Emergenza KURDISTAN: il futuro è con i profughi
È solo un giro di boa, mentre il vento dell’emergenza continua a spirare forte sul Kurdistan sperando che gli appelli di papa Francesco e l’attenzione mediatica, aiutino a scrivere una nuova pagina di solidarietà internazionale. Una corsa contro il tempo, da quando il 19 ottobre – in rete e sul numero speciale di Avvenire per la beatificazione di Paolo VI – è comparso il logo «Emergenza KURDISTAN. Non lasciamoli soli».
Un cantiere aperto che non lascia il tempo a facili entusiasmi, ma solo quello necessario per puntare una bandierina: «Superato il primo obiettivo: 104mila euro. Grazie», si legge sul sito della campagna (www.avvenire.it/emergenzakurdistan) per il traguardo raggiunto. Donazioni che al momento hanno raggiunto 160mila euro, e rendono più vicino il nuovo traguardo: «Per affrontare l’emergenza freddo: nuovo obiettivo 260mila euro». Perché, avviato in autunno il progetto, è ora il lungo inverno a dover passare. La raccolta fondi, dal primo gennaio, proseguirà con i canali tradizionali puntando a coinvolgere maggiormente i donatori istituzionali, tenendo ovviamente sempre aperta la porta ai contributi di singoli, circoli, parrocchie.
Un giro di boa e un primo bilancio operativo: dal 27 settembre, FOCSIV ha avviato il suo progetto con due cooperanti italiani, un collaboratore locale e 15 profughi che operano come animatori. Ankawa Mall, la struttura in cemento armato, di un centro commerciale in costruzione davanti alla cattedrale di San Giuseppe, convertito in centro d’accoglienza il primo luogo d’intervento: 408 famiglie, 1660 persone – tutti profughi da Qaraqosh e Bartalla – ricoverate in micro-stanzette di 10 metri quadrati con le pareti in lamierino.
Ridare il sorriso ai bambini e sollievo alle famiglie la prima preoccupazione: animazione dei ragazzi per ricreare il senso della comunità, sviluppare quella che gli psicologi chiamo “resilienza”, attraverso attività ludico ricreative (giochi di squadra, danze popolari, karaoke e teatro). Un modo anche di accostare gli adulti e rendersi conto della situazione realmente vissuta dopo mesi di esilio forzato. Così, in una quarantina di interventi, richiesti progressivamente anche da altri 7 campi o strutture ad Ankawa (il sobborgo cristiano della capitale del Kurdista Erbil) e altri due campi fuori città (Kaznazan e Shaklawa), sono stati raggiunti complessivamente 5.389 sfollati, di cui 1.844 minori.
La prima, evidente necessità, è stata la distribuzione di kit igienico sanitari per donne, bambini e anziani: 950 confezioni di pannolini distribuite, 648 di assorbenti, 150 scatole di latte in polvere. A gruppi di famiglie, in particolare disagio, sono stati donate 11 cucine e 2 fornelli a gas.
Ma è stato l’arrivo dell’inverno, con un previsto dalle Nazioni Unite da 173 milioni di dollari per tutto l’Iraq, che ha mostrato in realtà tutto l’affanno e la lentezza delle grandi agenzie Onu: stufe al kerosene distribuite qua e là, ma con il primo carburante comparso solo in qualche caso fortunato a fine dicembre; generatori di corrente in funzione solo a sprazzi e incapaci di garantire l’accensione di stufe elettriche.
Il team Focsiv, contattati i responsabili dei singoli campi e stilando delle liste accurate per ogni capo famiglia, hanno consegnato 250 giacconi, 100 paia di calze, scarpe e abiti ad oltre 250 persone. Tre fornelli da campo sono stati consegnati a tre campi, mentre sono state consegnate 10 stufette a kerosene.
Seguendo le segnalazioni della Chiesa locale sono state individuate delle soluzioni abitative alternative per 12 famiglie con un handicappato grave a carico mentre sono state segnalate 35 famiglie in grossa difficoltà a un donatore istituzionale che chiedeva a un operatore sul campo di fare da garante.
A gennaio sarà pure ufficialmente aperta la nuova sede dei cooperanti Focsiv, più ampia e in grado di ospitare personale in missione. Un quartier generale in cui poter progettare la ricostruzione. Intanto nei primi tre mesi, grazie a 600 donazioni popolari, una luce di speranza ha attraversato il Mediterraneo. Nel 2015, con l’appoggio anche delle isituzioni, vuole divenire un ponte di solidarietà stabile e duraturo. Per non abbandonare a se stesso il Kurdistan e i suoi milioni di profughi.
Fonte: Avvenire