Josefina Jose Cappellaro, Clarisse Zouré e Ricardo Rao sono i vincitori del XXIX Premio del Volontariato Internazionale Focsiv 2022
I vincitori della XXIX edizione del Premio del Volontariato Internazionale Focsiv 2022 sono Josefina Jose Cappellaro e Clarisse Zouré. A Ricardo Rao va il Premio Difensore dei Diritti Umani Focsiv 2022.
Josefina Jose Cappellaro, vincitrice del Premio Volontario Internazionale FOCSIV 2022
Josefina ha 32 anni ed è nata e cresciuta in Mozambico. È stata la prima tra le sue 5 sorelle e un fratello che si è laureata in gestione delle risorse umane. La sua prima occupazione era in un’organizzazione della Provincia di Sofala, un’area rurale estremamente povera, dove difficilmente i diritti dei lavoratori sono salvaguardati. Comprese, allora, il valore della cooperazione per lo sviluppo delle persone e dei territori; grazie ad un’associazione cattolica locale, legata ai comboniani, che collaborava con la sua Università, ha iniziato a impegnarsi in quel settore, nella speranza di poter portare un nuovo modo di vedere lo sviluppo diverso da quello europeo. Proprio all’Università, nel frattempo, aveva conosciuto un italiano. E dopo le prime sue riluttanze a non volersi legare con uno straniero lo sposa con un bel matrimonio tradizionale.
Dopo una breve parentesi vissuta a Treviso, con non poche difficoltà nell’inserirsi socialmente nel nostro Paese, e rientrata in Mozambico per un breve periodo, si trasferisce con tutta la famiglia, nel frattempo erano nati i suoi due bambini Leo e Alan, in Tunisia dove inizia a lavorare con il CIR – Consiglio Italiano Rifugiati.
Oggi, sempre nel Paese Nord africano, collabora con Cope – Cooperazione Paesi Emergenti in un progetto rivolto alle persone con disabilità, attraverso il quale si intende modificare l’atteggiamento, poco inclusivo anche lavorativamente, della società tunisina rispetto a questi cittadini.
Il progetto triennale “Ricomincio da Te” si svolge principalmente in due Governatorati della Tunisia: Ben Arous, a trenta chilometri dalla Capitale, e Kairouan ed è cofinanziato dall’AICS – Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e dal Ministero delle Politiche Sociali tunisino. In particolare, il progetto è volto far accedere le persone con disabilità ad una buona istruzione che sia inclusiva e paritaria e, allo stesso tempo, a promuovere opportunità di apprendimento permanente per tutti. In particolare, nelle due cittadine COPE collabora da un lato con alcune Organizzazioni della società civile che gestiscono dei centri rivolti all’educazione delle persone con disabilità e dall’altro con le municipalità, per migliorare l’inserimento sociale di queste persone.
Clarisse Zouré, vincitrice del Premio Volontario dal Sud Focsiv 2022
Clarisse ha 52 anni ed è nata in una grande famiglia tradizionale del villaggio di Garango ha acquisito, grazie a questa, i valori tradizionali dell’organizzazione sociale burkinabé: la solidarietà e la forza per affrontare i molteplici problemi che posso esserci se si vive in un villaggio africano, soprattutto rurale. In particolare suo padre, capo villaggio, le ha trasmesso un carisma particolare che ancora oggi le consente di essere una figura di riferimento per molte altre donne.
Grazie alla sua autonomia e alla sua grande energia nel porsi e nel risolvere i problemi, ne ha fatto di lei la Presidente di un’unione di piccole associazioni femminili, l’Union des associations des femmes de Garango che ha fondato insieme ad altre 13 donne e che è partner locale dell’ONG italiana AES-CCC. Attualmente ne fanno parte 52 associazioni e più di 1.000 donne.
Ogni giorno parla con bambini, donne e autorità locali di 144 villaggi facendo comprendere loro che la malnutrizione è una malattia come altre, che può essere facilmente sconfitta con la conoscenza e applicazione dei principi di base della nutrizione superando i tabù alimentari legati alle credenze tradizionali. Clarisse riesce a trasmettere alle altre donne delle diverse comunità con le quali è impegnata che il miglioramento del ruolo femminile nella società è possibile e a portata di mano.
Da molti anni si dedica instancabilmente all’organizzazione dei gruppi femminili della Provincia del Boulgou, situata nella Regione del Centro-Est del Burkina Faso, grazie ai quali si realizzano attività di miglioramento sociale ed economico come l’alfabetizzazione di base, la promozione della scolarizzazione femminile, le attività di trasformazione dei prodotti forestali e di lotta alla malnutrizione. In particolare, segue l’animazione e formazione di alcuni gruppi di donne per la protezione di 60 ettari di foresta di karité, l’albero dal quale le donne estraggono il burro impiegato nell’alimentazione e nella cosmesi. Grazie a questo suo quotidiano lavoro le donne di alcuni villaggi si sono organizzate per sorvegliare questi preziosi alberi, dando un esempio di conservazione e gestione razionale delle risorse naturali. La finalità ultima di questo prezioso impegno è non solo avere la possibilità che questi alberi siano fonte di un reddito immediato, ma si intende conservarli affinché ne possano beneficiare le generazioni future e, al contempo, la loro conservazione e tutela è un deterrente per i cambiamenti climatici.
In Burkina Faso la malnutrizione acuta incide per il 5,9% e quella cronica per il 30,7% colpendo gravemente l’infanzia. È la causa del 38% dei decessi nei bambini con meno di 5 anni e della compromissione irrimediabile di un buono sviluppo fisico e psichico per oltre un milione di questi.
Il Progetto, finanziato da AICS – Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, si fonda sull’approccio multi-settoriale promosso dalla nuova Politica Nazionale di Nutrizione approvata dal Governo del Burkina Faso nel 2015 e coinvolge 144 villaggi nei Distretti sanitari di Garango e Tenkodogo. Questo nuovo approccio ha introdotto, come parola chiave, la nutrizione come scelta politica trasversale a tutti settori sensibili, come: la salute, l’agricoltura, l’economia, le pari opportunità̀, ecc. Coerentemente con questa modalità, il progetto si basa sulla combinazione sinergica di tre principali assi di lavoro: lotta alla malnutrizione infantile nelle comunità̀ rurali; diffusione di buone pratiche di agricoltura familiare attenta all’aspetto nutrizionale; rafforzamento delle attività di trasformazione agroalimentare gestite dalle donne con miglioramento delle capacità economiche delle produttrici di materia prima o grezza.
Si promuove, in particolare, un approccio integrato di gestione dei servizi di prevenzione, diagnosi e cura nei villaggi con la partecipazione attiva delle comunità̀ rurali e il rafforzamento delle capacità del servizio pubblico della salute.
Si lavora affinché ci sia un miglioramento e una varietà nella dieta delle famiglie rurali, anche grazie alla diffusione di buone pratiche di agricoltura familiare, con interventi che potenzino orticoltura, itticoltura, produzione e trasformazione dei PFNL – Prodotti Forestali Non Legnosi – baobab, karité, moringa, neré – diffusione di varietà̀ migliori di riso con maggior valore nutrizionale. Infine, si favorisce l’accesso al reddito da parte delle donne di queste aree, intervenendo nella lavorazione del riso per la vendita sui mercati locali e la trasformazione agroalimentare dei PFNL rivolta ai mercati nazionali ed internazionali.
Ricardo Rao, Vincitore del Premio Difensore dei Diritti Umani Focsiv 2022
Ricardo ha 41 anni. Da ragazzo viveva in un villaggio sulla costa nord di San Paolo, sua madre era una infermiera del Funai, la Fundação Nacional do Índio organizzazione del Governo brasiliano di difesa delle terre e dei popoli originari dell’Amazzonia, proprio in questo periodo che comprese le difficoltà che queste popolazioni subivano. Intorno al 2010 già avvocato e docente presso IBGE, l’Istituto brasiliano di statistica, fu consigliato dalla madre a partecipare ad un concorso per un posto nel Funai, che vinse. Dopo la formazione a Brasilia per diventare indigenista a Brasilia iniziò a lavorare nel Mato Grosso do Sul. Qui venne a conoscenza del genocidio dei Guarani-kaiowa, uno dei gruppi etnici più oppressi dell’Amazzonia. Una popolazione che negli anni ’40 è stata espropriata della propria terra e ancora oggi combattono legalmente con gli eredi dei coloni. Appartiene a questi primi anni la sua fraterna e professionale amicizia con Bruno Pereira.
Nel 2015 si trasferisce a Barra do Corda, nel Maranhão, un’area molto conflittuale, come coordinatore tecnico locale, il suo compito era quello di ispezionare e proteggere il territorio. In questa regione la presenza dei taglialegna illegali e dei bracconieri è molto pesante, ma trovare i mandanti dei disastri ambientali era davvero complesso, piuttosto ci si imbatteva sempre nella manovalanza, fatta di operai, contadini, in sostanza di poveri. L’intento era di distruggere la struttura ed i mezzi con i quali lavoravano come i veicoli, i camion, i trattori, i traghetti, soprattutto nelle aree di estrazione illegale di oro. Un’attività rischiosa, che più di una volta ha provocato il tentativo, da parte di squadre di cecchini nascosti nei boschi, di ucciderli. Fortunatamente non ne ha mai subito le conseguenze di questi attacchi.
Per molti anni lo svolgimento del lavoro degli agenti Funai, a parte alcuni episodi di intolleranza, era stato relativamente tranquillo, si sapevano che uccidere un funzionario del Governo avrebbe avuto serie conseguenze. La Polizia Militare ha iniziato a ricevere tangenti dai taglialegna illegali per impedire il nostro lavoro e l’ascesa di Bolsonaro, come Presidente del Brasile ha fatto il resto: le vite degli agenti Funai e dei guardiani forestali indigeni sono diventate insostenibili ed è iniziata un’escalation di morti violente di molti di questi.
Ricardo decide di scappare dal Brasile nel 2019, consapevole che dopo la morte, causata dai pescatori illegali ad Atalaia do Norte nello Stato dell’Amazonas, del suo amico e collega Bruno Pereira ucciso con il giornalista britannico Dom Phillips e del suo compagno di lavoro Paulo Guajajara, capo indigeno e guardiano della foresta, sarebbe stato il primo della lista.
Inizialmente ha cercato asilo politico ad Oslo e poi nel 2019 è arrivato in Italia, prendendone la nazionalità.
Tre giorni prima di imbarcarsi per Oslo, Ricardo ha consegnato un ampio fascicolo alla Camera dei Deputati del Brasile, nel quale si evidenziava i legami tra agenti della polizia civile e militare e la criminalità organizzata del traffico del legno, del narcotraffico e degli omicidi delle popolazioni indigene nel Maranhão. Denunce che al momento non hanno ancora prodotto alcuna indagine.
Oggi vive a Roma una città così diversa dai villaggi indigeni vicino a Imperatriz, nel Maranhão, che sono stati la sua casa per dieci anni. Si dedica alla scrittura, alla ricerca di lavoro e, insieme ad altri giuristi brasiliani, sta lavorando ad una causa vorrebbe portare Bolsonaro in Tribunale, come il responsabile della morte di cittadini italiani in Brasile durante la pandemia di Covid-19. Gli mancano la moglie e il piccolo figlio rimasti in Brasile, ma spera che l’elezione di Lula possa cambiare la sua situazione di esule.
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