Doppia presenza o doppia assenza?
Fonte VadoinAfrica
Di cosa parliamo quando si tocca il tema dell’identità? Oggi sempre più comunità migranti, richiedenti asilo, rifugiati e persone con background migratorio vivono sfide cruciali quotidianamente. Oltre all’accoglienza, alle difficoltà linguistiche e ai traumi legati al viaggio, mancano ancora – di fronte a società sempre più multietniche- pratiche che promuovano “un’autorappresentazione” degli stessi, senza necessariamente inglobarli in visioni eurocentriche.
Tuttavia, la mancanza di voce e di spazi di espressione non affligge solo i migranti e i rifugiati che riescono a varcare i nostri confini, ma anche quelle categorie sociali particolarmente vulnerabili che, all’interno dei loro stessi Paesi, sono relegate ai margini della società. Un esempio è costituito dai popoli indigeni e dalle minoranze etniche dei Paesi in via di sviluppo, in cui questi attori stanno cercando un ruolo sempre più attivo nell’ambito dei processi decisionali che coinvolgono loro e le risorse di cui vivono. Queste dinamiche sono potenziali detonatori di conflitti legati all’accaparramento delle risorse di terra e di acqua di cui gruppi locali e popoli indigeni sono spesso protettori, ma che al contempo suscitano sempre più l’interesse di governi e attori economici non statali, come le imprese multinazionali.
Per queste motivazioni, dopo le riflessioni e i momenti di formazione e di incontro sul tema a cura di FOCSIV – con il Campo giovani Conflitti e Migrazioni– Riflessioni e testimonianze su guerre e migrazioni – FOCSIV realizzato nel quadro del progetto Volti delle Migrazioni – FOCSIV – Valentina Geraci e Roberta Carbone, due ragazze che hanno partecipato al campo, hanno deciso di approfondire la questione con focus specifici, portando dei loro contributi di riflessione.
Di seguito diamo spazio all’articolo di Valentina in merito alle comunità senegalesi in Italia e in Spagna, rimarcando il loro ruolo di attori sociali nelle cosiddette migrazioni circolari. L’analisi vuole far emergere come questi scambi di nuove conoscenze, nuovi saperi e rimesse economiche si muova anche – e soprattutto- attraverso un ruolo attivo dei singoli e il loro inserimento nel mercato socio-economico che li accoglie.
La rappresentazione di persone con background migratorio nel mondo del lavoro qualificato è tra gli obiettivi del Piano d’Azione dell’Unione europea 2021-2027 e nelle agende di molte organizzazioni internazionali, enti e ong europee. Ma, in questo, qual è il ruolo dei singoli migranti? Ne ha parlato con Abdoulaye Fall, migrante senegalese oggi imprenditore sociale e fondatore di Maingate, riportando la sua esperienza e il suo progetto. In una news successiva divulgheremo il contributi di Roberta Carbone sulla comunità masai e la loro lotta per diritto alla terra.
Doppia presenza o doppia assenza? Il caso della diaspora senegalese
di Valentina Geraci
Introduzione
La migrazione è un fenomeno tanto datato. L’uomo per sua natura si è sempre mosso. Dal continente africano, dove registriamo le prime forme di vita umana, fino alla creazione di Paesi e continenti come li conosciamo oggi. Parlare di migrazione non è affatto facile o intuitivo. A tratti raccontare fenomeni complessi e articolati, oltre che diversi, rischia di minimizzare realtà molto più ricche.
La tesi secondo la quale ogni persona è destinata a vivere in un unico luogo, dentro confini prestabiliti, non sta più in piedi. Sempre di più, ai nostri giorni, le persone sono parte di un mondo interconnesso e ricco di sfide, che offre a ciascuno di noi le vesti di attori in più società, a chilometri di distanza l’una dall’altra. Alle volte non solo come singoli individui, ma anche in una dimensione gruppale. Grazie alla capacità di ritrovarsi qui e là, tra il fisico e il digitale e tra confronto e scambio continuo, la transnazionalità di alcuni percorsi migratori interessa tutti i cittadini, tutti i confini geografici stabiliti e attraverso i quali non si muovono solo persone, mezzi e capitali quanto anche idee, riflessioni e connessioni di cui tutti possiamo beneficiare.
Spesso, ed è il caso della migrazione senegalese che studio da tempo, la migrazione segna l’inizio di un percorso di scambio continuo e di relazioni tra Paese di partenza e Paese d’arrivo. Nel corso degli anni si avviano infatti scambi di risorse, competenze, conoscenze e rimesse economiche e di questo tutti potremmo beneficiarne. Personalmente ed economicamente.
L’importante cambiamento nella fisionomia della popolazione all’interno del nostro Paese suggerisce quindi l’urgenza di aprire gli occhi rispetto a queste tematiche, sempre più attuali. Appare necessario, oltre che doveroso, il riconoscimento di persone con background migratorio come attori del cambiamento e protagonisti delle realtà che vivono. Lo hanno confermato gli interventi seguiti nel corso del Campo giovani Conflitti e Migrazioni a cura di FOCSIV, che, a loro volta, ci hanno permesso riflessioni, confronti ed esempi concreti. Discutere con Syed Hasnain, ex rifugiato afgano e oggi a capo di Unire- Unione Nazionale Italiana per Rifugiati ed Esuli, ha sottolineato la necessità di una loro partecipazione sempre più attiva nelle società ospitanti e per le quali lavorano, collaborano e con le quali interagiscono quotidianamente.
Affinché questo avvenga, ritengo sia sempre più necessario valorizzare la loro presenza anche nel mercato del lavoro qualificato in quanto il lavoro, fondamento della nostra Repubblica, è un aspetto che garantisce non solo una soddisfazione socio-economica ma accompagna la persona nella sua dimensione anche più personale tra relazioni, scambi, condivisione e senso di appartenenza.
Il caso senegalese tra reti, associazioni e legami transnazionali
Per maggiore chiarezza e non volendo in alcun modo generalizzare, mi soffermo su questi temi scrivendo della diaspora senegalese, delle sue associazioni e delle logiche interne alla stessa tra Spagna e Italia. In Spagna e in Italia, i migranti di origine subsahariana lavorano generalmente in settori poco qualificati a causa di diversi fattori. In primo luogo, ritengo che incida la struttura del mercato del lavoro stesso in quanto l’economia spagnola – come quella italiana – si basa principalmente su settori quali l’agricoltura, il settore alberghiero, i servizi e l’assistenza. In secondo luogo, un elemento importante è dettato dal profilo del migrante subsahariano, caratterizzato principalmente da uomini con un livello di istruzione generalmente basso e, a volte, con un alto tasso di analfabetismo. Elemento altrettanto interessante è la natura delle migrazioni africane, che sono generalmente progetti familiari in cui l’invio di rimesse costituisce una priorità per i migranti e rischia in tal senso di limitare le loro possibilità di dedicare tempo e denaro alla propria formazione e alla ricerca di posti di lavoro più qualificati.
Un altro fattore non meno importante, all’interno di un quadro sociale non ancora al passo con i tempi, è l’aspetto normativo che mantiene la maggior parte dei nuovi arrivati in una situazione di irregolarità, limitandone l’accesso a posti di lavoro pubblici perché privi di cittadinanza (spagnola o italiana) per parecchi anni.
Nel caso specifico italiano, oggi la diaspora senegalese gode di un buon livello di integrazione nel mondo del lavoro da un punto di vista quantitativo e a confronto con le altre comunità straniere residenti nel Paese, ma critiche sono mosse dall’associazionismo migrante tanto a livello qualitativo quanto, più nel dettaglio, rispetto a quelle dinamiche più imprenditoriali o transnazionali che stanno maturando negli anni. Facendo fede a un’analisi promossa dal Ministero del lavoro e delle politiche giovanili nel 2020, non considerando cambiamenti legati alla pandemia da Covid 19, emerge una restituzione interessante. Tra i lavoratori senegalesi in Italia, più dell’80% possiede unicamente il titolo della licenza media (81%), intorno al 14% un titolo di scuola secondaria di secondo grado e solo il 6% si è impegnato in studi successivi. Tra i settori delle attività economiche che coinvolgono maggiormente la diaspora senegalese si registrano, in ordine, il settore industriale, il mondo del commercio e della ristorazione, il settore dei trasporti e dei servizi alle imprese e, infine, quello primario. Un buon numero di senegalesi in Italia si registra anche nel settore della sicurezza e della vigilanza presso edifici, banche e negozi. Risulta invece scarso il loro coinvolgimento nei servizi pubblici, sociali e rivolti alle persone.
Lo studio evidenza, inoltre, delle difficoltà quali le questioni puramente salariali, il posizionamento delle donne nel mondo del lavoro e una questione di empowerment femminile, la lotta alle logiche esclusivamente assistenzialiste e la volontà di beneficiare del potenziale frutto delle relazioni transnazionali. Rispetto a queste, le associazioni migranti senegalesi rispondono, infatti, proponendo e presentando idee, tavole rotonde, progetti e chiedendo maggiore coinvolgimento.
A sentir l’eco di queste richieste in Italia ci sono sempre più realtà che vogliono rispondere. L’evento “Voce alla diaspora”, un ciclo di incontri organizzato dalla Direzione Generale dell’Immigrazione e delle Politiche di Integrazione, ha messo in luce i benefici di una connessione anche tra l’Italia e le comunità senegalesi, ricordando le strette relazioni storico-economiche tra i due Paesi. Su questa scia anche tanti altri programmi si sono strutturati, oltre che il prezioso lavoro di enti formatori, istituzioni e organizzazioni non governative.
La sfida del progetto Maingate, dal Senegal a Barcellona
Da queste iniziative e tenuto conto del piano d’Azione dell’Unione europea 2021-2027 sul tema della migrazione e dell’integrazione dei migranti nel mondo del lavoro qualificato, ritengo in questa sede interessante accennare al ruolo attivo, come protagonisti e attori sociali, di persone con background migratorio. Per mantenere il cuore dell’attenzione sul Senegal, rispetto ai miei contatti e alla mappatura che nel corso degli anni ho costruito, appare interessante la sfida che prende piede in Spagna e che ha come protagonista un ex migrante senegalese, oggi imprenditore sociale a Barcellona in Catalogna.
Lui è Abdoulaye Fall. È originario del Senegal e vive in Spagna ormai da più di vent’anni. Fin da bambino, è stato consapevole delle principali sfide del suo ambiente e coinvolto in iniziative che cercano di fornire soluzioni a vari problemi nel campo dell’istruzione, della salute, della povertà. Quando ha ultimato gli studi universitari all’Università Cheikh Anta Diop di Dakar, in Senegal, ha deciso di emigrare a causa della mancanza di opportunità di lavoro e il destino ha fatto sì che la Spagna fosse la sua destinazione. Quando arrivato, è stato privo di documenti per quasi due anni e ha dovuto fare i lavori più disparati (venditore ambulante, assistente ai pallet, lavapiatti nei ristoranti, lavoratore in locali notturni, insegnante privato di francese e inglese) per sopravvivere e aiutare la famiglia in Senegal. Nel 2006 ha però ottenuto una borsa di studio dalla Fondazione dell’Università Autonoma di Barcellona nell’ambito del programma “Immigrazione e Università” il cui scopo era quello di aiutare gli stranieri extracomunitari che vivono in Spagna a compiere studi post-laurea. La borsa di studio gli ha permesso di fare un master di primo livello e un secondo in Gestione dell’immigrazione per poi accedere ad un dottorato in demografia, finito nel 2017. Dal 2014, lavora come direttore di programma di Asociación de Comunidades Autofinanciadas (ACAF), un’organizzazione no profit che promuove l’inclusione finanziaria dei gruppi vulnerabili e con basso reddito e oggi è il fondatore di Maingate.
Maingate è uno spazio che si propone di motivare, informare e accompagnare migranti di origine subshariana nei loro percorsi di riconoscimento delle proprie competenze, nell’arricchimento accademico e formativo e nella ricerca di lavoro qualificato. Per far sì che questo avvenga, il progetto si struttura con varie alleanze strategiche, tra le quali quella con l’Universitat Oberta de Catalunya (per la convalida e l’accesso all’università), con la Fondazione Barcelona Actúa (per le borse di studio) e con alcune aziende private (per il collocamento qualificato).
Maingate è sicuramente un progetto ambizioso ma necessario in quanto crede fortemente nella capacità dei migranti di aggiungere valore con il loro contributo all’economia delle loro comunità di origine e a quelle delle società d’accoglienza. Grazie alla sua esperienza personale, alle difficoltà vissute e al desiderio di supportare i suoi connazionali, Abdoulaye Fall è oggi parte anche del Gruppo di esperti sulla migrazione per la Commissione europea e, in questo suo attivismo, alza la voce a favore di chi subisce da anni passivamente realtà ormai troppo strette in un mondo sempre più globalizzato e interconnesso come il nostro.
Valentina Geraci Laureata in Relazioni internazionali e studi europei, oggi è una ricercatrice indipendente ed esperta di relazioni Senegal – Italia. Ha collaborato e collabora con gli Uffici Stampa di alcune Ong, oltre che con riviste nazionali e internazionali (online e offline) su temi quali diaspore, associazionismo migrante e migrazioni circolari/transnazionali. È analista nell’area Flussi Migratori per il Centro Studi AMIStaDeS, collabora con progetti di imprenditoria sociale di migranti senegalesi all’estero e con VadoinAfrica, la community italofana di imprenditori e professionisti tra l’Italia e il continente africano.