Il nostro Madagascar
Bentornata, Dania! Com’è andato il tuo Servizio Civile?
Bene! Mi sto riadattando allo stile occidentale. È stato un bel rientro, accogliente e caloroso, anche se, dopo aver salutato e incontrato tutti, ora avrei già voglia di ripartire. Sto cominciando a ripensare a tutto ciò che ho vissuto, ho la testa piena di flashback.
Di cosa ti sei occupata?
Mi sono inserita nelle attività educative a Tana, con ruoli diversi. All’inizio c’erano più attività sul terreno (visite alle scuole, distribuzione dei kit ai bambini), poi alcune attività sono finite e si è trattato principalmente di coordinamento delle attività di formazione degli insegnanti e dei responsabili dei Centri di ascolto, insieme all’ organizzazione delle visite mediche per i bambini di prima elementare, e logistica varia.
E com’è andata?
A Tana si è creato un bel ambiente di collaborazione, sereno e spesso anche divertente. Ho avuto un’accoglienza molto calorosa, paziente e disponibile da parte di tutti. Essere nella capitale è vantaggioso per certi aspetti, ti dà la possibilità di mantenere uno stile di vita simile a quello occidentale, anche se poi ci sono tutti i lati negativi delle grandi città, soprattutto il traffico ed il caos continuo. Verso la fine è stato difficile pensare di tornare e raccontare alla gente che cosa ho vissuto in dieci mesi, perché solo ora mi rendo conto davvero di quando mi raccontavate prima che partissi. Ti devi mettere a confronto con te stesso e con un lato di mondo mai visto prima, ma, se hai la fortuna di vivere questa esperienza, sai che comunque vada ti darà una prospettiva in più, che ne uscirai cambiato. Certo, io non avevo termini di paragone con altri paesi, per me è davvero stata come una prima scoperta del mondo.
Una soddisfazione che hai ottenuto?
Il Madagascar è un paese molto accogliente, sentivo di essere ben voluta, non era assolutamente scontato. Inoltre, il riuscire ad adattarmi ed inserirmi rapidamente nel contesto – sia lavorativo che culturale – è stato molto appagante.
La difficoltà maggiore?
Sul lungo termine, rendersi conto di cosa voglia dire avere la pelle bianca e non potersela togliere, neanche quando tutto ciò per cui lotti è un mondo più egualitario: insomma, convivere con la consapevolezza di avere possibilità che ad una parte di mondo non saranno mai accessibili, e dall’altra rendersi conto che non riusciresti a vivere come loro. È stato difficile fare il confronto coi propri privilegi e sapere che, per quanto vorresti condividerli, non sempre si può fare.
Un ricordo bello che hai?
La prima scuola che ho visitato, Victoire Rasoamanarivo. È stata un’emozione pura in quel momento, un’emozione nuova. Vedere tutti questi bimbi affollati nella stessa classe, che mi guardavano un po’ terrorizzati e un po’ incuriositi. Ricordo che ero talmente emozionata che non sapevo cosa fare, cosa dire. È stato come realizzare tantissime cose nello stesso attimo.
Quindi è stata l’esperienza che ti aspettavi?
Ricordo che prima di partire non facevo che provare ad immaginare tutto, per settimane ho provato a produrre immagini e mi chiedevo ininterrottamente come sarebbe stato: ora sono tornata e quelle immagini non le ricordo più, perché sono state sostituite da una pellicola che proietta tutto ciò che è stato. D’altronde non succede mai che le cose vadano come ce le eravamo immaginate, e spesso è meglio così! Mi ha sorpreso Ampasimanjeva, bellissima! Non avrei mai immaginato questo microcosmo in mezzo al nulla, completamente immerso nella natura. Un amore a prima vista!
Cosa ti senti di consigliare chi affronterà un’esperienza in Madagascar?
Prendere tutto quello che c’è. Avere occhi e cuore aperti, mente elastica per entrare in connessione con tutto. Non fare paragoni con la vita qua, perché è estremamente limitante per il tipo di esperienza che si prospetta.
E ora, i tuoi progetti per il futuro quali sono?
Ho partecipato al Bando dei Corpi Civili di Pace, vedremo. Vorrei comunque rimanere nell’ambito della cooperazione.
Bentornata, Sarobidy! Come è andato il tuo Servizio Civile?
È andata benissimo, ho imparato tante cose, per me è stata la prima esperienza professionale e d’ufficio. Ho imparato tanto dai colleghi, loro sono più grandi e mi hanno insegnato tanto. Benché sia malgascia ho conosciuto anche nuove culture del Paese. Mi è piaciuta molto Ampasimanjeva, ma anche Manakara. Sono nata e cresciuta ad Antananarivo e non ero mai stata al sud. Mi sono trovata bene con tutta l’equipe, ma anche con i volontari.
Com’è stato vivere questa esperienza?
Quando sono arrivata, i colleghi non credevano che fossi malgascia! Per loro è strano, hanno negli anni visto arrivare tanti volontari, ma sempre italiani. Pensa che ho anche insegnato un po’ di italiano alle suore della Casa di Carità. Non mi piace insegnare, non avrei mai pensato di farlo, ma ci tenevano così tanto che non ho potuto dire di no! Ora sono un po’ triste, perché ho lasciato la mia famiglia un’altra volta. È stato bello dopo tre anni di lontananza stare insieme, erano molto contenti e ora per loro è stato molto difficile vedermi ripartire.
La difficoltà maggiore?
Quando sono arrivata è stato difficile capire cosa fare e come muoversi in ufficio, in più ci siamo dovute anche separare dalle ragazze che andavano a Manakara e con cui abbiamo fatto tutta la formazione insieme in Italia.
Le separazioni sono sempre difficili, capisco bene l’equipe che ogni anno conosce persone diverse e poi deve separarsene.
Un ricordo bello che hai?
È stato bello andare nelle scuole, vedere i bambini. Prima abbiamo preparato i kit per poi portarli nei centri per distribuirli. È stato bello vedere i bambini e i genitori così felici. Posso capire cosa voglia dire per questi bambini che ricevono il materiale, perché anch’io non troppo tempo fa sono stata un’alunna di una scuola simile a queste. Mi ha commosso una bambina che mi ha fatto vedere il materiale ricevuto l’anno scorso, tenuto benissimo. Ho potuto cogliere l’importanza di avere qualcuno che ti dia questo materiale.
Quindi è stata l’esperienza che ti aspettavi?
Sapevo che sarebbe stata impegnativa, però sono riuscita a terminare e imparare molto. Questa esperienza mi ha fatto capire che voglio fare questo lavoro, voglio lavorare nel sociale. Ora voglio formarmi, imparare e tornare per aiutare le persone nel mio paese.
E ora che sei tornata in Italia, i tuoi progetti per il futuro quali sono?
Ora rientro a Palermo, poi a settembre farò un esame per poter iscrivermi al Corso di Laurea in Scienze Sociali!
Dania Ciccone e Sarobidy Rakotobe, Caschi Bianchi in Madagascar con RTM
foto prese dal sito https://www.rtm.ong/