Da migrazioni e sviluppo al Piano Mattei con l’Africa
Fonte immagine Center for Migration and Development (princeton.edu)
Ufficio Policy Focsiv – Come evidente, in questi mesi stiamo assistendo ad un forte impegno di politica estera del Governo italiano verso il Mediterraneo e l’Africa, con missioni di alto livello, la promozione del Memorandum Unione europea-Tunisia, la recente conferenza su migrazioni e sviluppo, in vista della prossima conferenza Italia- Africa in Novembre per lanciare il Piano Mattei.
Le organizzazioni della società civile sono chiamate a confrontarsi con le proposte politiche che il Governo sta definendo in collaborazione con i Governi dei paesi africani e con l’Unione europea, presentando le sue riflessioni, critiche e orientamenti. Avendo ben saldi i principi di rispetto dei diritti umani, dello stato di diritto, della lotta alla povertà e al cambiamento climatico, di coerenza delle politiche, come previsto nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile, a cui tutti si richiamano. Per questo si avanza una breve analisi delle conclusioni della conferenza su migrazioni e sviluppo, evidenziando novità, ambiguità ed esigenze di confronto e approfondimento.
Nelle conclusioni che sintetizzano le posizioni dei diversi Governi (qui scaricabile) appare positivo il superamento dell’approccio focalizzato solo sul controllo e il contenimento migrazioni, inserendo la questione migratoria nel quadro dei problemi dello sviluppo e del cambiamento climatico (par. 1, par. 7 e par. 11).
Si scrive della necessità di appoggiare un “modello di sviluppo diffuso, non sfruttatorio e sostenibile” nel quadro dell’Agenda 2030, delle Conferenze delle Parti sui cambiamenti climatici, riconoscendo anche le perdite e i danni che i paesi più esposti e vulnerabili subiscono, e quindi implicitamente l’esigenza di rimborsarli (par. 12). Le conclusioni sono fondate sulla cooperazione tra i Paesi, e sulla edificazione di “partenariati inclusivi, multidimensionali, di lungo periodo”, dal livello bilaterale a quello regionale e multilaterale.
I convenuti alla conferenza concordano nel lancio del “processo di Roma” (par. 2), quale percorso di cooperazione per la definizione di un piano d’azione con la mobilitazione di finanziamenti per progetti di investimenti su diversi settori, sulla protezione dei rifugiati e sul contrasto al traffico umano. Nella introduzione alla conferenza la Presidente del Consiglio ha evocato un prossimo incontro dei donatori per raccogliere le risorse necessarie.
Molto importante è il riconoscimento della mobilità umana, stabilendo canali regolari e sicuri e misure come quelle dei corridoi umanitari per i migranti vulnerabili, e degli apporti benefici delle migrazioni allo sviluppo (par. 5). Viene evocato anche il coinvolgimento della società civile (par. 4) e degli stessi migranti e diaspore quali attori dello sviluppo (par.7).
Tuttavia si rilevano alcuni punti critici. Continua a persistere una ambiguità tra la sottolineatura del contrasto al traffico umano, indispensabile, ma che finora si è declinato nell’adozione di un approccio securitario vessatorio dei diritti umani dei migranti, versus una reale adozione dell’Agenda sullo sviluppo sostenibile, a partire dai suoi principi.
Le conclusioni rappresentano una reiterazione della impostazione del Piano de La Valletta del 2015 tra l’Unione europea e i paesi africani, fondato su quattro pilastri (contrasto alle migrazioni irregolari, protezione dei rifugiati, lotta alla cause profonde delle migrazioni, promozione della mobilità regolare), che però ha visto un progressiva esternalizzazione della gestione migratoria nei paesi vicini con importanti problemi nel rispetto dei diritti umani, tragedie ai confini e nei mari, e una scarsissima apertura di canali regolari. Il governo italiano a questo proposito ha però sottolineato come il nuovo decreto flussi sia pluriennale e preveda una significativa apertura per oltre 450.000 migranti, dando quindi un segnale di novità.
L’unico punto specificato con una serie di misure da realizzare è quello sul contrasto al traffico umano (par. 10). Mentre riguardo i temi dello sviluppo sono indicati molti settori (par.12), con alcune sottolineature, come quella sulla cooperazione per la transizione energetica (par.11), che per essere affrontati realmente esigono più approfondimenti, specificazioni e soprattutto risorse.
A questo proposito le conclusioni ripetono più volte l’esigenza di mobilitare finanziamenti. Durante la conferenza si è parlato di un generico fondo di sviluppo, e la Presidente del Consiglio ha evidenziato la disponibilità degli Emirati Arabi Uniti a contribuire con 100 milioni di dollari. Tutto viene quindi rimandato ad una prossima conferenza dove discutere del piano di azione e dei finanziamenti, che verrà ospitato dalla Tunisia.
Le conclusioni indicano l’esigenza di creare partenariati inclusivi e la Presidente del Consiglio ha sottolineato che i paesi africani saranno protagonisti e decideranno degli investimenti. In questo modo si supera l’approccio del Fondo fiduciario europeo per l’emergenza in Africa, che coinvolgeva i paesi africani solo come osservatori. Ma rimane la questione di capire come equilibrare il peso dei paesi donatori con quello dei paesi che ricevono gli aiuti. Quale sarà la cabina di regia e il meccanismo decisionale?
Le conclusioni meritano dunque un approfondimento su alcune questioni sistemiche e di coerenza come si indica successivamente. Emergono infatti diversi punti da qualificare, e su cui la società civile deve chiedere un confronto per contribuire a stabilire orientamenti diretti a garantire i diritti umani e la dignità umana nel piano di azione del processo di Roma, che si tradurrà anche nel Piano Mattei che verrà presentato alla conferenza Italia-Africa di Novembre.
Nelle conclusioni si scrive di finanziamenti adeguati (par. 16), la Presidente al Consiglio ha indicato gli impegni italiani (1 miliardo di euro di aiuti verso l’Africa), ma purtroppo ad una attenta analisi dei dati, come evidenziato dalla Campagna 070 (home – campagna 070) e con il progetto Generazione Cooperazione (Home page – ECG Project (focsiv.org)), l’aiuto pubblico allo sviluppo italiano è solo allo 0,32% del reddito nazionale lordo, ben al di sotto dell’obiettivo dello 0,7% stabilito nell’Agenda 2030. Inoltre, le conclusioni evocano strumenti e programmi di finanziamento efficaci (par. 14), ma su questo occorre fare una analisi approfondita di quali funzionano e su quali quindi investire.
Sempre riguardo la questione finanziaria, non viene toccato il problema del debito dei paesi africani, che rappresenta un grande peso per le economie e società locali. Il Presidente tunisino nel suo intervento ha chiesto la creazione di uno strumento finanziario multilaterale, con un implicito riferimento al superamento del ruolo del Fondo monetario internazionale. Il Governo italiano dovrebbe dunque definire una sua posizione al riguardo rafforzando la legge 25/2000, le iniziative sul debito e la riforma dell’architettura finanziaria internazionale.
Allo stesso modo occorre approfondire la questione della finanza per il clima. Le conclusioni indicano oltre ai finanziamenti per la mitigazione e l’adattamento anche quelli per le perdite e danni (par. 12). L’Italia ha il fondo per il clima che riguarda mitigazione e adattamento ma non perdite e danni. Un fondo che peraltro deve essere ancora attivato. D’altra parte continuano i finanziamenti pubblici, in particolare di SACE, per operazioni di estrazioni di idrocarburi in Africa, eludendo l’accordo firmato alla COP26 di Glasgow che impegna l’Italia a terminare questo tipo di finanziamenti.
Le conclusioni fanno più volte riferimento all’esigenza di integrare il processo di Roma in agende e iniziative multilaterali, regionali e bilaterali. Si fa riferimento all’Agenda 2030 e anche all’Agenda africana (par. 8) ma, proprio sulle migrazioni, non si accenna all’importanza di firmare e partecipare al Global compact sulle migrazioni.
Inoltre, così come vi sono diverse indicazioni sulle misure specifiche di cooperazione per il contrasto al traffico umano, occorre stabilire le misure per il sostegno ai diritti umani dei migranti e allo stato di diritto, visti i numerosi problemi esistenti.
Nelle conclusioni si citano la società civile e le diaspore, per le quali è importante stabilire i meccanismi di coinvolgimento nel processo di Roma, nel piano di azione (par. 17), nel prossimo incontro in Tunisia (par.21), assicurando che vi sia la partecipazione delle organizzazioni locali che lottano per i diritti umani.
Altrettanto rilevante è affrontare la questione della coerenza tra le politiche secondo i principi indicati (par. 3) (si veda il rapporto Il rapporto Migrazioni e Sviluppo Sostenibile – Focsiv, che rappresenta ad oggi l’analisi più comprensiva della relazione tra migrazioni e sviluppo sostenibile). In tal senso è indispensabile che il Governo attivi il Comitato interministeriale per la transizione ecologica per approvare la nuova Strategia dello sviluppo sostenibile e il relativo Piano di coerenza. Perché è necessario capire, tra le diverse cose, come far sì che i paesi africani possano giovarsi delle catene del valore (par. 12) per l’estrazione dei minerali critici, creando una industrializzazione locale che, se funzionerà, sostituirà le esportazioni italiane ed europee, portando le nostre imprese a trovare nuove specializzazioni. Catene del valore che devono rispettare i diritti umani e l’ambiente, evitando fenomeni come quelli del land grabbing (tipici del modello predatorio) (Pubblicazioni Landgrabbing – Focsiv). E a questo proposito il Governo italiano, per essere coerente, dovrebbe appoggiare un negoziato ambizioso europeo per la nuova direttiva di dovuta diligenza.
Infine, non meno fondamentale per la coerenza delle politiche è la questione del commercio delle armi. Il Presidente tunisino ha enfatizzato come le migrazioni forzate siano causate da guerre che sono alimentate dal nostro commercio di armi. Di conseguenza è necessario trovare un approccio coerente tra politica estera, politica di sicurezza e cooperazione per lo sviluppo sostenibile. Come si vede adottare un modello di sviluppo non predatorio e sostenibile, capace di rispondere al diritto di restare delle persone, richiede una profonda e non indolore trasformazione a “casa nostra”.