“E se noi fossimo loro? L’accoglienza dei rifugiati in Slovenia”
Come stimato dall’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), ogni due secondi c’è una persona che è forzata a spostarsi per fuggire dai conflitti e da persecuzioni. Negli ultimi anni si registra una tendenza all’aumento delle migrazioni forzate per la violazione di diritti umani fondamentali, per le crisi umane e ambientali. Le guerre che si protraggono per anni provocano spostamenti di massa.
Di fronte a questo fenomeno l’Europa ha chiuso le porte dopo la crisi del 2015. Le soluzioni cosiddette durevoli prevedono: il reinsediamento dei profughi in altri paesi, l’integrazione dei profughi nei paesi vicini di accoglienza (ad esempio Giordania, Libano e Turchia vicini alla Siria), il ritorno del paese da cui si è fuggiti (ma solo quando le condizioni lo permettono). I reinsediamenti sono gestiti dall’UNHCR e sono possibili se gli Stati (dal Canada, all’Europa all’Australia) mostrano disponibilità ad accogliere i rifugiati. Gli Stati forniscono protezione ed integrazione, consentono ai rifugiati di rifarsi una vita.
L’Unione europea ha proposto ai suoi Stati membri in questi anni dei programmi per il reinsediamento e per la ricollocazione di richiedenti asilo sbarcati in Italia e Grecia con meccanismi di emergenza temporanei (in modo da superare il rifiuto di alcuni Stati). In questi anni sono state reinsediate alcune decine di migliaia di richiedenti asilo, ma in misura inferiore rispetto a quanto proposto dalla Commissione europea.
In questo quadro il governo Sloveno ha accolto 218 persone dall’Italia, 349 dalla Grecia e 20 da paesi terzi, nel periodo 2015-16. Il 4 agosto il governo decise di offrire una nuova quota per 60 persone, istituendo un comitato interministeriale per coordinare l’accoglienza. L’UNHCR ha quindi proceduto al reinsediamento di 67 persone, 13 famiglie, dalla Turchia. A sua volta, nel 2017, il Ministero dell’Interno ha creato una task force di esperti per seguire il reinsediamento, in collaborazione con l’EASO (l’Ufficio europeo per il sostegno all’asilo). Gli esperti hanno lavorato con l’Organizzazione mondiale delle migrazioni (OIM) per istituire una missione di selezione dei richiedenti asilo, a cui è seguita l’operatività per l’accoglienza.
In totale sono state accolte 253 persone, di cui 34 siriani, pari al 44% della quota messa a disposizione dalla Slovenia. A 234 è stato riconosciuto lo status di rifugiati, ad altri la protezione sussidiaria, mentre a 5 persone non è stata concessa protezione e per 3 è stato fermato il riconoscimento. Nell’agosto del 2018 si è concluso il programma per il reinsediamento e la ricollocazione. Dopo il riconoscimento della protezione, le persone sono state seguite con dei programmi di apprendimento della lingua slovena, delle leggi e sulla cultura locale. Questi programmi personalizzati sono stati implementati da una ONG slovena selezionata a seguito di un bando.
In conclusione l’esperienza slovena è abbastanza limitata. Povod sostiene, quindi, che il governo dovrebbe rafforzare il suo impegno per il reinsediamento e per la ricollocazione, considerata la tendenza all’aumento dei profughi e l’importanza di attuare gli obiettivi di sviluppo sostenibile, e di far si che vengano rispettati i diritti umani, perché “noi potremmo essere loro”.
Qui in allegato è scaricabile il caso studio realizzato da Povod, partner del progetto Volti delle Migrazioni.