Includere i rifugiati e gli sfollati nello sviluppo
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Ufficio Policy Focsiv – La questione dei rifugiati e degli sfollati interni rappresenta una delle sfide umanitarie e socioeconomiche più urgenti e complesse del nostro tempo. Nel 2022, solo sei milioni di sfollati sono tornati nei paesi d’origine, mentre alla fine dell’anno oltre 110 milioni rimanevano rifugiati all’estero, raggiungendo un record storico (UNHCR, 2023). La maggioranza dei rifugiati, oltre il 70%, vive nei Paesi a basso e medio reddito, e solo nel 28% dei casi sono inclusi nella pianificazione dello sviluppo nazionale e locale.
Infatti, un importante problema è quello di far sì che le persone rifugiate che non tornano nel paese di origine nel breve periodo, ma anche gli sfollati interni che sono costretti a rimanere nelle comunità di accoglienza, possano aver riconosciuti i diritti umani e sociali nel paese o luogo ospitante, la salute, l’istruzione, il lavoro, una casa, il diritto a professare liberamente la propria religione. E questo significa farli parte dei piani di sviluppo locali e nazionali, integrarli nelle comunità locali affrontando inevitabili tensioni e competizioni sulle risorse scarse.
Un recente studio dell’OCSE analizza l’inclusione di rifugiati e sfollati interni nei piani di sviluppo, valutando i progressi rispetto agli impegni assunti a livello globale. Le conclusioni dell’analisi sono accompagnate da raccomandazioni politiche indirizzate a governi, organizzazioni internazionali e altre parti interessate.
Lo studio è stato condotto sulla base di nuove evidenze, analizzando i piani di sviluppo nazionali e settoriali dei Paesi a basso e medio reddito più colpiti dalle migrazioni forzate (con oltre 100.000 rifugiati e sfollati interni combinati assieme in 58 Paesi), i Quadri di Cooperazione per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite e le Strategie di Cooperazione per lo Sviluppo di 30 membri del Comitato per l’Aiuto allo sviluppo dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (DAC-OCSE).
L’analisi rivela due risultati chiave che possono essere sintetizzati come segue:esiste una bassa inclusione nei piani nazionali, con solo il 28% dei rifugiati e sfollati interni inclusi in tali piani. Tuttavia, le strategie di cooperazione dei donatori presentano un tasso più elevato pari al 52%, mentre i Quadri dell’ONU mostrano l’inclusione più consistente con il 76%.
Emerge inoltre una discrepanza tra i piani nazionali dei paesi a basso-medio reddito e le strategie dei donatori, in termini di tipologie di inclusione, con i donatori concentrati sulla protezione sociale (accesso ai beni fondamentali: acqua, cibo, un tetto, emergenze sanitarie) e i paesi orientati verso i settori della salute e dell’istruzione.
Le raccomandazioni dell’OCSE enfatizzano l’importanza del dialogo politico tra paesi colpiti e partner internazionali, coinvolgendo vari attori come leader di settore, società civile e settore privato. Si sottolinea l’importanza del potenziamento della leadership governativa, dell’analisi integrata nelle statistiche nazionali, e della partecipazione attiva al monitoraggio condotto dal Partenariato Globale per una Cooperazione Efficace allo Sviluppo. Occorre una attenta valutazione della fattibilità dell’inclusione delle persone sfollate nei sistemi nazionali e nei mercati del lavoro, sia a livello nazionale che subnazionale. In conclusione, si promuove la realizzazione di studi specifici sull’impatto dell’inclusione efficace delle persone sfollate e sulle comunità ospitanti.
Leggi lo studio integrale dell’OCSE: OCSE/UNHCR (2023), “Rifugiati e sfollati interni nella pianificazione dello sviluppo: nessuno lasciato indietro?”, Documenti sulle politiche di sviluppo dell’OCSE, n. 47, Pubblicazioni OCSE, Parigi.