno, con solo 15 domande nel 2023 fino a ottobre del 2024. Manji crede che ci sarebbe più interesse per l’opzione suggerita dal suo partito. “Molte persone vengono qui perché sono preoccupate per l’impatto climatico nei loro paesi e pensano che la Nuova Zelanda sia il posto migliore in cui stare, quindi stiamo creando un’opportunità che giova entrambi i fronti collegando queste due cose“.
Il Partito delle Opportunità è in corsa per la terza elezione consecutiva, essendosi formato per partecipare alle elezioni del 2017. L’ex consigliere di Christchurch Manji ha assunto la leadership nel 2022, diventando il quarto leader del partito dopo il fondatore Gareth Morgan, l’economista Geoff Simmons e il leader ad interim e attuale candidato Shai Navot.
Il primo accordo per accogliere i cittadini di una nazione minacciata dalla crisi del clima
Nell’oceano Pacifico c’è un piccolo arcipelago che rischia di scomparire a causa della crisi del clima. È lo stato di Tuvalu, abitato da 11 mila persone, e in pochi decenni sarà inghiottito dall’innalzamento del livello dei mari. Per questo l’Australia ha deciso di accogliere e dare la residenza a tutti gli abitanti dell’arcipelago che verranno sfollati dal cambiamento climatico indotto dalle attività umane.
È la prima volta che l’Australia offre il diritto alla residenza o alla cittadinanza a persone colpite dagli effetti della crisi del clima, riconoscendo esplicitamente la vulnerabilità di Tuvalu all’innalzamento dei mari. L’accordo stretto tra il primo ministro australiano laburista, Anthony Albanese, e il primo ministro dell’arcipelago, Kausena Natano, è stato annunciato durante il Forum delle isole del Pacifico tenuto sulle isole Cook. La nuova partnership prende il nome di Unione Falepili, parola tuvaluana che indica il buon vicinato, la cura e il rispetto reciproci.
Oltre a garantire “un percorso speciale di mobilità” con visti per “vivere, lavorare e studiare” in Australia, il trattato impegna il governo di Canberra a difendere Tuvalu da eventuali aggressioni militari e aiutare gli abitanti delle isole a “rimanere nelle loro case con sicurezza e dignità”. Per farlo, l’Australia aumenterà i finanziamenti destinati all’arcipelago per implementare strategie di adattamento alla crisi climatica, tra cui 10 milioni di euro per espandere la terraferma dell’isola principale, Funafuti, del 6%. In cambio, l’Australia potrà mettere il veto sugli accordi di sicurezza tra Tuvalu e paesi terzi.
L’accordo arriva a seguito di un patto di sicurezza stretto tra la Cina e le isole Salomone, nell’ottica di contenere l’espansione dei legami di Pechino con i paesi insulari del Pacifico. Si tratta quindi di una vittoria strategica di particolare importanza, dato che include “difesa, polizia, protezione delle frontiere, sicurezza informatica e infrastrutture critiche” e concede l’accesso e la presenza di militari australiani all’interno di Tuvalu, in caso di necessità.
Come riporta il Guardian, Tuvalu è uno dei paesi in cui gli effetti della crisi climatica rischiano di essere tra i più catastrofici mai visti. Composto da tre isole coralline e sei atolli, per un totale di 26 chilometri quadrati complessivi, con un’altitudine massima di poco superiore al livello del mare e atolli larghi appena 20 metri, rischia di perdere metà della sua superficie nei prossimi 30 anni ed essere completamente inghiottivo dal mare entro la fine del secolo.
Già oggi, circa un quinto della sua popolazione è emigrata in Nuova Zelanda e in altre isole maggiori a causa delle prime erosioni e perdita di superficie dovuta alla crisi climatica. La situazione è così drammatica che le autorità stanno creando una copia digitale dell’arcipelago, che possa sopravvivere al disastro e documentare la sua storia. L’isola del Pacifico vuole trasferirsi nel metaverso per salvarsi dal cambiamento climatico. Il ministro degli esteri ha proposto una soluzione drastica: trasferire tutto lo stato online.