Gestire la mobilità climatica mitigando l’esternalizzazione

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Ufficio Policy Focsiv- Oggi, più che mai, ci troviamo di fronte a una realtà in cui i cambiamenti climatici non solo influenzano il nostro ambiente, ma plasmano anche profondamente le dinamiche sociali ed economiche del mondo in cui viviamo. Il risultato più evidente di questa crisi è la mobilità climatica: sempre più persone sono costrette a migrare per sfuggire alla devastazione ambientale.
Questo fenomeno ha conseguenze significative sia per le comunità di origine, che perdono risorse umane mentre devono affrontare ulteriori pressioni sulle risorse rimanenti, sia per le comunità di destinazione, che devono affrontare sfide legate all’integrazione e alla gestione dei flussi migratori. Secondo un recente rapporto della Banca Mondiale, entro il 2050 circa 216 milioni di persone saranno costrette a spostarsi dentro i loro Paesi a causa del cambiamento climatico. Il rapporto sottolinea inoltre che un’azione immediata e coordinata per ridurre le emissioni di gas serra globali e sostenere uno sviluppo verde, inclusivo e resiliente potrebbe ridurre la scala della migrazione climatica fino all’80%.
Di fronte a questa emergenza, Eleonora Milazzo e Helena Hahn, due ricercatrici esperte nel campo delle sfide globali legate alla migrazione, al cambiamento climatico e alla sicurezza, propongono un approccio innovativo: il cosiddetto nexus. Questo approccio mette in luce le connessioni tra politiche ambientali, migratorie, umanitarie e di sviluppo, per comprendere come le decisioni e le azioni in un settore possano influenzare altri settori.
Una delle chiavi del successo dell’approccio del nesso risiede nella sua capacità di integrare le politiche settoriali in una visione più ampia e interdisciplinare. Questo permette non solo di individuare le priorità comuni e gli obiettivi condivisi tra settori diversi, ma anche di sviluppare risposte più coerenti, efficaci e coordinate che tengano conto delle molteplici dimensioni della mobilità climatica.
Un altro vantaggio dell’approccio del nesso è la sua capacità di massimizzare l’efficienza e l’impatto delle risorse disponibili. Consolidando le risorse e le competenze di diversi settori, è possibile ottimizzare l’utilizzo delle risorse e ridurre i costi operativi, consentendo una maggiore efficacia delle iniziative volte ad affrontare la mobilità climatica.
Infine, l’approccio del nesso promuove la collaborazione e il partenariato tra attori diversi, inclusi governi, organizzazioni internazionali, società civile e settore privato. Attraverso la cooperazione e il coordinamento tra diversi attori, è possibile sviluppare soluzioni più inclusive e condivise che rispondano alle esigenze delle comunità colpite dalla mobilità climatica.
Nell’ambito della sua azione esterna, l’Unione Europea potrebbe adottare questa metodologia per implementare un sistema unificato anziché frammentato, coordinando così le proprie politiche climatiche, di sviluppo, umanitarie e migratorie verso obiettivi comuni. È necessario un cambiamento profondo nel modo in cui governi e organizzazioni si impegnano a risolvere questa sfida. L’azione urgente e coordinata è essenziale per evitare una crisi umanitaria senza precedenti.
Mobilità climatica e policrisi
Nell’attuale panorama globale, ci troviamo di fronte a una serie di crisi interconnesse, che si alimentano reciprocamente. Questo periodo, noto come l’epoca della Policrisi, mette in evidenza l’interconnessione tra una vasta gamma di problemi ambientali, socioeconomici e di sicurezza. Dai cambiamenti climatici alle disuguaglianze economiche, dall’instabilità politica alle pandemie globali, nessuna di queste sfide può essere affrontato in modo isolato.
Uno degli elementi chiave di questa policrisi è il cambiamento climatico, un motore sempre più potente delle migrazioni. Secondo il rapporto Groundswell della Banca Mondiale, il cambiamento climatico potrebbe spingere circa 216 milioni di persone in sei regioni del mondo a spostarsi entro il 2050. Questo fenomeno, noto anche come mobilità climatica, rappresenta una diretta conseguenza dei cambiamenti climatici, con effetti che si riflettono sulla stabilità socioeconomica e sulla sicurezza.
Impatti della crisi climatica sulla migrazione
Gli impatti della crisi climatica possono avere conseguenze dirette e indirette sulla migrazione forzata. Direttamente, i cambiamenti climatici possono causare eventi estremi che distruggono le risorse naturali essenziali per la vita umana, costringendo le persone a lasciare le proprie case in cerca di condizioni di vita migliori. Indirettamente, possono contribuire ad aggravare problemi socioeconomici preesistenti, come la povertà, l’insicurezza alimentare e l’instabilità politica, tutti fattori che possono spingere le persone a migrare. Questo significa che il cambiamento climatico agisce come un “moltiplicatore di rischio” che amplifica gli effetti di altri fenomeni, tra cui i conflitti, l’accesso limitato all’energia, la perdita di mezzi di sussistenza e l’insicurezza alimentare.
Attualmente, l’Unione Europea si trova ad affrontare il complesso tema della mobilità climatica attraverso una serie di obiettivi politici separati, il che ha portato a risposte emergenziali anziché adottare un approccio integrato nel lungo termine. Questo approccio frammentato ha generato tensioni politiche significative, evidenziando le difficoltà dell’UE nel gestire efficacemente la questione. Con la revisione del bilancio in corso e l’inizio di un nuovo ciclo istituzionale quinquennale, diventa chiaro che la capacità dell’UE di affrontare questa sfida sarà ulteriormente messa alla prova.
L’approccio del nesso
Eleonora Milazzo e Helena Hahn, due ricercatrici esperte nel campo delle sfide globali legate alla migrazione, al cambiamento climatico e alla sicurezza, hanno collaborato per redigere un articolo che offre un contributo significativo sull’importanza dell’approccio del Nexus e della sua potenziale applicazione per una risposta integrata alla mobilità climatica. L’approccio del Nexus è un metodo di lavoro che mira a una risposta meno settoriale alla mobilità climatica, considerando le interconnessioni tra ambiente, sviluppo, sicurezza e migrazione anziché affrontare ogni aspetto separatamente.
Questo metodo è diventato un punto di riferimento consolidato nella cooperazione umanitaria, essendo stato adottato da attori umanitari, dello sviluppo e per la costruzione della pace, per superare i silos politici e individuare obiettivi comuni, il che consente una migliore identificazione delle priorità condivise e garantisce risposte efficaci. Secondo una ricerca recente condotta presso l’European Policy Center, l’approccio del Nexus potrebbe portare a una risposta meno settoriale alla mobilità climatica, ma sottolinea tre tensioni politiche che l’UE dovrà affrontare per raggiungere una maggiore coerenza in questo ambito. Per essere efficace, richiede una buona gestione e coordinamento politico, istituzionale e operativo (ad esempio tra le agenzie delle Nazioni Unite o le direzioni della Commissione europea) e un chiaro progetto su come allineare gli obiettivi politici.
Lo studio propone una risposta climatica dell’Unione Europea che comprende tre obiettivi politici principali:
- Protezione come azione preventiva per ridurre il rischio di sfollamento causato da eventi catastrofici. Garantire l’accesso alla protezione consente alle persone colpite dai cambiamenti climatici di avere rifugi sicuri e assistenza umanitaria (politica umanitaria). L’obiettivo è ridurre il rischio di catastrofi e aumentare la resilienza climatica, proteggendo le persone e l’ambiente.
- Sicurezza per affrontare i problemi in materia di sicurezza legati ai conflitti e all’instabilità è un altro obiettivo chiave dell’Unione Europea. Attraverso la politica migratoria e la politica di sviluppo, l’UE dovrebbe utilizzare i finanziamenti per lo sviluppo (NDICI) per gestire la migrazione e affrontarne le cause profonde.
- Sostenere la migrazione come forma di adattamento: la migrazione dovrebbe essere vista non solo come un problema, ma anche come una strategia di adattamento legittima per le persone che devono affrontare gli effetti negativi del cambiamento climatico. Tuttavia, c’è il rischio che questi obiettivi, soprattutto gli approcci politici per raggiungerli, possano entrare in conflitto o addirittura indebolirsi reciprocamente, ostacolando così un migliore coordinamento delle politiche (Figura1).
Figura 1: Utilizzo dell’approccio del Nexus per sviluppare una risposta dell’UE più coerente alla mobilità climatica

Fonte: Hahn & Fessler, L’approccio dell’UE alla mobilità climatica: quale via da seguire? Bruxelles: Centro di politica europea, 2023.
Tre tensioni politiche nell’approccio dell’UE alla mobilità climatica
1. Riduzione del rischio di catastrofi e resilienza climatica
La politica umanitaria dell’UE non riguarda solo l’assistenza a seguito di catastrofi naturali, ma si concentra principalmente nella riduzione del rischio di catastrofi e nella resilienza climatica, includendo azioni preventive per ridurre il rischio di sfollamento delle comunità vulnerabili. Tuttavia, rimangono sfide aperte su come supportare le persone sfollate a lungo termine e gestire la migrazione nel contesto dei cambiamenti climatici.
2. Gestione della migrazione
La gestione della migrazione è un campo complesso che richiede un equilibrio tra le priorità strategiche a lungo termine dell’Unione Europea, come la promozione dei diritti umani e la riduzione della povertà, e le risposte immediate alle sfide migratorie. Questo approccio settoriale può causare una mancanza di coordinamento e divergenze tra politiche nazionali e comunitarie.
Nell’ambito della sua azione esterna, l’Unione Europea sta attuando un approccio più ampio e integrato, noto come “Nexus thinking”, per comprendere l’interazione tra clima e sicurezza. Questo approccio mostra come i cambiamenti climatici possano influenzare direttamente aspetti cruciali come l’insicurezza alimentare, la scarsità d’acqua e il degrado del suolo, fattori cruciali per il sostentamento delle persone.
Nonostante l’impegno nel comprendere il legame tra clima e sicurezza, in Europa c’è una tendenza a considerare la migrazione principalmente da una prospettiva di sicurezza e controllo, anziché comprendere le complesse interconnessioni tra migrazione, cambiamenti climatici e degrado ambientale.
Attualmente, l’Unione Europea si trova di fronte a una situazione difficile: da un lato, deve proteggere le persone dai rischi climatici e mitigarne gli effetti; dall’altro, deve ridurre il volume della migrazione. Ma raggiungere entrambi gli obiettivi contemporaneamente può essere complicato, poiché le azioni volte a prevenire la migrazione possono entrare in conflitto con quelle che proteggono dalle conseguenze del clima.
La tendenza a considerare la migrazione solo come un problema di sicurezza porta spesso a politiche e misure mirate principalmente a controllare i confini e a gestire i flussi migratori in base a criteri di sicurezza nazionale. Questo approccio può rischiare di trascurare altre importanti questioni socio-economiche, come la carenza di manodopera, che è un problema significativo in molti paesi europei.
Di fronte a questa situazione, molti paesi europei stanno rivolgendo lo sguardo all’estero per reclutare professionisti qualificati e lavoratori in settori specifici per colmare il deficit di manodopera. Tuttavia, se la politica migratoria rimane orientata esclusivamente alla sicurezza, potrebbero esserci restrizioni che limitano anche l’ingresso di lavoratori necessari, rallentando così la risposta alla carenza di manodopera e compromettendo il potenziale economico dei paesi interessati. Pertanto, un approccio più bilanciato che tenga conto sia della sicurezza che delle esigenze socio-economiche potrebbe essere più vantaggioso nel lungo termine.
3. Approccio alle cause profonde
Attualmente, l’Unione Europea affronta principalmente la migrazione attraverso la politica di sviluppo, investendo in progetti mirati a ridurre le cause sottostanti come la povertà e la mancanza di infrastrutture, ma trascurando la migrazione come adattamento al cambiamento climatico. Inoltre, nonostante i finanziamenti per lo sviluppo siano maggiori dell’assistenza umanitaria, non è chiaro come affrontino la mobilità climatica.
Sebbene la migrazione come adattamento sia stata ampiamente studiata e riconosciuta come un fenomeno importante, l’UE non ha adeguatamente considerato la migrazione come forma di adattamento nelle sue politiche di cooperazione allo sviluppo e alla migrazione. Ciò può essere attribuito a diversi fattori. In primo luogo, c’è un’attenzione al rafforzamento del controllo delle frontiere nei paesi al di fuori dell’UE per gestire la migrazione, il che può contrastare con gli obiettivi di politica interna dell’UE, come l’espansione della libera circolazione delle persone. Inoltre, c’è un atteggiamento diffuso tra i politici dei paesi del Nord del mondo di presumere che le persone siano più propense a rimanere nelle proprie regioni, nonostante il degrado ambientale.
In questo contesto, gli sforzi per migliorare la resilienza climatica sono cruciali, ma coprono solo una parte delle azioni per il clima e non tengono conto della mobilità climatica.
Benefici del nesso strategico
La ricercatrice Helena Hahn ed Eleonora Milazzo attraverso i vari studi che hanno condotto, suggeriscono una strategia più ampia e coordinata dell’Unione Europea per risolvere le tre tensioni politiche e ottenere una risposta più coordinata e coerente alla mobilità climatica. Il pensiero del nesso strategico utilizzato con successo tra gli attori umanitari, pacifisti e dello sviluppo potrebbe aiutare l’UE a:
– ridurre il divario tra gli aiuti umanitari e quelli allo sviluppo nel contesto della mobilità climatica, riducendo, ad esempio, il rischio di ripetuti sfollamenti dovuti alla mancanza di assistenza a lungo termine, cosa particolarmente impegnativa in contesti fragili;
– moderare gli obiettivi di gestione della migrazione dell’UE con priorità politiche di altri settori, in particolare obiettivi di sviluppo, aprendo opportunità per la migrazione e la cooperazione allo sviluppo che riflettano le mobilità climatiche e siano più allineati con le priorità dell’UE e dei partner;
– riconoscere la migrazione come adattamento al cambiamento climatico e sviluppare politiche e programmi che affrontino questa realtà in modo adeguato.
La migrazione come adattamento al cambiamento climatico non è una soluzione universale, ma rappresenta un tassello mancante nell’approccio dell’UE. Guardandola da un’altra prospettiva, l’idea che la migrazione sia una risposta ai cambiamenti climatici sottolinea ancor di più quanto sia essenziale per l’UE intensificare il proprio impegno per espandere i percorsi legali e investire in soluzioni durevoli.
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