Juba accoglie con calore
Sono atterrato a Juba da circa un mese, dopo una falsa partenza dall’Italia, rimandata di qualche giorno per un problema tecnico in fase di decollo. Il primo impatto con la città è stato piuttosto strano: situazioni di estrema povertà si alternano ai grandi alberghi con piscine o campi da basket sulle terrazze dei tetti, tipici di una capitale, e alle residenze governative sorvegliate da decine di soldati pesantemente armati. Sono rimasto piuttosto impressionato da questo contrasto e cercherò di esplorarlo meglio durante l’anno di Servizio Civile che mi aspetta.
Il Centro Usratuna dove vivo e svolgo il mio servizio ospita ogni giorno, oltre ai numerosi collaboratori locali, i pazienti che usufruiscono quotidianamente dei servizi di riabilitazione, educazione e sanità. Il primo giorno sono stato accompagnato a conoscere la maggior parte dei collaboratori e ho subito realizzato che una delle sfide principali sarà riuscire a ricordare quanti più nomi possibile.
Il mio ruolo principale qui è fornire supporto nell’ambito dello SVILUPPO INCLUSIVO SU BASE COMUNITARIA, un approccio che punta ad assicurare il rispetto e l’inclusione delle persone con disabilità nelle loro comunità su una base di parità in tutti gli aspetti della vita, garantendo loro pari opportunità di partecipazione e accesso ai servizi essenziali come l’educazione. In queste prime settimane ho già avuto l’opportunità di partecipare ad alcune attività dentro e fuori dal Centro di Usratuna. Tra queste, un progetto di sensibilizzazione nelle scuole, due gruppi di self-help e microfinanza per madri di bambini con disabilità e due incontri di sensibilizzazione su temi legati alla salute. Sebbene ridotte nel numero, queste esperienze mi hanno permesso di vedere direttamente quante persone, studenti, famiglie e membri della comunità questi progetti riescano a raggiungere a Juba.
Per quanto riguarda la vita al di fuori dall’ufficio, a Juba si vive e si lavora all’interno del compound, dove vige il coprifuoco per motivi di sicurezza e gli spostamenti sono limitati alle necessità. Fortunatamente, il team, giovane e dinamico, mi ha subito accolto con calore, e sono sicuro che la condivisione mi aiuterà a percepire meno le limitazioni a cui dobbiamo far fronte. La comunità di lavoratori espatriati qui a Juba è piuttosto unita, e gli incontri informali offrono momenti di svago e occasioni di confronto e scambio con operatori di altre organizzazioni. Questo network è essenziale non solo per mantenere alto il morale, ma anche per trovare nuove idee e soluzioni ai problemi che si presentano quotidianamente.
Questo primo mese a Juba mi ha fatto comprendere quante sfide ci siano nel supportare le attività di progetto e quante esperienze mi attendono, non tutte facili o positive, ma sicuramente formative.
Pietro Carra, Casco Bianco con OVCI a Juba, Sud Sudan.