Il 1° Maggio: diritto al lavoro, diritto alla sicurezza sul lavoro.
Riprendiamo qui sotto, in occasione della festa del 1 Maggio, un articolo redatto a cura di FAIR per la campagna Impresa2030, di cui FOCSIV è tra i promotori, sul tema della sicurezza sul lavoro, con focus sul settore tessile. Perchè il lavoro sia un diritto, e la sicurezza sul lavoro non sia mai un’opzione, ma essa stessa un diritto.
Il 28 aprile è la giornata mondiale della salute e sicurezza sul lavoro. Dedichiamo questo articolo a Luana D’Orazio, morta sul lavoro stritolata il 3 maggio 2021 nell’orditoio della fabbrica tessile dove lavorava. Luana era a Montemurlo, nel famoso distretto tessile di Prato. Luana aveva appena 22 anni, era operaia e madre. È morta per schiacciamento del torace perché l’orditoio la macchina che stava manovrando l’ha inghiottita nei suoi ingranaggi. La perizia tecnica avrebbe evidenziato la manomissione del quadro elettrico. L’intervento sarebbe servito a fare lavorare la macchina anche quando la saracinesca era aperta, per andare più veloci e non fermare la produzione.
Luana D’Orazio è una delle 1.221 vittime sul lavoro in Italia nel corso del 2021 (Istat, gennaio 2022), quasi 4 al giorno, una strage. Nel 2019 i morti sul lavoro in questo paese sono stati 1.089, aumentati a 1.270 nel 2020. Il settore tessile-abbigliamento-calzature in Italia impiega più di 500mila lavoratori. Tra il 2015 e il 2019, solo in questo settore, si sono verificati più di 26mila incidenti sul lavoro.
La sicurezza sul lavoro nel settore tessile
La moda italiana, al primo posto nell’esportazione di prodotti verso l’Europa e seconda nel mondo dopo la Cina, si avvale di filiere basate sul sub-appalto. Qui prosperano violazioni e abusi dei diritti umani e del lavoro, colpendo in particolare i lavoratori e le lavoratrici più vulnerabili. Prosperano i contratti precari, a chiamata e somministrati attraverso le agenzie interinali, i lavoratori invisibili dell’economia sommersa. In particolare sono i migranti, costretti da leggi ingiuste che legano il permesso di soggiorno ad un contratto di lavoro regolare e continuativo. Contratto che non arriva mai, e così è impedito il godimento di diritti come quello alla residenza, a una casa, al medico di base.
In Italia il lavoro nero e irregolare è una piaga diffusa, come dimostrano i dati recenti delle ispezioni dell’INL. Collegare il godimento di diritti fondamentali di cittadinanza ad un lavoro regolare è ipocrita, crudele e ingiusto. A livello internazionale, la Direttiva sulla Due Diligence sui diritti umani ha un grande potenziale per cambiare in meglio le condizioni di lavoro sulle filiere globali. Tuttavia, ciò che questa direttiva può effettivamente significare in pratica per i lavoratori nei paesi di produzione dipenderà da due fattori chiave: in primo luogo, dal testo finale, e in secondo luogo, dall’adeguato recepimento di essa da parte degli Stati Membri.
Con una direttiva sulla due diligence in materia di ambiente e diritti umani potrebbe andare diversamente
Se questa legislazione fosse già stata approvata, essa avrebbe effettivamente fatto la differenza nei casi in cui la sicurezza sul lavoro era stata palesemente trascurata. Tra questi, il crollo del Rana Plaza, di cui era l’anniversario pochi giorni fa, o l’incendio alla Ali Enterprises di cui abbiamo già parlato su questo blog.
Se guardiamo più da vicino il caso Rana Plaza, possiamo immaginare questo scenario: la produzione non avrebbe avuto luogo in un edificio strutturalmente instabile. I marchi avrebbero avuto l’obbligo di verificare la sicurezza delle fabbriche della propria filiera e il rispetto dei diritti
dei lavoratori. Se, in qualche modo una fabbrica, di cui in precedenza era stata mostrata la sicurezza, avesse comunque sviluppato dei rischi per la sicurezza come le grandi crepe apparse nei muri del Rana Plaza, allora le pratiche di acquisto dei marchi avrebbero stimolato e permesso ai proprietari delle fabbriche di dare priorità alla sicurezza dei lavoratori e mettere in sicurezza la fabbrica. E invece, nove anni dopo il disastro in cui oltre 1.100 persone hanno perso la vita, nessuna causa legale in Bangladesh contro i proprietari del Rana Plaza e gli altri soggetti implicati ha portato giustizia.
Affrontare il problema della sicurezza sul lavoro significa migliorare i diritti umani di milioni di persone
Affrontare il problema strutturale della sicurezza sul lavoro in Italia e, tramite l’Unione europea, nel mondo con norme vincolanti sulle catene di fornitura, significa migliorare i diritti umani di milioni di persone nelle filiere di produzione globali. Occorre evitare il rischio di etnicizzazione del controllo che tende a colpire solo i pesci piccoli, magari stranieri, lasciando inalterate le dinamiche di potere del mercato. Occorre farlo anche attraverso una buona direttiva sulla Due Diligence sui diritti umani e dell’ambiente. Servono tuttavia anche misure territoriali concrete, il rafforzamento del controllo pubblico degli Ispettorati del Lavoro (in questo senso, vediamo positivamente la prevista assunzione di 2480 nuovi Ispettori del Lavoro da parte dell’INL nel corso del 2022) e con una rinnovata, anzi nuova, attenzione al rispetto dei diritti umani da parte dello Stato.
A cura di FAIR, per Impresa2030.