Donne, terre e diritti
Oggi diffondiamo il decimo capitolo, a cura di Paolo Groppo ed Emma Siliprandi, del V° Rapporto Focsiv “I padroni della terra. Rapporto sull’accaparramento della terra 2022: conseguenze sui diritti umani, ambiente e migrazioni”, presentato il 28 giugno a Roma nella Sala Capitolare del Senato su iniziativa del senatore Mino Taricco.
INTRODUZIONE
Che le donne soffrano di molteplici discriminazioni combinate legate a ragioni economiche, politiche, giuridiche, culturali e, per completare, di classe, razza e finanche status sociale, è un dato di fatto che, nel mondo occidentale, (quasi) nessuno osa più negare. Per chi lavora e lotta nel mondo della cooperazione allo sviluppo, la discussione sulla questione del femminismo negli ultimi anni si è incentrata principalmente su due aspetti: da un lato il rapporto tra femminismo e ambiente (Daza V., 2019), dall’altro i diritti delle donne in relazione alla terra.
Su quest’ultimo tema, la tesi generale sostiene che un riconoscimento di questo diritto porterebbe a migliori condizioni di vita nel suo insieme per le donne contadine. Partendo da questo secondo aspetto, crediamo ci siano alcune questioni specifiche che vanno considerate: la distinzione tra il riconoscimento giuridico di una rivendicazione e la sua legittimità sociale, e tra il riconoscimento e la sua applicazione. Ci sono questioni di forma che questo diritto dovrebbe prendere (formale o informale), di modalità (diritto individuale o collettivo), di durata (diritto temporale o definitivo) e l’estensione (spaziale e temporale) del diritto di cui stiamo parlando. Le tensioni fra queste questioni, in un contesto storico tiranneggiato fra una tendenza all’accaparramento accelerato delle risorse naturali di buona qualità, e un movimento opposto centrato sui beni comuni e che va al di là della sola dimensione agricola, rendono complesso e difficile trovare delle risposte adeguate. Ultimo, ma non meno importante, il controllo manipolatorio esercitato dalle istanze governative nazionali e internazionali, sulla scia del dominio del pensiero neoliberale e individualista, ha portato a rotture non facilmente conciliabili all’interno dei movimenti femministi, particolarmente nella regione latinoamericana dove più forte e avanzata è la riflessione su questi temi (Schild V., 2016), sul rapporto collaborativo- antagonista con il “potere”. Quindi oltre a riflettere sui problemi, difficile è trovare il “cosa” fare, ma anche “con chi”.