Flussi finanziari negativi dai Paesi in via di sviluppo
Fonte immagine Facebook /finanza.mercati/
Ufficio Policy Focsiv -Continuando a parlare sul tema della finanza per lo sviluppo dei paesi del Sud del mondo, come visto di recente con l’articolo Per un trattato internazionale sul debito, osserviamo il lavoro di analisi di ONE Data and Analysis | Home rispetto alla circolazione di capitali verso i Paesi in via di sviluppo.
A partire dagli anni 2000, questi flussi finanziari sono aumentati significativamente, alimentati da investimenti nei mercati emergenti e da un incremento degli aiuti del G7. I bassi tassi di interesse hanno spinto questi paesi ad accumulare debiti, ma con l’arrivo della pandemia e l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, la situazione è peggiorata drammaticamente, portando a un aumento significativo dei costi di servizio del debito e una drastica riduzione degli afflussi di capitale.
Nel 2022, 26 paesi hanno già sperimentato trasferimenti netti negativi (vedi grafico sotto), il che significa che hanno pagato più per il servizio del debito di quanto abbiano ricevuto in nuovi finanziamenti. Le previsioni indicano che il trasferimento crescerà ulteriormente entro il 2025, con un possibile incremento delle pressioni finanziarie su questi paesi.
Il debito complessivo dei paesi in via di sviluppo è già più che raddoppiato dal 2009, e il costo del servizio del debito è aumentato: nel 2022, i paesi in via di sviluppo hanno pagato 294 miliardi di dollari per il servizio del debito, cifra che si prevede aumenterà a 358 miliardi entro il 2024.
Fonte immagine Net finance flows to developing countries turned negative in 2023
I prestiti ottenuti da paesi come la Cina e da creditori privati presentano tassi di interesse molto più elevati rispetto ai debiti pubblici o multilaterali, rendendo la situazione finanziaria ancora più gravosa. Nonostante i paesi in via di sviluppo abbiano infatti livelli di debito/PIL inferiori rispetto ai paesi del G7, il rischio percepito più elevato di questi prestiti rende il servizio del debito molto più costoso.
Inoltre, gli afflussi di capitale verso i paesi in via di sviluppo sono ormai in declino: i prestiti cinesi all’Africa sono diminuiti del 70% dal 2016, passando da 20,9 a 6,3 miliardi di dollari nel 2022, così come si sono dimezzati i flussi di prestiti privati nello stesso periodo, da 257 miliardi di dollari a 126 miliardi, principalmente a causa dell’aumento dei tassi di interesse e delle difficoltà nel settore bancario. Questa situazione ha gravemente compromesso la capacità di questi paesi di finanziare progetti di sviluppo e affrontare le sfide economiche e climatiche in corso.
Allo stesso tempo, gli aiuti esteri vengono sempre più spesso dirottati verso altre crisi globali, come il conflitto in Ucraina (1/4 degli aiuti ufficiali nel 2022 sono stati destinati all’Ucraina), e ai rifugiati nei paesi donatori (nel 2023, il 19% degli aiuti non ha mai lasciato questi paesi). Ciò ha provocato una riduzione degli aiuti destinati ai paesi africani e ai paesi meno sviluppati, mettendoli in difficoltà, ed è previsto che ci sarà un ulteriore taglio pari quasi a 9 miliardi di dollari da parte di paesi come Francia, Germania e Stati Uniti.
Queste tendenze creano una crisi profonda nei paesi in via di sviluppo, aggravata dall’aumento del debito e dalla riduzione della spesa pubblica in settori cruciali come sanità, istruzione e protezione sociale (vedi I giochi del debito); per di più, per la prima volta da una generazione, la povertà estrema e la fame stanno aumentando, e con essi aumentano anche il rischio di conflitti interni e le migrazioni. Inoltre, la contrazione degli investimenti ostacola la transizione energetica e la costruzione di resilienza agli shock climatici, due settori chiave per lo sviluppo sostenibile.
La credibilità dei paesi del G7 e delle istituzioni finanziarie internazionali potrebbe essere ulteriormente danneggiata se questa tendenza non viene invertita.
Per risolvere queste sfide, la Campagna ONE propone tre misure principali.
- la riforma delle banche multilaterali di sviluppo per sbloccare fino a 1.000 miliardi di dollari di finanziamenti a basso costo entro il 2030, sfruttando meglio i bilanci esistenti e utilizzando i diritti speciali di prelievo del FMI come capitale ibrido (vedi Le banche di sviluppo devono cambiare il modo di finanziare lo sviluppo),
- l’aumento degli investimenti nei paesi a basso reddito, proponendo di triplicare le dimensioni del fondo IDA della Banca Mondiale e di aumentare i contributi dei donatori, ovvero l’aiuto pubblico allo sviluppo, del 25%.
- un’accelerazione della riduzione del debito, con una riforma del Quadro comune del G20 (vedi Verso una nuova grande crisi del debito internazionale) per renderlo più efficiente e accessibile, garantendo sospensioni immediate del debito per i paesi in difficoltà.
Queste riforme sono considerate essenziali per invertire la rotta e permettere ai paesi in via di sviluppo di costruire una maggiore resilienza economica e climatica. L’azione rapida da parte dei ministri delle Finanze del G20 è cruciale per evitare che questa crisi si aggravi ulteriormente, peggiorando la povertà globale e le disuguaglianze: solo con un impegno politico deciso e riforme strutturali sarà possibile migliorare le prospettive di sviluppo e fornire una risposta adeguata alle sfide economiche e climatiche che i paesi in via di sviluppo affrontano oggi.