La politica consente e favorisce la concentrazione del potere economico
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Ufficio Policy Focsiv – Le diseguaglianze aumentano per scelte politiche che consentono e favoriscono la concentrazione di potere economico nelle mani di grandi imprese. Dopo aver pubblicato la prima parte (I privati ricchi aumentano le diseguaglianze – Focsiv) della sintesi del rapporto del World Inequality Lab (WIL)[1] sulla disuguaglianza globale che analizza la distribuzione del reddito e della ricchezza su scala mondiale, per le diverse regioni geografiche, tra donne e uomini, individuando le cause, le conseguenze e fornendo raccomandazioni sulle politiche pubbliche da intraprendere, di seguito presentiamo le 6 ultime conclusioni del rapporto. Alla fine riportiamo anche le principali conclusioni del rapporto Oxfam sulle disuguaglianze che sono in linea con quelle del WIL e che chiedono politiche redistributive e contro i monopoli per una società più equa e giusta.
5. Le disuguaglianze di ricchezza sono aumentate nella parte più alta della distribuzione.
L’aumento della ricchezza privata è avvenuto sia all’interno dei Paesi che a livello mondiale. I multimilionari globali si sono accaparrati una quota sproporzionata della crescita della ricchezza globale negli ultimi decenni: il top 1% si è accaparrato il 38% di tutta la ricchezza aggiuntiva accumulata dalla metà degli anni ’90, mentre il 50% inferiore ne ha catturato solo il 2%. Questa disuguaglianza deriva dalla disparità nei tassi di crescita tra i segmenti più ricchi e quelli più poveri della società. È importante notare che la pandemia ha aggravato ulteriormente questa situazione, portando nel 2020 al più grande aumento della quota di ricchezza dei miliardari mai registrato.
6. Le disuguaglianze di genere rimangono notevoli
Per la prima volta il World Inequality Lab fornisce le stime sulla disuguaglianza di genere nei redditi globali. Nel complesso, le donne producono solo il 35% del reddito globale da lavoro, gli uomini il restante 65%. Nel 1990 la quota delle donne sul totale dei redditi da lavoro si avvicinava al 30%, e in 30 anni i progressi sono stati molto lenti a livello globale e la disuguaglianza retributiva tra i sessi resta molto elevata. Tra le regioni, l’area MENA hail più alto tasso di diseguaglianza di genere nei redditi.
7. Disuguaglianze ecologiche: grande divario nella quantità di CO2 emessa tra ricchi e poveri.
“Le disuguaglianze di reddito e ricchezza globali sono strettamente collegate alle disuguaglianze ecologiche e alle disuguaglianze nei contributi al cambiamento climatico”, ricorda il World Inequality Report. In media ogni essere umano emette 6,6 tonnellate di CO2 all’anno. I dati sulle disuguaglianze nelle emissioni di carbonio rivelano che: il 10% della popolazione più ricca è responsabile di quasi il 50% di tutte le emissioni di CO2, mentre la metà della popolazione più povera produce il 12% delle emissioni (figura14).
A livello regionale, il Nord America è la regione che inquina di più, infatti il 10% della popolazione più ricca emette 73 tonnellate di CO2 procapite all’anno, seguita dall’Asia orientale con 39 tonnellate e dall’Europa con 29 procapite.
Il grande divario nella quantità di CO2 emessa tra ricchi e poveri è un chiaro fallimento delle attuali politiche climatiche. Finora, le politiche climatiche come le tasse sul carbonio hanno spesso colpito in modo sproporzionato i gruppi a basso e medio reddito, senza influenzare le scelte dei gruppi più ricchi, sebbene essi siano i principali inquinatori.
Pertanto, le politiche climatiche dovrebbero colpire maggiormente gli inquinatori ricchi, responsabili di quasi il 50% di tutte le emissioni di CO2 a livello mondiale.
8. I periodi di riduzione e crescita delle diseguaglianze
Lo studio analizza il rapporto tra l’andamento negli anni delle diseguaglianze e le politiche adottate. Ci sono stati due periodi di riduzione delle diseguaglianze.
Dal 1945 al 1980, è stato un periodo di riduzione delle diseguaglianze in diverse parti del mondo, tra cui gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Francia, nonché India e Cina. Questa tendenza positiva può essere attribuita principalmente alle decisioni politiche adottate in quel periodo: le aliquote fiscali erano sostanzialmente elevate sulla popolazione più ricca e c’era un ampio consenso sia nel settore privato che nella società civile e nel governo sull’importanza di controllare le diseguaglianze.
Nei primi anni 2000, si è verificato un fenomeno simile anche inAmerica Latina, seppur per un periodo breve. Durante questo periodo, la regione ha registrato una crescita accelerata, accompagnata da una riduzione della povertà e delle disuguaglianze salariali. Questo successo è stato attribuito principalmente all’adozione di politiche redistributive.
Il punto di rottura è avvenuto nei decenni successivi. La crescente disuguaglianza nel mondo ha le sue radici nella rivoluzione neoliberista degli anni ’80, promossa da Reagan e Thatcher. Questa ideologia ha enfatizzato la deregolamentazione, la privatizzazione dei servizi pubblici e la riduzione delle spese sociali, contribuendo all’accumulo sfrenato di ricchezza privata e allo smantellamento del welfare.
Questa ideologia sosteneva che le tutele, come il salario minimo, i sindacati, le tasse e le regolamentazioni, fossero i principali responsabili della crisi economica e che fosse necessario promuovere una cultura imprenditoriale che favorisse l’accumulo smodato di ricchezza privata.
9. La disuguaglianza è una scelta politica
Le disparità di reddito e ricchezza si sono ampliate in molte regioni del mondo dagli anni ’80, principalmente a causa di una serie di deregolamentazioni e politiche di liberalizzazione adottate in modi diversi dai vari Paesi. Tuttavia, l’incremento non è stato uniforme: alcune nazioni hanno assistito a un notevole aumento delle disuguaglianze (come gli Stati Uniti, la Russia e l’India), mentre altri (come i Paesi europei e la Cina) hanno sperimentato un aumento relativamente più modesto. Queste variazioni dimostrano che la disuguaglianza non è inevitabile, ma è una scelta politica.
10. Raccomandazioni
Ridistribuzione la ricchezza per investire sul futuro è l’unica strada percorribile per ridurre le diseguaglianze economiche tra i ricchi e i poveri.
Una soluzione proposta è l’adozione di imposte progressive sulla ricchezza dei multimilionari globali. Questo approccio, come evidenziato nel World Inequality Report, potrebbe generare una significativa fonte di entrate per i governi, pari al 1,6% del reddito globale, da reinvestire in settori cruciali come istruzione, sanità e transizione ecologica.
Storicamente, l’attuazione di aliquote fiscali progressive ha dimostrato di contribuire al benessere degli Stati, promuovendo una maggiore equità sociale e politica. Dunque, la ridistribuzione della ricchezza attraverso imposte progressive rappresenta un mezzo efficace per contrastare le diseguaglianze economiche, promuovendo una società più giusta e solidale per tutti i suoi membri.
Il Rapporto Oxfam ‘Diseguaglianze, il potere al servizio di pochi’
Durante lo svolgimento del World Economic Forum (WEF) di Davos, Oxfam ha pubblicato il rapporto annuale sulla disuguaglianza globale, con lo scopo di sollevare l’attenzione della leadership mondiale sulle gravi disparità economiche che persistono nel mondo a causa delle politiche dominanti. In seguito, riportiamo i dati salienti.
Un decennio di gravi divari
Oggi, i miliardari globali sono, in termini reali, più ricchi di 3.300 miliardi di dollari rispetto al 2020 e il valore dei loro patrimoni è cresciuto tre volte più velocemente del tasso di inflazione.
Dall’inizio della pandemia i 5 uomini più ricchi al mondo hanno più che raddoppiato le proprie fortune, a un ritmo di 14 milioni di dollari all’ora, mentre la ricchezza aggregata di quasi 5 miliardi delle persone più povere non ha mostrato barlumi di crescita. Al ritmo attuale, ci vorranno oltre due secoli (230 anni) per porre fine alla povertà globale.
Il 2023 è destinato a superare tutti i record attestandosi come l’anno più redditizio di sempre per le grandi corporation. Nello specifico, 148 tra le più grandi aziende al mondo hanno realizzato profitti per circa 1.800 miliardi di dollari tra giugno 2022 e giugno 2023 con un aumento del 52,5% degli utili rispetto alla media del quadriennio 2018-21.
Caduta del potere d’acquisto dei lavoratori
Per quasi 800 milioni di lavoratori occupati in 52 Paesi, i salari non hanno tenuto il passo dell’inflazione, con una perdita equivalente a quasi uno stipendio mensile per ciascun lavoratore nel biennio 2021-2022. I bassi salari e il ricorso a forme contrattuali non standard fanno sì che molti lavoratori restino intrappolati nella spirale della povertà.
Le grandi imprese sono i principali responsabili delle diseguaglianze
Le grandi corporation esercitano un’influenza significativa sull’economia mondiale e sulle dinamiche sociali, contribuendo ad aumentare le disuguaglianze attraverso pratiche che favoriscono la concentrazione del potere economico e limitano l’accesso equo alle risorse e alle opportunità.
Innanzitutto, le corporation utilizzano la propria influenza per evitare l’imposizione fiscale e ridurre i costi del lavoro e i diritti dei lavoratori. Negli ultimi dieci anni, le corporation hanno sfruttando scappatoie fiscali, trasferendo profitti verso paesi con aliquote più basse. Le agevolazioni fiscali hanno privato i paesi di tutto il mondo di migliaia di miliardi di dollari che potrebbero essere destinati a politiche volte a ridurre la disuguaglianza e la povertà.
Le grandi aziende hanno progressivamente ridotto i salari dei lavoratori per aumentare i compensi della dirigenza. Inoltre, in tutto il mondo si registra una crescente tendenza alla privatizzazione dei servizi pubblici, escludendo più fragili dall’accesso all’assistenza sanitaria e a un’istruzione di qualità.
Infine, il potere economico sta alimentando la crisi climatica, causando enormi sofferenze e accentuando le disuguaglianze. La ricerca del profitto a breve termine da parte delle multinazionali ha portato il mondo sull’orlo del collasso climatico, mentre l’uso dei combustibili fossili favorisce la crescita delle ricchezze per molti tra i più facoltosi. Se i ricchi e i paesi industrializzati sono in gran parte responsabili della crisi climatica, sono invece le persone nei paesi a basso reddito e coloro che vivono in povertà, ovunque nel mondo, a subire le conseguenze più gravi.
Cambiare rotta è necessario
Oxfam riporta l’urgenza di cambiare direzione per garantire un futuro più equo e dignitoso per tutti. Raccomanda i governi di indirizzare il potere economico verso il bene comune, contrastando i regimi monopolistici, promuovendo la concorrenza e tassando la ricchezza e i profitti societari in modo più equo. È importante incentivare modelli d’impresa sostenibili che bilancino redditività e solidarietà.
[1] Il WIL è un centro di ricerca globale focalizzato sullo studio della disuguaglianza e delle politiche pubbliche che promuovono la giustizia sociale, economica e ambientale.