Imparare dalla guerra Ucraina per una nuova politica europea sulle migrazioni per lo sviluppo sostenibile
Con la guerra in Ucraina si è aperta, forse, una nuova fase di politica europea sulle migrazioni, più consapevole e più solidale. Ma ombre persistenti continuano a offuscare questo cambiamento. Di questo si è discusso ieri in un seminario a margine del Forum regionale europeo sullo sviluppo sostenibile. Grazie al progetto Volti delle Migrazioni – FOCSIV e all’iniziativa di GACP Europe (Europe – Global Call to Action Against Poverty (GCAP) diversi rappresentanti della società civile europea si sono riuniti per discutere delle misure in atto (vedi la locandina con il programma), in seguito alla presentazione del rapporto SDGs-and-Migration_REPORT_FINAL-13-Feb-22.pdf (gcap.global)
Qui di seguito riportiamo la dichiarazione fatta da Andrea Stocchiero a nome dei partner del progetto Volti delle Migrazioni.
“Il rapporto è stato prodotto un anno fa. La guerra in Ucraina ha cambiato lo scenario, ma rimangono diverse questioni strutturali.
La guerra in Ucraina ha cambiato la politica migratoria europea. L’Unione ha finalmente approvato la protezione temporanea e milioni di rifugiati sono ora ospitati negli stati membri. La solidarietà tra gli stati membri è ora effettiva. Questo cambiamento deve portare a risposte alle questioni strutturali che continuano ad esserci e che minano l’attuazione dei principi dell’Agenda 2030 in Europa per quanto riguarda la governance delle migrazioni.
Infatti, nonostante la protezione temporanea, esiste una discriminazione nei confronti dei cittadini non ucraini. Si tratta di un problema di fondo di cultura e politiche basate sulla xenofobia, su cui bisogna lavorare.
Il Parlamento e la Commissione europea dovrebbero fare leva su questa situazione per cambiare radicalmente la politica a favore di una reale e forte attuazione dei principi dell’Agenda 2030, a partire da quello di non lasciare indietro nessuno. Nessuno, che sia ucraino, afghano o maliano.
Questa può essere un’occasione importante per informare e mobilitare l’opinione pubblica sui diritti umani e per cambiare l’approccio politico securitario, l’esternalizzazione dei controlli (ribadita nel recente vertice Unione Africana-Unione Europea), la selezione dei migranti lungo le frontiere contraria ai diritti umani, la lotta alla discriminazione e alla segregazione dei migranti all’interno dell’Unione. È necessaria una forte coerenza politica basata sui diritti umani e sullo sviluppo sostenibile.
La prospettiva e le speranze di uno sviluppo sostenibile devono animare una nuova politica di integrazione che sappia valorizzare le culture, le conoscenze, i progetti di empowerment dei nuovi cittadini europei e mondiali, le nuove generazioni. Ci sono molte buone pratiche di integrazione che hanno impatti positivi per tutti, compresi gli autoctoni. La vecchia Europa ne ha un gran bisogno. Il piano europeo per l’integrazione va in questa direzione, ma deve essere applicato con maggiore forza dai paesi europei nella lotta alla segregazione.
Serve una nuova politica di frontiera di vera accoglienza capace di dare rifugio senza detenzione, con tempi certi e rapidi di riconoscimento dei diversi status e percorsi di integrazione progressivi, anche per il lavoro e il ricongiungimento familiare. Le procedure che si stanno negoziando nell’ambito del nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo devono cambiare approccio.
È fondamentale rafforzare e armonizzare i canali di ingresso, come previsto dall’obiettivo 10.7 dell’Agenda 2030, per una migrazione regolare, sicura e ordinata. Il Parlamento e la Commissione devono continuare a fare pressione sugli Stati membri affinché migliorino le loro politiche migratorie, integrandole nei piani di sviluppo sostenibile, e che tutti firmino e implementino il Global Compact on Migration.
Infine, l’esternalizzazione dei controlli sulle migrazioni ai paesi in via di sviluppo non deve influenzare la politica di cooperazione allo sviluppo e porre ostacoli alla mobilità umana, che è essenziale per lo sviluppo e la resilienza delle persone in Africa e in altre aree geografiche (si pensi alle nuove migrazioni ambientali).
Affrontare le cause profonde delle migrazioni forzate e involontarie significa rinvigorire la cooperazione per lo sviluppo sostenibile, l’unica in grado di sostenere nel tempo il diritto a rimanere e la libertà di scelta della mobilità dei giovani africani.
Dobbiamo cambiare lo spirito e la mente dei cittadini europei per una politica di sviluppo sostenibile ancorata alla speranza di un mondo migliore per tutti.”