COVID-19 – Aggiornamenti dall’ECUADOR: Il vaso di Pandora

La Resposnabile dei volontari FOCSIV in Ecuador, Valentina Vipera, ricostruisce una fotografia aggornata dello svilupppo della pandemia da COVID-19 nel paese, tra luci e ombre di un paese che in questa crisi ha messo in luce le sue fragilità.
“Un uomo di 76 anni è morto con sospetto di coronavirus nel Cetro di Salute 1 del Centro Storico di Quito, questo giovedì 7 maggio del 2020. I familiari affermano che è deceduto mentre aspettava assistenza medica, il 6 maggio la famiglia del defunto aveva chiamato il 911 che aveva suggerito di comunicarsi con il 171 (numero adibito all’emergenza COVID-19)” El Comercio, periodico nazionale dell’Ecuador, non dà ulteriori chiarimenti sul perchè dopo la chiamata l’uomo si sia recato con i sintomi in un pronto soccorso.
Il 5 maggio el Universo, altro periodoco nazionale, conferma il raccoglimento, nelle ultime settimane, di 11 cadaveri per le strade di Quito con sospetto di COVID-19 non confermato, tra cui un commerciante di 60 anni che a quanto afferma il sindaco di Quito Jorge Yunda, era consapevole di essere contagiato e continuava a trasportare prodotti dalla provincia del Cotopaxi per venderli a Puembo (Quito), e una donna di 37 anni, che uscita dal suo appartamento, il passato 28 aprile si è accasciata e ha perso la vita sul marciapiede della avenida Maldonado, sud di Quito; risultata postitiva al test, a detta della sorella, non aveva mostrato nessun sintomo e usciva solo per rifornirsi di viveri.
La situazione attuale di Quito è un flashback ai morti per strada di Guayaquil di un mesetto fa.
Per rinfrescare la memoria, la capitale del Guayas, con tre milioni di abitanti, il più grande porto e snodo commerciale del Paese, paradigma della città oligarchica latinoamericana, da inizio aprile è diventata celebre in tutto il mondo per essere prima a livello nazionale per numero di contagi per covid-19 e per il collasso del sistema sanitario.
Protagonisti di tanta fama internazionale: povertà, mancanza di servizi di base, di attrezzature e infrastrutture mediche e sanitarie con tanto di testimonianze fotografiche di cadaveri per le strade, nei marciapiedi, soprattutto nei quartieri popolari e anche nel centro della città. Lì sono rimasti ore e anche giorni.
A fine marzo sono stati raccolti nei domicili più di trecento cadaveri di gente che neanche è arrivata ad essere assistita dai centri medici1. Il comune che aveva già annunciato l’apertura di una fossa comune, il 5 di aprile ha cominciato a distribuire più di duemila bare di cartone per recuprerare i cadaveri accumulati per strada e nelle strutture sanitarie2.
La situazione è venuta a galla grazie ai video dei cittadini di Guayaquil che hanno pubblicato nelle reti sociali le immagini agghiaccianti dei corpi dei familiari imballatti con sacchi dell’immondizia e nastro adesivo davanti alle loro case con temperature di 27-30 gradi, in attesa che le autorità inutilmente contattate, se li venissero a prendere. Il primo caso di COVID-19 in Ecuador è stato annunciato dal Ministero della Salute il 29 febbraio, era una signora ecuatoriana atterrata dalla Spagna a Guayaquil il 14 febbraio, di seguito deceduta come anche la sorella da lei contagiata.
Solo la viralità dei contenuti e la incongruità delle morti dichiarate dalla polizia con i dati ufficiali hanno portato il Presidente dell’Ecuador Lenín Moreno ad ammettere durante un discorso alla nazione del 3 aprile “… che sia i numeri dei contagi che quelli dei morti dei registri ufficiali se quedan cortos (non sono attendibili)”, supplicando le autorità competenti di non minimizzare la crisi.
Ancora oggi l’operato del Governo appare di una torbida trasparenza caratterizzata da dubbiosi sbalzi dei numeri dei contagi forniti dal Ministero della Salute che non dipendono dalla diminuzione dei casi ma da una “riclassificazione”, “depurazione” 3 delle cifre fatta dallo stesso Ministero (8 maggio 30.298, 9 maggio 28.818), e da dichiarazioni pubbliche che sembrano dipingere un’altra realtà, idilliaca, “a vedere quasi la luce alla fine del tunnel” 4 usando le parole dal vicepresidente Otto Sonnenholzner del passato 17 aprile quando il COE Nazionale (Comitato di Operazione di Emergenza) riportava un bilancio di 421 morti, oggi sono 1.700.
Però la verità periodicamente sale alla luce e scoperchia il vaso di Pandora che il Governo è sempre pronto a tappare con scuse e mezze verità ai fini di distogliere l’attenzione del popolo.
Il presidente Lenín Moreno in risposta alle critiche che lo hanno accusato di governare tramite twitter e di essere scappato da Quito all’arrivo della pandemia (durante le proteste di ottobre si era rifugiato a Guayaquil, oggi si vocifera alle Galapagos) ha dichiarato in un discorso alla Nazione “la mia situazione mi impedisce di scendere in campo, sono una persona della terza età, con una disabilità fisica e le conseguenze che questa comporta. I medici mi hanno avvisato che facilmente potrei contrarre il virus e che sarebbe difficile che lo superi”5.
In un’intervista della BBC Mundo dell’8 aprile, il giornalista fa notare al nuovo Ministro di Salute dell’Ecuador Juan Carlos Zevallos (la precedente Ministra Catalina Andramuño si è dimessa il 21 marzo accusando il Governo di insufficienza di risorse per affrontare la pandemia) che nonostante il governo dichiari una situazione sotto controllo a livello sanitario e con le dovute protezioni per il personale medico coinvolto, secondo i dati, 1.600 membri della salute sono contagiati, ciò significa il 40% del totale dei casi (al tempi 3.646).
La sindaca di Guayaquil, Cinthya Viteri, spicca su tutti. È arrivata a bloccare per capriccio la pista dell’aeroporto della città per impedire l’atterraggio dei voli umanitari provenienti da Madrid ed Amsterdam, autorizzati dalle autorità dell’aviazione dello Stato, con il pretesto di “difendere la città”6 dal personale di volo europeo e dal covid-19 come una mamma con i suoi cuccioli, sue testuali parole. Il giorno dopo (19 marzo) ha dichiarato di essere stata contagiata dal virus da cui con poca suspance è guarita il 9 aprile e il 13 aprile, già pronta a riprendere il comando, per motivare i cittadini di Guayaquil, ha promosso una campagna di sensibilizzazione facendo indossare alle statue dei monumenti cittadini delle mascherine, per incitare il buon esempio. Interpretazione proprio da statuetta (dell’Oscar).
Tre giorni dopo l’Ecuador duplicava il numero dei contagi e il 17 aprile la provincia del Guayas, la più colpita di tutto il sud america ad oggi con il 61,8% di casi di tutta la nazione, ha ufficializzato di aver registrato 6.700 morti nei primi 15 giorni di aprile (normalmente registra una media di 1.000 morti ogni 15 giorni).
il 5 maggio, colpo di scena, è stata estesa la misura dello Stato di Eccezione fino al 16 giugno 2020 7 e per non perdere tempo è stato comunicato un taglio all’istruzione pubblica di $ 98. 210 190 con annesse proteste di studenti e docenti e un’azione legale contro il Ministero delle Finanze da parte di 8 Università del Paese per violazione della Legge di Educazione.
C’è anche un dietro le quinte losco di mafia e speculazione, sono nove gli ospedali pubblici della rete dell’IESS (Istituto Ecuatoriano della Sicurezza Sociale) indagati dalla Procura per corruzione. Lo scandalo è sull’acquisto non proprio conveniente di sacchetti per i deceduti ad opera delle strutture sanitarie, la Procuratrice Generale Diana Salazar ha ricevuto una notifica dalla Ministra dell’Interno Maria Paula Romo che comunica l’acquisto di 300 borse della spazzatura per cadaveri a $130 l’uno, prezzo di mercato $12. Si aggiungono le mascherine acquistate da un ospedale a $10 l’una a fronte di un prezzo di mercato $4.
Fuori dalle luci della ribalta, rimangono all’oscuro come comparse, le categorie vulnerabili, vere vittime della pandemia che, nel contesto delle misure di restrizione della circolazione cittadina a livello nazionale stabilite il 12 marzo (chiusura delle scuole, chiusura delle frontiere, divieto di eventi massivi, misura del coprifuoco dalle 14.00 alle 5.00 entrata in viglore il 25 marzo, divieto di uscita per chi ha più di 55 anni, sospensione del trasporto pubblico, le macchine possono circolare, secondo il coprifuoco, una volta alla settimana esclusi sabati e domeniche, obbligo di mascherina e guanti per tutte le uscite), non sono in grado di osservare la regola del “quedate en casa” (resta a casa) e sono già in modalità semaforo verde[1].
Più del 60% degli abitanti di Guayaquil vive di economia informale che ai tempi della pandemia è trovarsi tra l’incudine: contagiarsi di covid-19 e il martello: non mangiare. La categoria dei lavoratori informali e dei sottopagati non viene coperta a sufficienza dalle sovvenzioni che ha messo in campo lo Stato per fronteggiare la crisi economica. $60 al mese per i mesi di aprile maggio e giugno (max $120 a famiglia, all’incirca 950.000 persone beneficeranno della misura di assistenza) selezionati secondo la base dati del Ministero di Inclusione Economica e Sociale. Nel gennaio 2019 secondo i dati dell’INEC (Istituto Nazionale di Statistica e Censo) erano 311.134 le persone in Ecuador senza lavoro, con un tasso di lavoro informale del 46%. Nel 2015 il tasso di informalità era del 39% (2,7 milioni di lavoratori informali).
E quale opzione migliore per proteggere le categorie più bisognose se non quella di abbassare gli stipendi ai dipendenti pubblici e privati? Nasce così a fine aprile il progetto della Ley Organica de Apoyo Humanitario (Legge organica di Appoggio Umanitario), che prevede un taglio del 10% al salario dei dipendenti pubblicie privati che guadagnano dai $1000 in su, ma non è retroattivo, quindi non si applica ai funzionari pubblici nominati definitivamente. Si aggiunge un contributo del 2% per i possessori di tutti i beni immobili in Ecuador, un taglio del 50% ai salari di Presidente e Ministri e provvedimenti ancora in discussione in Assemblea Nazionale.
Infine gli ultimi, relegati ai titoli di coda: i migranti, le vittime di violenza di genere e le comunità indigene, di loro quasi non si parla nella stampa nazionale. Sono invisibili al Governo e abbandonati agli effetti collaterali del virus: la povertà e la violenza.
Il primo maggio gas lacminogeni sono stati lanciati dalla Polizia nei pressi del Ponte di Rumichaca (al confine con la Colombia), quando un gruppo di cittadini venezuelani, ha cercato di oltrepassare la frontiera. Le 50 persone (anche bambini) che sono state bloccate il 20 aprile avevano lasciato Guyaquil a piedi per ritornare al loro paese di origine.
Onu Mujeres Ecuador lancia con un tweet dell’8 maggio la campagna #SiLasParedesHablaran (se le pareti potessero parlare) dove in un video, artisti, sportivi e altri personaggi invitano le vittime di violenza di genere e la società civile a denunciare gli aggressori perchè“la violenza contro le donne è una pandemia che è aumentata durante il confinamento”.
Il 14 aprile la nazionalità indigena Siekopai della provincia amazzonica di Sucumbios ha riportato la morte di un anziano con probabile diagnosi di COVID-19 risultata poi positiva, il 21 aprile un altro anziano, con sintomi del virus, ha perso la vita .Tra il 27 e il 29 sono state effettuate 44 test rapidi nella comunità, di cui 14 sono risultati positivi. La comunità con meno di 1000 persone, chiede aiuto al Governo per evitare di essere sterminata dala pandemia.
Note:
[1] Mario Campaña, El Rebrote, 1 aprile 2020, https://ctxt.es/
[2] Internazionale, L’Ecuador non sa come affrontare l’epidemia, 9 aprile 2020
[3]Dichiarazione del Ministro della Salute dell’Ecudor, Juan Carlos Zevallos al “Comercio”, 8 maggio 2020
[4] El Comericio,Otto Sonnenolznher,“Empezamos a ver la luz al final del túnel”, 17 aprile 2020
[5] Discorso alla nazione del Presidente della Repubblica dell’Ecuador Lenín Moreno, El Diario, 15 aprile 2020
[6] Mario Campaña, El Rebrote, 1 aprile 2020, https://ctxt.es/
[7] Secondo l’articolo 164 della Costituzione dell’Ecuador lo Stato di Eccezione solo si può applicare nei casi di aggressione, conflitto armato internazionale o interno, grave evento interno, calamità pubblica o disastro naturale. Ramiro García, Presidente della Federazione Nazionale degli Avvocati Ecuadoriani spiega che “Lo stato di eccezione […] permette al Governo di limitare una serie di diritti come il libero movimento delle persone. […] L’Esecutivo potrà rimodellare alcune cariche e i budget delle istituzioni a eccezione della salute e dell’educazione”.
[8] L’espressione “semaforo verde” si riferisce alla gestione semaforizzara della fase 2 in Ecuador, che è stata avviata il 4 maggio, Il Governo insieme al COE Nacional (Comitato di Operazione di Emergenza Nazionale) ha classificato le misure dei semafori (rosso, arancione, verde) sarà poi responsabilità al COE di ogni Cantone la scelta del semaforo da utilizzare. Ad oggi tutti i cantoni del Paese sono con semaforo rosso.