Cambiamo strada – Le 15 lezioni del Coronavirus secondo Edgar Morin
99 anni, è questa l’età di Edgar Morin, tra le più prestigiose figure della cultura contemporanea, la cui vita spazza un arco di tempo che va dalla pandemia spagnola alla pandemia da COVID-19.
La madre aveva problemi cardiaci dopo aver contratto l’influenza spagnola, quando si sposò le dissero che avere figli le sarebbe stato fatale; rimase incinta una volta e abortì, la seconda volta i prodotti che le diede l’abortista clandestina non funzionarono, il ginecologo salvò madre e figlio, nacque così Edgar Morin l’8 luglio 1921.
I suoi scritti spaziano dallo spettacolo alla sociologia, alla politica, all’antropologia, all’ecologia. La cifra attorno cui ruota grande parte del suo pensiero è la complessità; nel 1994 ha redatto, insieme a Lima de Freitas e Basarab Nicolescu la Carta della transdisciplinarietà. In un mondo caratterizzato dalla iperspecializzazione dei saperi, la transdisciplinarietà va oltre la multidisciplinarietà, che considera le diverse discipline che caratterizzano un problema, e oltre la interdisciplinarità che riguarda discipline diverse tra le quali è possibile individuare elementi comuni, connessioni e affinità: la transdisciplinarietà fa emergere dal confronto delle discipline l’esistenza di nuovi elementi, che fanno da giunzione o snodo fra le discipline stesse. Il comportamento collettivo di un sistema può infatti travalicare quello dei suoi componenti, e per venire a capo di questi fenomeni emergenti bisogna concentrare l’analisi non solo sulle proprietà dei singoli componenti, ma anche sulle relazioni tra le diverse componenti. In sintesi il tutto è diverso dalla somma delle parti (concetto ripreso nell’enciclica Laudato Si’ di papa Francesco): è la scienza della complessità, che mette in discussione l’approccio riduzionista che ha dominato il pensiero scientifico per secoli.
La società, l’economia, la natura sono sistemi complessi, e le relazioni reciproche ne aumentano la complessità; nei sistemi complessi compaiono due caratteristiche importanti: la non linearità e la ricorsività.
Non linearità significa che tutto quanto ci circonda (compreso noi) può reagire con grandi effetti a piccole cause, può trovarsi davanti a biforcazioni: una piccola fluttuazione può dare inizio ad una nuova evoluzione che cambierà drasticamente l’intero comportamento del sistema. Un esempio è il caso di un ebreo marginale[1] vissuto in Palestina, provincia a sua volta al margine dell’impero romano, venti secoli fa: Gesù Cristo, che con la sua vita ha impresso alla storia del mondo un’altra direzione.
Quanto alla ricorsività, un contributo fondamentale nell’indagarne il ruolo nei sistemi complessi lo si deve a Kurt Gödel, il grande logico del XX secolo e ultimo amico di Einstein. La ricorsività è una procedura formulata con un esplicito riferimento a se stessa, ed è all’origine di “strani anelli” ovvero percorsi logici che si chiudono su se stessi in maniera molto singolare, potremmo dire dei circoli viziosi: né veri né falsi, indecidibili, cioè che non si possono determinare univocamente. Consideriamo la frase: “questo enunciato è falso”; è una frase che dichiara qualcosa di se stessa, e quindi è autoreferenziale o, se si preferisce, ricorsiva; ebbene, questa frase vìola brutalmente la consueta assunzione che vuole gli enunciati suddivisi in veri e falsi: se si prova a pensare che sia vera, immediatamente essa si rovescia forzandoci a pensare che sia falsa, e viceversa. Ricorsività e indecidibilità sono dunque collegati, ed è questo collegamento che ha permesso a Gödel di enunciare nel 1931 i due celebri teoremi sull’incompletezza dell’aritmetica. Questi teoremi scardinano una volta per tutte l’illusione di poter definire i concetti matematici con tale chiarezza e rigore da risolvere ogni problema, in quanto dimostrano che in qualsiasi sistema matematico ci sono dei problemi che non sarà possibile risolvere (in quanto sono indecidibili). Tutto ciò ha creato un vero e proprio spartiacque nel modo di concepire la matematica evidenziandone l’inesauribilità (in quanto nessun sistema matematico la può comprendere tutta, dal momento che esistono sempre problemi per i quali il sistema in questione è incapace di decidere), e favorendo l’insorgere di un pensiero aperto alla complessità. Per comprendere meglio come la ricorsività sia una componente fondamentale dei sistemi complessi va osservato come essa sia strettamente collegata con una proprietà caratteristica di questi sistemi, l’autorganizzazione: la ricorsività è una condizione necessaria perché un sistema possa essere in grado di riprodurre la sua stessa organizzazione strutturale e funzionale; ad esempio il DNA ha bisogno dei prodotti della propria lettura e della propria esecuzione per essere letto ed eseguito a sua volta, secondo un anello ricorsivo che è tipico di tutti i sistemi autorganizzatori, di cui sia il mondo naturale che quello umano forniscono innumerevoli esempi.
Ebbene, la visione corrente è mille miglia distante dalla visione sommariamente accennata sopra, la quale consente di percepire, analizzare e valutare la complessità del mondo. Siamo ancora prigionieri della visione meccanicistica, secondo cui causalità e predicibilità consentono la piena intelligibilità del mondo e di conseguenza il suo controllo e il suo dominio. È questa la visione che si afferma con la scienza moderna a partire da Galilei e Newton, è questa la visione che tutt’ora viene in gran parte divulgata e insegnata, nonostante sia ampiamente superata dalle grandi rivoluzioni scientifiche del XX secolo: la meccanica quantistica, la relatività, la scienza della complessità. Il sentire comune, e di conseguenza i modelli organizzativi, produttivi e di consumo che mettiamo in campo, considerano ancora il mondo come una enorme macchina che può essere guidata a piacimento, e non come un sistema complesso che reagisce in maniera spesso imprevedibile e contro-intuitivo a sollecitazioni in apparenza modeste o marginali.
Edgar Morin ha speso gran parte della sua attività intellettuale per combattere la visione meccanicistica; nell’ultimo saggio, Cambiamo strada – Le 15 lezioni del Coronavirus, edito da Raffaello Cortina Editore, auspica che la crisi planetaria di proporzioni gigantesche causata dal Nuovo Coronavirus, che è strettamente connessa agli impatti climatici e ambientali in atto provocati dall’uomo, venga percepita come sintomo, forse estremo, della crisi dell’attuale modo di pensare e di agire, in una parola dell’attuale paradigma, e induca quindi un cambiamento di rotta, un cambio di paradigma.
L’autore è consapevole come pochi, grazie alla sua frequentazione pluridecennale con i temi della complessità, che un cambio di paradigma è un processo lungo, difficile, che si scontra con le enormi resistenze delle strutture e delle mentalità vigenti. È un lavoro che deve far passare le nuove categorie “dalla testa alla pancia”; la visione meccanicistica è nel nostro DNA da qualche secolo, da quando gli spettacolari risultati della tecnologia, figlia di questo approccio, hanno di fatto indotto ad applicare questa visione a tutti i campi del sapere, dalla economia alla sociologia alla psicologia alla storia eccetera: il risultato è la “tecnoscienza”, come la chiama papa Francesco.
Le lezioni impartite dal Nuovo Coronavirus secondo Edgar Morin coprono uno spazio molto ampio: la sfera individuale, inducendoci anche grazie alle pause forzate dovute alle misure restrittive a riflettere sulle nostre esistenze, la condizione umana, l’incertezza delle nostre vite, il nostro rapporto con la morte; la sfera familiare e sociale, e quindi la nostra civiltà che ci spinge a una vita totalmente rivolta all’esterno a fronte dell’esperienza del confinamento e il connesso risveglio delle solidarietà; la nostra concezione di scienza, medicina e in generale le carenze del nostro pensiero e della nostra intelligenza a fronte della complessità del reale; la sfera dell’azione politica a livello europeo e a livello planetario, dove la globalizzazione e in particolare le politiche neoliberiste hanno amplificato i danni dell’uomo sull’ambiente, favorendo con la massiccia agricoltura industriale, con gli allevamenti intensivi e con la continua intrusione dell’uomo negli ambienti naturali, l’aumento delle occorrenze dei virus.
Queste lezioni implicano la necessità di riflettere sulle sfide di questo momento storico e di intraprendere una “nuova Via politica-ecologica-economica-sociale”. Certo rovesciare l’attuale paradigma della “globalizzazione tecno-economica” (l’espressione è di Edgar Morin) — che con la sua insaziabile sete di profitto è il motore delle aumentate disparità sociali, del degrado ambientale, delle chiusure nazionaliste, etniche e religiose — sarà lungo e faticoso, e avrà degli esiti non prevedibili: “Il post-Coronavirus è inquietante tanto quanto la crisi stessa. Potrebbe essere sia apocalittico sia portatore di speranza”.
E tuttavia, come afferma Eraclito, “Se non speri l’insperabile non lo scoprirai”. Scoprire, trovare l’alternativa in cui speriamo, dipende da tutti e da ciascuno di noi.
[1] “Un ebreo marginale” è il titolo della monumentale opera in più volumi di J. P. Meier sul Gesù storico.
Di Mario Carmelo Cirillo, attivista Focsiv.