Il Memorandum Italia-Libia compie 5 anni sulla pelle dei migranti
Fonte: Medici Senza Frontiere
“We are just numbers, but today I am telling you we are humans” (David, portavoce di Refugees in Libya Committee, 16 maggio 2022)
A 5 anni dalla sua firma, le autorità italiane hanno la possibilità di annullare il Memorandum con la Libia entro il 2 novembre di quest’anno, prima che esso venga rinnovato automaticamente alla scadenza nel febbraio 2023. Mascherato da meccanismo di cooperazione e dalla retorica del ‘salvataggio di vite umane’, il Memorandum è stato di fatto strumentale all’esternalizzazione delle frontiere da parte dell’Italia che ha supportato più o meno direttamente – es. donazione di mezzi e addestramento della guardia costiera libica – l’intercettazione, respingimento e trattenimento nei centri di detenzione di un numero sempre più alto di migranti. Dal 2016 ad oggi, più di 100.000 persone che hanno tentato di attraversare il Mediterraneo centrale sono state intercettate nella zona SAR (search and rescue) libica – istituita nel dicembre 2017.
Di questo si è parlato Lunedì 16 maggio al convegno “Five years after the signing of the Italy-Libya Memorandum: which protection for migrants stranded in Libya?”, organizzato da Amnesty International Italia in collaborazione con l’Associazione per gli Studi Giuridici per l’Immigrazione (ASGI).
Le politiche di esternalizzazione hanno inoltre contribuito a destabilizzare la Libia, rafforzando le milizie che oggi hanno un forte peso politico all’interno del paese e portando a una graduale perdita di influenza dell’Italia.
Il fallimento del modello attuale di cooperazione Italia-Libia e della gestione dei flussi migratori è reso esplicito anche dalla limitata capacità di azione delle agenzie delle Nazioni Unite come l’UNHCR, che non è sufficiente a contro-bilanciare gli effetti del Memorandum per la salvaguardia dei diritti dei migranti. Al convegno ci si è chiesti se “Senza l’intervento umanitario sarebbe possibile proseguire con il Memorandum? Oppure venendo meno l’intervento umanitario anche da un punto di vista giuridico non sarebbe stato possibile mettere in atto il Memorandum?”. Quel che è certo è che l’intervento umanitario non solleva il governo italiano dalle proprie responsabilità.
Le voci di attivisti dalla Libia e dal Niger ci ricordano come parte della narrazione sulle migrazioni nel Mediterraneo centrale conti troppo spesso sui numeri, dimenticandosi dei corpi e delle persone che in Libia, ma non solo, non hanno accesso a forme di protezione e subiscono quotidianamente gravi violazioni dei diritti umani. Allargare lo sguardo e mettersi in ascolto dialogando con la società civile libica è fondamentale per non riprodurre una narrazione delle migrazioni che rischia di essere schiacciata su numeri che non creano coinvolgimento ed empatia, che non fanno intendere la tragedia umana in atto in Libia, sul mare e sul fondo del mare, con migliaia di persone, uomini, donne e bambini annegati.
Se con il conflitto in Ucraina emergono forti contraddizioni e un modello di accoglienza che dovrebbe mettere in discussione quello attuale di gestione dei flussi migratori nel Mediterraneo centrale, l’atteggiamento di apertura dell’Italia e dell’UE verso le persone ucraine in fuga rappresenta comunque un’opportunità. Oggi, la società civile ha il compito di sfruttare questa finestra di apertura all’accoglienza per influenzare il processo decisionale e chiedere l’annullamento del Memorandum. In quest’ottica, fare advocacy con i migranti e la società civile libica, e creare spazi di dialogo e occasioni di partecipazione ai tavoli di discussione, è fondamentale per animare la coscienza dell’opinione pubblica e mobilitare la società civile italiana.
Alla conferenza hanno partecipato ricercatori (Amnesty International Italia), professori universitari, rappresentanti della società civile (ASGI, ARCI, Un Ponte Per, Fondazione Migrantes, Alarm Phone, Caritas, Iuventa) e delle istituzioni internazionali (UNHCR), ed esponenti politici. Prezioso è stato lo spazio dedicato ad attivisti della società civile libica (Libya platform for Human Rights), nigerina (Alarm Phone Sahara) e del portavoce di Refugees in Libya Committee, che hanno arricchito il dialogo grazie alle voci “dal basso” di coloro che per primi vivono e osservano le conseguenze del Memorandum d’Intesa tra Italia e Libia del 2 Febbraio 2017.
Questo articolo è stato redatto nel quadro del progetto Volti delle Migrazioni – FOCSIV