I difetti del Piano Mattei nella strategia italiana per il Congo
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Ufficio Policy Focsiv- Nell’ambito dell’interesse di Focsiv sul tema dell’estrattivismo e del land grabbing (Land Grabbing e Agroecologia – Focsiv) presentiamo di seguito una sintesi del rapporto “Energia in Africa: quali relazioni tra Italia e Repubblica del Congo? “condotto dal think tank Ecco sulla strategia italiana per il Congo in ambito energetico e le conseguenze della dipendenza congolese dai combustibili fossili.
Il Congo è definito da molti come uno “scandalo geologico“, questo paese è un tesoro in termini di risorse naturali, in grado di soddisfare le esigenze di un continente intero. Tuttavia, nonostante la sua ricchezza inestimabile, il Congo si trova intrappolato in un ciclo disastroso di estrattivismo, indebitamento, povertà, disuguaglianze, crisi ambientali e corruzione sistemica. Ad aggravare la situazione da oltre 25 anni c’è la guerra civile, che vede in lotta continua bande criminali per il controllo strategico di alcune importanti zone minerarie. Inoltre, da inizio secolo ad oggi, quasi 600 mila persone sono state vittima di calamità naturali nel Paese, principalmente inondazioni ed epidemie.
La dipendenza economica congolese dai combustibili fossili (il cosiddetto fenomeno della maledizione delle risorse La maledizione delle risorse – Il Sole 24 ORE) comporta un’elevata volatilità della crescita economica, che influisce sugli investimenti privati e sulle prospettive di lungo termine. Se il Congo non si adopererà per diversificare la sua economia e attrarre investimenti per affrontare il cambiamento climatico, potrebbe affrontare perdite economiche significative, fino al 17% del prodotto interno lordo (PIL) entro il 2050. In quest’ottica, Il Congo dovrebbe dirottare gli investimenti su settori non petroliferi come la gestione delle foreste, le energie rinnovabili, l’eco-turismo e l’agricoltura sostenibile, e cercare di sviluppare la propria industria mineraria in modo sostenibile. Inoltre, dovrebbe approfittare del proprio posizionamento come “corridoio naturale” per servire la regione dal punto di vista commerciale, logistico e dei servizi.
Una partnership basata sullo sfruttamento di risorse fossili è inconveniente sotto vari aspetti: danneggia l’economia del Congo, alimentando indebitamento, povertà, corruzione e limita le opportunità di diversificazione economica. Per l’Italia, non è vantaggiosa a causa della diminuzione della domanda di gas e dei rischi finanziari associati; si stima che il 75% dei progetti GNL attualmente in costruzione nello scenario emissioni nette zero entro il 2050, e il 66% nello scenario base delle politiche annunciate e implementate, non riuscirebbero a recuperare il capitale investito. Infine, questo tipo di partnership è in conflitto con gli impegni globali volti a contrastare il cambiamento climatico.
Il Congo: uno scandalo geologico
Il Congo è lo stato più ricco di risorse naturali e minerarie dell’Africa, che vanno dal coltan all’oro, dal petrolio al legno, e una vasta gamma di altri minerali vitali per lo sviluppo economico. Il paese è il terzo produttore africano di petrolio, con riserve di gas naturale certificate che ammontano a 280 miliardi di metri cubi. Dalle sue miniere dipende gran parte della tecnologia mondiale. L’industria del settore è principalmente operata da compagnie petrolifere straniere, tra cui Total, Eni, Aiteo, Perenco e la cinese Wing Wah. Queste compagnie hanno investito ingenti capitali nello sviluppo e nell’estrazione delle risorse petrolifere contribuendo alla creazione e alla crescita dell’industria petrolifera congolese.
Le conseguenze della dipendenza da fonti fossili
L’economia del paese è incentrata sui combustibili fossili, con l’industria petrolifera che domina il panorama economico. La maggior parte delle entrate fiscali dipende dall’industria petrolifera, poiché le esportazioni di petrolio rappresentano il 55% del PIL, l’85% del valore delle esportazioni e l’80% delle entrate del governo.
Tuttavia, l’instabilità del settore petrolifero, influenzata dai cambiamenti nei mercati internazionali e dal declino naturale dei giacimenti, ha reso l’economia del paese vulnerabile agli shock petroliferi e alla volatilità dei mercati. Pertanto, la diminuzione delle entrate dal settore petrolifero comporta tagli significativi ai servizi pubblici e un aumento del debito estero. Il peso del debito estero, soprattutto con la Cina, rappresenta una delle maggiori sfide per il paese, che ha dovuto ricorrere più volte all’intervento del Fondo Monetario Internazionale (FMI) per la sua ristrutturazione. Secondo i dati del FMI, alla fine del 2022, il debito pubblico aveva raggiunto il 92,5% del PIL.
Inoltre, il declino naturale dei giacimenti petroliferi sta spingendo il paese a concentrarsi sullo sfruttamento del gas, senza alcuna strategia climatica a lungo termine né obiettivi in ambito di energie rinnovabili. Questa dinamica sta bloccando una crescita stabile e costante. Senza riforme e cambiamenti, il paese rischia perdite economiche che potrebbero raggiungere il 17% del PIL entro il 2050.
A livello sociale, il Congo, nonostante le ricchezze, resta un paese povero e con un indice del Capitale Umano (HCI) sotto la media rispettoagli omologhi Paesi a basso e medio reddito. Un paese dilaniato dalla guerra civile endemica e della corruzione. La tragica situazione in cui si trova La Repubblica Democratica del Congo non deriva dalle differenze etniche presenti, usate come pretesto, ma gran parte del conflitto riguarda il controllo strategico di alcune importanti zone minerarie. Il territorio è conteso da bande criminali, spesso manovrate da multinazionali straniere per garantire la sicurezza dei loro interessi commerciali. La dipendenza da idrocarburi ha impoverito la popolazione rispetto ai primi anni Settanta, quando il Paese ha iniziato a sfruttare le proprie risorse petrolifere. Nello specifico, l’incidenza della povertà è aumentata leggermente fino a raggiungere una stima del 46,6%. La situazione è stata ulteriormente peggiorata dall’insicurezza alimentare, aggravata dall’incremento dell’inflazione. In termini occupazionali, l’industria estrattiva fossile, non essendo labour intensive, non ha offerto opportunità di lavoro, impedendo di conseguenza lo sviluppo economico locale.
Le conseguenze del cambiamento climatico nel Paese sono devastanti, soprattutto per quanto riguarda la salute pubblica. Da inizio secolo fino ad oggi, quasi 600.000 persone sono state vittima di calamità naturali nel Paese, principalmente inondazioni ed epidemie.
A livello politico, la dipendenza congolese dai combustibili fossili ha un impatto anche in ambito di governance.Secondo Transparency International, il Paese occupa la 164ª posizione su 180 nell’Indice mondiale sulla corruzione. Pertanto, il superamento del sistema basato sui combustibili fossili si rivela una sfida politicamente complessa, poiché la rendita petrolifera e il potere politico sono strettamente intrecciati.
Le relazioni tra l’Italia e la Repubblica Democratica del Congo
I rapporti tra Roma e Brazzaville sono di natura economico-commerciale, in particolare nel settore oil&gas. Questi legami sono stati recentemente rafforzati dagli accordi del 2022 tra il Presidente Sassou Nguesso e Eni per l’avvio delle importazioni di gas naturale liquefatto (GNL) in Italia.
Eni, che è il maggior produttore di gas naturale nel Congo, ha annunciato all’inizio di gennaio 2024 l’estrazione di gas presso la Tango FLNG1, che produrrà il primo carico di GNL entro il primo trimestre del 2024, trasformando così la Repubblica del Congo in un produttore di GNL. L’Italia figura tra i primi partner commerciali europei del Congo, con la presenza di solide realtà imprenditoriali italiane sul territorio, tra cui Eni (dal 1968, principalmente nel settore oil&gas), Renco (dal 1999, coinvolta in progetti di rimboschimento), MSC (dal 2022, impegnata nella logistica per la connessione tra Congo e i mercati asiatici) e SAIPEM (che ha ottenuto un contratto da Eni nel 2023).
Piano Mattei
La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha condotto una missione diplomatica in Africa nell’ottobre 2023, con tappe in Mozambico e Repubblica del Congo. La visita in Congo si colloca nell’ambito del Piano Mattei, il piano strategico del governo Meloni per l’Africa.
La missione diplomatica è stata effettuata un anno e mezzo dopo una precedente visita del governo Draghi, durante la quale sono stati siglati accordi strategici, inclusi quelli nel settore energetico, come parte della strategia di diversificazione delle fonti di approvvigionamento, vista la situazione geopolitica con la Russia.
Nelle intenzioni dell’esecutivo, il Piano Mattei ha un approccio pragmatico, paritario e non predatorio verso i partner africani, focalizzato su vantaggi e benefici reciproci. Di fatto, il piano mira a trasformare l’Africa in un gasdotto per l’Italia e l’Europa e prevede la conversione di milioni di terreni agricoli in coltivazioni per biocarburanti, soprattutto in Rwanda e Congo, dove il tasso di malnutrizione e mortalità per fame è tra i più alti.
Una partnership basata sullo sfruttamento di risorse fossili ha tre difetti di base: in primo luogo, rappresenta un pessimo investimento per l’economia del Congo, che va ad alimentare un circolo vizioso di indebitamento, povertà, disuguaglianze e corruzione; allo stesso tempo limita le opportunità dei settori non petroliferi di trainare l’economia verso una reale diversificazione economica.
In secondo luogo, per l’Italia, una partnership di questo tipo non è conveniente a fronte di una domanda di gas italiana ed europea in diminuzione secondo tutte le previsioni, che riduce la prospettiva di profitti stabili nel settore del gas naturale. Si stima che il 75% dei progetti GNL attualmente in costruzione nello scenario NZE e il 66% nello scenario APS non riuscirebbero a recuperare il capitale investito.
In terzo luogo, insistere sul gas lega sempre di più la politica estera italiana ai combustibili fossili ed è in conflitto con gli impegni globali volti a contrastare il cambiamento climatico, soprattutto con l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi Celsius.
Raccomandazioni per il Congo
La Repubblica del Congo dovrebbe avviare riforme politiche e istituzionali per accedere a nuovi finanziamenti per il clima e promuovere la diversificazione economica. Gli investimenti vanno dirottati verso settori non legati al petrolio, come la gestione delle foreste, le energie rinnovabili, l’eco-turismo, l’agricoltura sostenibile e cercare di sviluppare un’industria mineraria sostenibile. Inoltre, sfruttando la sua posizione geografica privilegiata, il Congo può agire come “corridoio naturale” per facilitare il commercio, la logistica e i servizi nella regione. Questi sforzi sono essenziali per ristrutturare l’economia e garantire una diversificazione economica stabile e sostenibile nel lungo periodo.
Le 6 azioni raccomandate
La partnership con il Congo dovrebbe incentrarsi sui seguenti punti:
• Impegnarsi a non promuovere nuovi progetti di esplorazione e sviluppo di gas e di petrolio, sia tramite un chiaro indirizzo politico che attraverso la finanza pubblica, evitando quindi di imbrigliare l’Italia in impegni contrattuali ridondanti e non necessari.
• Reindirizzare gli incentivi di finanza pubblica, come le garanzie di SACE e il Fondo Italiano per il clima, a supporto di soli progetti slegati dall’industria dell’oil&gas, per esempio in ambito di energia rinnovabile, conservazione delle foreste, agricoltura sostenibile – settori che hanno un potenziale attualmente inespresso e che, data la conformità e le necessità del territorio, possono rappresentare una base solida per rafforzare i settori non petroliferi sulla via della diversificazione economica nazionale, nonché rafforzare le strategie di adattamento e mitigazione al cambiamento climatico.
• Attivare forme di diplomazia economica e industriale per l’identificazione di progetti a zero emissioni, che siano aperte alla partecipazione di nuovi e diversi attori privati e che possano mobilitare la finanza privata.
• Supportare l’adozione di politiche di adattamento nel Paese, che possano affrontare in modo sistematico le perdite e i danni sul territorio causati dal cambiamento climatico e i relativi costi futuri. Nel fare ciò, l’Italia dovrebbe agire in particolare sul nesso tra clima e sistemi alimentari e valutare una sinergia con l’Adaptation Fund, sul modello di quanto fatto con l’Etiopia, per agire in ambito di adattamento in Congo.
• Assumere un ruolo di primo piano nel quadro dell’impegno europeo in Congo, sulla linea di quanto definito nel Programma indicativo 2021-2027 per la cooperazione UE-Congo.
• Supportare attivamente il governo congolese ad identificare un modello di transizione del sistema fiscale meno dipendente dalle fonti fossi, insieme all’Europa, alle istituzioni onusiane e alle Banche multilaterali di sviluppo. Leggi il rapporto completo Energia in Africa: quali relazioni tra Italia e Repubblica del Congo?