La tassa sulle transazioni finanziarie tutti gli allarmismi per non applicarla
Dal momento in cui l’economista James Tobin lanciò l’idea nel 1972, non siamo mai stati più vicini alla realizzazione di una Tassa sulle Transazioni Finanziarie (TTF). Ma proprio ora c’è il rischio concreto che si realizzi una tassa con il suo nome, ma che mantenga solo alcune delle caratteristiche che la renderebbero uno strumento reale per l’equità e lo sviluppo sostenibile.
di DAMIANO SABUZI GIULIANI
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Il dibattito intono alla TTF è piuttosto complesso. Purtroppo stanno entrando in campo variabili, proposte e dichiarazioni che rischiano di far confondere i cittadini europei e di fuorviare gli stessi politici. Come in tutte le questioni che toccano i cosiddetti “poteri forti”, in questo caso la finanza internazionale, c’è sempre qualcuno che rema contro e cerca di denigrare uno strumento che ha tutte le potenzialità per contrastare la speculazione finanziaria e reperire fondi per destinarli allo sviluppo, alla lotta contro la povertà e i cambiamenti climatici.
Con l’avvicinarsi della prospettiva europea di introduzione di una tassa sulle attività finanziarie tradizionali e derivate, non si placano studi allarmistici sugli effetti di tale tassa sulla crescita economica e sui contribuenti. Tra i più completi e dettagliati, quello condotto da OXERA (la rete di Assosim Europee) di cui parla il professor Leonardo Becchetti in un post sul suo blog di Mondo Solidale 1 confutando alcuni punti cardine della ricerca.
“Invece di una Tassa, si rischia di deviare il discorso parlando di tutta una serie di eventuali tasse, a seconda delle variabili, come il tasso d’imposta, l’applicazione sui mercati primari e/o secondari, misure per contrastare l’evasione fiscale e il numero dei paesi partecipanti”, come spiega Bernd Nilles, Segretario Generale della CIDSE , la rete europea e nordamericana di Organizzazioni di sviluppo cattoliche. Grazie a questa complessità “gli oppositori all’introduzione della TTF a livello europeo – continua Nilles – hanno tutti gli strumenti per dipingere scenari catastrofici dal rallentamento della crescita, alla fuga di capitali dai mercati europei”. Situazione talmente complessa per la parziale o l’errata circolazione di informazioni che ha spinto, la settimana scorsa, il commissario europeo Algirdas Šemeta ad intervenire, per confutare una serie di false affermazioni sulla TTF in un editoriale pubblicato in vari giornali europei.
Ma i falsi miti, e la scorretta informazione non sono l’unica minaccia alla realizzazione di una tassa che, se ben progettata e applicata, potrebbe contribuire a stabilizzare i mercati finanziari, scoraggiando la speculazione e recuperare grosse somme di denaro. “Purtroppo la Tassa come l’abbiamo sempre pensata, rischia di venire vanificata proprio da parte di quei governi che fin dall’inizio hanno spinto per l’introduzione di una TTF a livello europeo, come la Francia e la Germania – sostiene Sergio Marelli, Segretario Generale della FOCSIV – che rischiano di cedere alla tentazione di altri governi scettici dell’eurozona come il Regno Unito, vanificando gli sforzi di una Tassa comune condivisa”.
Infatti proprio in queste settimane in Francia hanno presentato una bozza di legge già approvata dal Consiglio dei Ministri, e attualmente in discussione all’Assemblea Nazionale, nella quale si propone di introdurre un tasso dello 0,1% sull’equity trading sul mercato secondario e per le emissioni da parte di compagnie francesi la cui capitalizzazione supera 1 miliardo di euro. Il problema è che l’eventuale approvazione di questa legge a livello nazionale allontanerebbe ancora di più l’orizzonte di una tassa comune europea, inoltre il gettito – stimato per circa 1,1 miliardi di euro l’anno – verrebbe destinato per rimpinguare le casse statali. In netta contrapposizione con la destinazione d’uso sostenuta dalle campagne europee e dalla campagna italiana Zerozerocinque 3, promossa da oltre 50 organizzazioni tra ONG che si occupano di sviluppo, sindacati, associazioni di consumatori e organizzazioni ambientaliste, da diversi anni impegnati sul tema a livello europeo e mondiale.
“Proprio in questi giorni – continua Nills – la campagna francese si attiverà con azioni di lobbying sull’Eliseo perché il testo venga modificato per quel che concerne la parte inerente la destinazione dei proventi della tassazione. E’ stato richiesto un aiuto su questo alle campagne europee, ma in una sola giornata e con testi soltanto in francese, credo sia per noi piuttosto difficile intervenire in modo incisivo. Una TTF debole in Francia – ha aggiunto – potrebbe costituire un pericoloso precedente, soprattutto ora che un gruppo di nove Stati membri dell’UE hanno dimostrato la volontà di proseguire i negoziati in prospettiva di una Tassa a livello europeo”, gli ha fatto eco Sergio Marelli, segretario generale della FOCSIV, che riunisce gli organismi cristiani di volontario in Italia .
Proprio lo scorso 7 febbraio, è stato chiesto alla presidenza danese dell’Unione Europea di accelerare i lavori in corso sulla Tassa. A firmare la petizione sono stati i rappresentanti di Francia, Germania, Italia, Austria, Belgio, Spagna, Finlandia, Grecia e Portogallo. Secondo la proposta della Commissione europea, una tassa sulle transazioni finanziarie potrebbe generare 57 miliardi di euro all’anno. Tali ricavi, se correttamente incanalati per combattere la povertà e il cambiamento climatico, potrebbero avere un notevole impatto positivo sul benessere dei cittadini, al Nord come al Sud del mondo.