CANTAGALLO LIMPIO
Sensazioni forti quelle che ho provato la prima volta che ho messo piede a Cantagallo, intense come l’odore di immondizia che ne impregnava l’aria. Quella è stata la prima volta che distoglievo lo sguardo da una Lima ricca, moderna e occidentale per rivolgerlo verso una differente, ma forse più autentica.
Cantagallo è ciò che comunemente viene chiamata “una baraccopoli”, un insediamento di case improvvisate di legno e lamiera con strade polverose non asfaltate. La peculiarità di Cantagallo sono i suoi abitanti: la comunità, di circa 260 famiglie, è composta prevalentemente da indigeni di etnia Shipibo provenienti dalla foresta amazzonica del Perù. Da pochi anni si sono adattati a vivere in una metropoli caotica con lo scopo di garantire migliori condizioni di studio ai propri figli e, in generale, cercare nuove possibilità lavorative.
L’insediamento in cui vivono ora però, oltre a nascere su ciò che un tempo era una discarica, manca quasi completamente dei servizi igienico-sanitari basici: l’acqua, per esempio, viene recuperata dagli unici due bagni pubblici disponibili e portata con delle taniche nelle abitazioni. Il Rio Rimac, che scorre lì a pochi metri, ha il tipico aspetto di un fiume contaminato; stesso discorso vale per la terra che circonda le case. Sono questi gli spazi in cui ogni giorno decine di bambini giocano insieme a cani spelacchiati.
A Cantagallo mancano alberi e prati, ma in compenso abbondano grandi quantità di rifiuti abbandonati qua e là, testimonianza di un comportamento radicato e conseguenza di migliaia di anni di storia a contatto con la natura; abitudini incompatibili con i recenti materiali non biodegradabili. Nella foresta amazzonica erano i micro-organismi del suolo a occuparsi della degradazione di tutti i rifiuti prodotti: dai resti alimentari, al legno delle abitazioni fino al cotone dei vestiti. Ora bisogna fare i conti con la plastica dei sacchetti e il vetro delle bottiglie che impiegano più di mille anni a decomporsi.
Io e Anna siamo lì per conto del CAAAP (Centro Amazonico de Antropologia y Aplicacion Pratica), una associazione di Lima che lavora a stretto contatto con le comunità indigene, sia rurali che urbane. Il progetto che ci hanno assegnato è quello di organizzare laboratori pratici e sensibilizzare gli abitanti riguardo al riciclaggio e alla gestione dei rifiuti.
I ragazzi e le famiglie ci accolgono fin da subito con molta disponibilità e dopo un mese di attività un discreto numero di giovani decide di costituire un gruppo di lavoro: l’intento è migliorare le condizioni di tutta la comunità.
La prima iniziativa che scelgono di intraprendere è quella di scrivere una lettera alla Municipalità rendendo così visibile il problema e chiedendo l’installazione di alcuni cestini in diverse parti dell’insediamento. L’idea del gruppo “Cantagallo limpio” -così hanno deciso di chiamarsi- è infatti organizzare una raccolta differenziata a livello comunitario e andare avanti con l’opera di sensibilizzazione soprattutto coi più piccoli. Ora non resta che attendere, ma temo che lo scarso peso politico ed economico di questa comunità non porterà ad una pronta risposta da parte delle autorità competenti.
Stride molto l’entusiasmo di questi ragazzi con l’aria di abbandono che si respira a Cantagallo, un abbandono istituzionale che porta inevitabilmente danni all’ambiente e alla salute, ma che allo stesso tempo fortifica i rapporti tra le persone, rendendoli unici e duraturi.
Riguardo verso la parte ricca di Lima e ho la netta sensazione che non rivedrò facilmente la stessa solidarietà e lo stesso spirito di collaborazione.
Davide Fontana, Casco Bianco con FOCSIV a Lima, Perù.