Land grabbing e la questione dei crediti di carbonio
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Fonte immagine – Gli alberi della discordia
Ufficio Policy Focsiv – In riferimento all’attenzione che Focsiv riserva al tema del land grabbing, ed in particolare alle accuse mosse riguardo alle attività dell’azienda italiana Tozzi Green in Madagascar (Focsiv e il caso Tozzi Green in Madagascar – Focsiv), riportiamo di seguito una sintesi di quanto emerge da un articolo in materia pubblicato da IrpiMedia.
L’altopiano di Ihorombe, paesaggio arido e remoto nel sud del Madagascar, è al centro di un conflitto che coinvolge la multinazionale italiana Tozzi Green, operante nel settore delle energie rinnovabili, per un progetto di riforestazione destinato alla generazione di crediti di carbonio. Sebbene venga presentato come un’iniziativa di sviluppo sostenibile, il progetto è stato accusato di land grabbing e di provocare danni economici, sociali e culturali alle comunità locali. Questo caso offre anche un’opportunità di riflessione sul controverso tema del mercato dei crediti di carbonio e per la biodiversità (Verso la crisi del mercato dei crediti di carbonio? – Focsiv e I crediti di carbonio: aiuto o greewashing? – Focsiv, spesso criticato per i limitati benefici climatici e per le ripercussioni che hanno sulle popolazioni. Nonostante le promesse di sostenibilità, le denunce di sfruttamento, repressione e greenwashing continuano a moltiplicarsi.
Tozzi Green ha ottenuto, attraverso due contratti firmati nel 2012 e 2018, il diritto d’uso di 11.000 ettari di terreni nella provincia di Ihorombe per un periodo di trent’anni. La regione di savana è abitata da comunità che da generazioni vivono di allevamento e agricoltura di sussistenza, e il loro equilibro è stato stravolto dall’arrivo della multinazionale.
Inizialmente, l’obiettivo del progetto era coltivare la jatropha per biocarburanti, ma, dopo il fallimento di questa coltura, il progetto è stato riconvertito in piantagioni di alberi destinati alla produzione di crediti di carbonio.
Su 3.700 ettari sono stati piantati quattro milioni di alberi, principalmente specie non autoctone come eucalipti e acacie, scelte per la loro rapida crescita ma potenzialmente dannose per la biodiversità locale; entro il 2029 si prevede di coprire fino a 5.000 ettari.
Il contratto firmato con il governo del Madagascar prevede un costo annuale di 63.000 euro per 30 anni, una cifra giudicata irrisoria rispetto al reale valore delle terre e agli elevati costi che la comunità sta pagando in termini sociali e culturali. La società stima che il progetto genererà 2,7 milioni di crediti di carbonio nella sua intera durata, con un valore potenziale compreso tra 16 e 70 milioni di euro. Tuttavia, i benefici concreti per le comunità locali sono stati marginali: una clinica medica, alcuni banchi scolastici e pochi pannelli solari.
Questo ha scatenato un’ondata di proteste da parte di abitanti e associazioni, che accusano Tozzi Green di aver sfruttato ambiguità legali per ottenere le terre, spesso con il supporto delle autorità locali. Come afferma Jean Daré, “i crediti di carbonio non ci restituiscono ciò che è stato distrutto. Noi non siamo contro gli alberi, ma contro un sistema che lascia a noi i danni della crisi climatica, mentre i profitti vanno alle multinazionali. “Gli abitanti di Ihorombe denunciano che Tozzi Green abbia infatti sottratto loro terre destinate al pascolo e all’agricoltura di sussistenza: molti raccontano di essere stati costretti a firmare contratti in francese, lingua che non comprendono, senza traduzioni. La legislazione poco chiara del Madagascar, combinata con la connivenza delle autorità locali, avrebbe favorito l’azienda nell’ottenimento delle terre con metodi controversi. Si potrebbe trattare di un caso di land grabbing mascherato da sviluppo sostenibile (vedi Istanza italiana per un caso di land grabbing in Madagascar). L’utilizzo di specie non autoctone, inoltre, come detto, seppur strategico, potrebbe avere effetti negativi sull’ecosistema, in una regione già duramente colpita dalla desertificazione e dalla crisi climatica. Le comunità denunciano inoltre che l’espansione delle piantagioni ha ridotto i pascoli per gli zebù, elemento centrale non solo della loro economia e fonte di sussistenza importante, ma anche un pilastro culturale e simbolico.
Il progetto di Tozzi Green si inserisce nel contesto del mercato volontario dei crediti di carbonio, un sistema che permette alle aziende di compensare le proprie emissioni finanziando progetti ambientali che promettono di ridurre o assorbire gas serra. Tuttavia, questo mercato è stato spesso criticato per mancanza di trasparenza e regolazione, che solleva seri dubbi sull’efficacia reale di tali iniziative e sul rischio di greenwashing. Molti crediti di carbonio non sono addizionali, cioè non contribuiscono realmente a ridurre i gas serra oltre quanto già previsto. Nel caso di Tozzi Green, le comunità locali e attivisti internazionali denunciano che il vero obiettivo sia il profitto piuttosto che la sostenibilità.
Un’inchiesta del 2023 ha inoltre rivelato che fino al 94% dei crediti legati a progetti di riforestazione certificati da Verra, l’organizzazione che valuta questi programmi, potrebbe essere sovrastimato: questo mina la credibilità del sistema e solleva dubbi sull’effettiva utilità ambientale di iniziative simili. Inoltre, qualora al termine dei trent’anni gli alberi venissero abbattuti, la CO2 assorbita verrebbe rilasciata, annullando qualsiasi beneficio climatico.
Negli ultimi anni le proteste contro l’azienda si sono dunque intensificate. Il Comité de Défense des Terres, guidato da attivisti come Jean Daré Ratolonjanahary, è in prima linea nella difesa dei diritti delle comunità locali: denunciano non solo la perdita delle terre, ma anche le intimidazioni e la repressione da parte delle autorità, spesso schierate contro il dissenso. Un caso emblematico è l’arresto di Maherelio, un attivista locale condannato per estorsione e abuso di ufficio in quanto aveva denunciato la corruzione dilagante.
Nel 2023, diverse organizzazioni della società civile malgasce e non hanno presentato un’istanza presso il Punto di Contatto Nazionale dell’OCSE in Italia contro Tozzi Green, definendolo il primo caso di land grabbing trattato ufficialmente nel Paese; tuttavia, il processo avanza lentamente, mentre le tensioni nella regione restano elevate.
Il caso Tozzi Green in Madagascar mette in luce le contraddizioni di un sistema che spesso presenta i progetti ambientali come soluzione alla crisi climatica, ma che in realtà finisce per accentuare disuguaglianze sociali e ambientali. Il Paese, tra i più colpiti dal cambiamento climatico, non può permettersi soluzioni imposte dall’alto, misure neocoloniali che ignorano i diritti e i bisogni delle comunità locali (vedi Lettera aperta dal Madagascar su un caso di possibile landgrabbing). Questo conflitto solleva domande fondamentali sull’efficacia e l’etica dei crediti di carbonio e sull’importanza di garantire la partecipazione e i diritti delle popolazioni locali in qualsiasi progetto di sviluppo. Come recita un proverbio malgascio: “Se un uovo si rompe per una forza esterna, la vita finisce. Se si rompe per una forza interna, la vita comincia”, a significare che il vero sviluppo non può essere imposto da fuori, ma parte dall’autodeterminazione delle comunità locali.
Diritto di replica
Riceviamo e pubblichiamo
In merito al presente articolo, Tozzi Green ribadisce fermamente la correttezza del suo operato sottolineando come, al contrario di quanto riportato, tutte le aree impiegate nelle attività di Tozzi Green sono state ottenute nel pieno rispetto e in conformità alle leggi malgasce e con la partecipazione dello stato del Madagascar, oltre che con il coinvolgimento della popolazione attraverso numerose consultazioni pubbliche sempre in concerto con le autorità. Inoltre, l’azienda ha da anni promosso una serie di importanti iniziative di carattere economico, sociale e culturale a beneficio delle comunità locali delle aree in cui opera in Madagascar. Per citare soltanto alcuni esempi: la costruzione di infrastrutture scolastiche, ospedaliere e di terreni di gioco, la creazione di associazioni locali e le donazioni di materiale scolastico e sportivo.
La società rigetta infatti ogni accusa riguardo presunte pressioni o minacce alla popolazione locale: nessun rappresentante, dipendente o collaboratore a qualsiasi titolo di Tozzi Green ha mai tenuto o terrà condotte intimidatorie e/o aggressive nei confronti di alcuna persona. A questo proposito, si ribadisce che la presenza della gendarmeria ad alcuni incontri ha avuto esclusivamente una funzione di garanzia a beneficio di tutti i presenti coinvolti.
Per quanto riguarda il progetto di riforestazione, è essenziale sottolineare che negli ultimi anni i risultati dell’attività agricola sono stati compromessi da un’imponente riduzione delle piogge che sta tuttora interessando l’intero Madagascar meridionale. L’alternativa progettuale perseguita da Tozzi Green è stata ideata proprio al fine di tutelare l’affidamento di tutti i soggetti interessati: l’attività di riforestazione potrà senz’altro contribuire a risolvere il grave problema del cambiamento climatico determinando un miglioramento delle condizioni microclimatiche dell’area attraverso la piantumazione di specie arboree accuratamente selezionate e non invasive. Inoltre, è importante evidenziare che il meccanismo dei crediti di carbonio è riconosciuto in tutto il mondo come uno dei sistemi più efficaci per facilitare la lotta al cambiamento climatico. Il sistema è strettamente controllato da rigide norme e richiede una grande quantità di documentazione, ispezioni locali e controlli continui sulla creazione e la gestione delle iniziative. Infine, per chiarire tutti gli aspetti relativi all’istanza presentata al PCN, si rimanda alla sezione di approfondimento dal titolo “Focus Madagascar” disponibile sul sito di Tozzi Green.