Il paradosso dell’efficienza (tecnologica) e l’importanza della sufficienza

Ufficio Policy FOSIV – Quella che segue è la traduzione dell’articolo “The (technology) efficiency paradox” del Dr. Lewis Akenji pubblicato nel sito della Hot or Cool Institute, un think tank di interesse pubblico che esplora l’intersezione tra società e sostenibilità (https://hotorcool.org/hc-posts/the-technology-efficiency-paradox/). Questo articolo riflette sulla consapevolezza dei limiti ad una crescita che sembra infinita e che dovrebbe invece portare a interrogarci sulla necessità di adottare stili di vita e modelli di produzione e consumo fondati sui concetti di sufficienza, sobrietà, decrescita, come sollecitato dall’enciclica Laudato Sì.
“Troppo di una cosa buona cosa può ucciderti! Il caso della tecnologia verde mostra chiaramente i limiti dell’efficienza nello sfruttamento di risorse ed energia. Ecco perché:
- L’efficienza è cieca rispetto ai limiti massimi di consumo ed emissioni, possiamo continuare a migliorare la nostra efficienza anche mentre violiamo i limiti del pianeta. Non esiste uno scenario scientifico a sostegno della tesi politica o popolare secondo cui possiamo sostituire il nostro intero stock di auto o, peggio, per cui tutti sul pianeta potrebbero avere un veicolo elettrico efficiente senza il collasso climatico.
- L’effetto rimbalzo mostra come, sebbene negli ultimi decenni siano stati molto apprezzati i miglioramenti nell’efficienza dei materiali e dell’energia, il semplice aumento dei volumi di consumo abbia annullato i guadagni di efficienza. Le nostre auto, televisori, frigoriferi, ecc. sono diventati molto più efficienti rispetto agli anni ’70, ma ora abbiamo auto, televisori, frigoriferi sempre più grandi.
- L’efficienza si concentra sui sintomi, non sulle cause del problema della sostenibilità. Le crisi relative al cambiamento climatico, alla scarsità di risorse e alla perdita di biodiversità sono provocate dall’uomo, attraverso un’economia globale che misura lo sviluppo con l’indice del PIL e che confonde il benessere umano con il materialismo. Fondamentalmente, dobbiamo affrontare la sovrapproduzione, il consumo eccessivo e la sovrappopolazione, che già viviamo.
- L’efficienza è principalmente un approccio basato sulla tecnologia. Non solo le promesse di tecnologia sostenibile sono risultate fallimentari negli ultimi decenni (vedi macchine per la cattura del carbonio, la geoingegneria e i veicoli elettrici, ad esempio), ma hanno ulteriormente radicato le tensioni sociali. L’ossessiva attenzione agli investimenti nell’efficienza tecnologica non solo allarga il divario tra poveri e ricchi – che possiedono i brevetti o stanno investendo in queste tecnologie –, ma perpetua ulteriormente il paradigma della crescita economica e continua a gonfiare l’economia globale.
- Approcci come il “disaccoppiamento” tra produzione e uso delle risorse, si basano sul mito dell’efficienza. Ricordiamo che non esiste un solo Paese al mondo che sia riuscito a disaccoppiare la crescita economica dagli impatti ambientali a livelli sostenibili. Nemmeno i paesi scandinavi che appaiono in cima a ogni indice di progresso – ma con impronte pro capite che avrebbero bisogno di più pianeti. Il disaccoppiamento, in particolare il disaccoppiamento relativo, non è una strategia; finora negli ultimi decenni è solo un termine di moda.
La tecnologia è importante, soprattutto in un’emergenza climatica. Ma la religiosità della nostra società al riguardo, la fede in essa, la sta rendendo un problema.
Mentre continuiamo a nutrire la nostra fiducia nei padri hi-tech della tecnologia, stiamo ancora spendendo più del nostro budget limitato di carbonio per catturare meno carbonio dall’atmosfera rispetto a quello che stiamo pompando, progettando grandi schemi di geoingegneria per cambiare il clima, mutando le nostre definizioni di cosa è sostenibile (vedi la nuova tassonomia europea, ndr, Chiediamo una tassonomia per la giustizia climatica – FOCSIV) e includendo il gas fossile nella tassonomia delle energie rinnovabili, spingendo le persone già povere in pozzi minerari pericolosi nella Repubblica Democratica del Congo per andare a raccogliere i metalli dalle terre rare (The Dark Side of Congo’s Cobalt Rush | The New Yorker), per farci diventare più grandi e creare auto più efficienti … allo stesso tempo dissacrando interi ecosistemi, scavando buche minerarie come se la terra fosse un formaggio svizzero, e continuando a massimizzare le nostre carte di credito per l’acquisto di gas serra.
Il mito, o forse la maledizione, della tecnologia (efficienza)!
Quindi, rimane la domanda – mentre l’emergenza climatica e la crisi della biodiversità ci guardano in faccia – di quando ci convinceremo (i nostri politici eletti, le imprese e le nostre comunità) ad agire su riduzioni assolute del flusso energetico e dell’uso dei materiali. La sufficienza riformula la domanda in una molto semplice e fondamentale: quanto è abbastanza? (e non quanto possiamo farla franca).