IL PIANO MARSHALL PER L’AFRICA NON E’ (SOLO) QUESTIONE DI SOLDI
Ridurre i flussi migratori, il Piano Marshall per l’Africa al centro del dibattito. Un sistema di aiuti europeo sostenuto da tutti gli Stati e destinato ai Paesi teatro di una fortissima emigrazione. E’ questa la strada individuata dai paesi dell’Unione Europea per creare sviluppo e impattare sui massicci flussi migratori, una idea sostenuta anche da Papa Francesco.
Ora è in fase di valutazione le modalità da scegliere per varare il Piano Marshall, e nelle ultime ore anche il presidente di FOCSIV Gianfranco Cattai insieme ai rappresentanti di altre associazioni ha esposto il proprio pensiero sulla questione in una intervista al quotidiano Avvenire. «Non basteranno neanche i soldi, tutte le politiche dovranno muoversi nella stessa direzione, secondo una logica di coerenza; se li aiutiamo ma poi deprediamo le loro miniere o la loro agricoltura il risultato finale non cambia». L’altolà di Cattai è diretto: «non si finanzi il progetto o la singola azienda europea ma il partenariato tra imprese europee e imprese locali: sarà necessaria una struttura per accompagnare e monitorare i progetti ma non si può fare altrimenti se non si vuole veder disperdere le risorse». Secondo la FOCSIV è importante «non ripercorrere orme sbagliate: ad esempio, le Ong non hanno mai subito l’imposizione dei governi africani di far transitare i finanziamenti dalle loro banche di Stato, una prassi seguita invece dalle istituzioni italiane ed europee». «Dobbiamo metterci d’accordo sull’idea di sviluppo per l’Africa. Sicuramente è diverso da quello dei cinesi, tuttavia – ha dichiarato Cattai – se dovessimo veicolare il modello italiano così come si presenta oggi, cioè con due terzi delle persone in età attiva che non hanno un lavoro dignitoso, non corrisponderebbe a quello che promettiamo quando parliamo di centralità della persona umana».
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