Brasile: la “tragedia annunciata” di Brumadinho rivela le crepe di un pericoloso modello economico estrattivista

Insieme ai suoi partner sul campo, la rete CIDSE, di cui anche FOCSIV fa parte, si unisce alla solidarietà delle vittime di questa terribile catastrofe socio-ambientale e riflette sulle misure di prevenzione.
Solo pochi giorni fa, il 25 gennaio 2019 a Brumadinho, Minas Gerais, Brasile, il crollo di una diga gestita dalla società mineraria brasiliana Vale ha causato un altro terribile disastro socio-ambientale. Le operazioni di salvataggio sono in corso e il numero esatto delle vittime è ancora sconosciuto, ma sembra che siano state uccise ben 300 persone (Enviromental Justice Atlas), la maggior parte dei quali dipendenti dell’azienda stessa, Vale, che erano al lavoro o erano in pausa.
Vale è stata una delle aziende coinvolte nello scoppio della diga di Samarco (gestita da BHP Billiton Brasil Ltda e Vale) vicino a Mariana, Minas Gerais, Brasile, nel novembre 2015, causando la morte di 19 persone e un enorme disastro ambientale che ancora oggi colpisce i mezzi di sussistenza della popolazione della regione. Il disastro di “Mariana” ha evidenziato già quattro anni fa un’enorme lacuna nel sistema giudiziario locale e internazionale – ancora oggi, molte delle vittime sono in attesa di giustizia.
Vale è tra le società minerarie che continuano a ricevere investimenti da diverse grandi banche europee nonostante le ricorrenti violazioni dei diritti ambientali e umani, come indagato nella relazione Dirty Profits 6. La Vale è una delle società minerarie più importanti in Europa. Tali banche, secondo questa relazione, continuano a chiudere un occhio e non sono abbastanza forti da garantire che le società minerarie ed estrattive rispettino i diritti umani e le preoccupazioni ambientali. Il contesto internazionale degli investimenti e del sistema bancario coinvolge i cittadini europei alla tragedia che ha appena avuto luogo in Brasile. Al di là della responsabilità degli attori in Brasile, le imprese dei paesi europei, le finanze dei cittadini o il consumo di prodotti contenenti minerali sono in qualche modo legate con il disastro. Per prevenire le violazioni dei diritti umani in diversi contesti in tutto il mondo, il CIDSE e i suoi membri sostengono la necessità di un trattato vincolante delle Nazioni Unite sulle imprese e sui diritti umani che possa rendere efficaci gli sforzi globali per prevenire gli effetti negativi sui diritti umani delle attività commerciali e fornire accesso alla giustizia per le persone e le comunità colpite.
Diversi partner brasiliani come il Movimento dos Atingidos por Barragens (MAB) (attivo anche su twitter con molti aggiornamenti e opinioni sulla tragedia), Iglesias y Minería, Movimento Pela Soberania Popular na Mineração (MAM), Comissão Pastoral da Terra (CPT) e Conselho Indigenista Missionário (CIMI) denunciano la situazione di impunità delle compagnie minerarie che consentono questo tipo di eventi. Come riportato da questo comunicato stampa del DKA, il MAB ha descritto l’evento come una “tragedia annunciata”.
Come espresso da Iglesias y Minería in questa dichiarazione, in effetti l’impunità e la mancanza di risarcimenti completi per le vittime del crimine occorso in Mariana è stata una delle condizioni principali che hanno consentito la nuova tragedia di Brumadinho. Un altro fattore importante è stata la pressione esercitata da potenti aziende per corrompere e indebolire il controllo e le ispezioni governative. Iglesias Y Minería ritiene, inoltre, che vi siano problemi fondamentali che riguardano le operazioni delle compagnie minerarie, uno dei quali è l’ipocrisia che guida la maggior parte delle consultazioni con la popolazione locale e la società civile. Queste si svolgono attraverso “falsi dialoghi” il cui scopo ultimo è quello di legittimare il lavoro delle compagnie minerarie senza tener conto dei reali bisogni e delle opinioni della gente.
Nella dichiarazione finale del Forum Sociale Tematico (Johannesburg, Sudafrica, novembre 2018) che ha riunito attivisti da tutto il mondo, i partecipanti hanno descritto l’economia estrattivista come un “modello economico distruttivo basato sullo sfruttamento delle cosiddette ‘risorse naturali’ e delle persone di cui l’estrazione mineraria è un caso primario”. Chiedono il diritto delle comunità di dire no alle attività estrattive nei loro territori, adottando stili di vita alternativi.
CIDSE sostiene le loro richieste e, alla luce degli ultimi avvenimenti di Brumadinho e delle innumerevoli violazioni dei diritti umani che il settore minerario ha perpetrato nel corso degli anni, sostiene con forza la ricerca di alternative all’estrattivismo nel rispetto delle persone e della natura.
Media contact: Valentina Pavarotti, CIDSE Media relations and Communications Officer; pavarotti(at)cidse.org