Le certificazioni sociali non sono Due Diligence
FOCSIV è partner della campagna Impresa2030, Diamoci una regolata! e de La Campagna di CIDSE “Accesso alla giustizia” per le vittime di abusi aziendali – FOCSIV, entrambe promuovono a livello italiano ed europeo il dibattito a favore di una dovuta diligenza – due diligence. A tal riguardo riprendiamo qui l’ultimo articolo prodotto su Le certificazioni sociali non sono due diligence (impresa2030.org) e redatto da Priscilla Robledo di FAIR. Campagna Abiti Puliti, insieme al network internazionale Clean Clothes Campaign e ad altre realtà impegnate nella tutela dei diritti umani, conduce da tempo un’attività di sensibilizzazione sull’industria dell’audit sociale. In particolare lo fa sottolineando la tolleranza delle società di certificazione rispetto a condizioni inaccettabili e abusanti nelle fabbriche di cui si avvalgono i brand internazionali. Oggi vogliamo richiamare l’attenzione sulle responsabilità delle società di auditing e sottolineare che le certificazioni sociali non possono in alcun modo sostituire l’attività di due diligence.
Partiamo da alcuni casi concreti:
- Ali Enterprises, Pakistan (2012): la Ali Enterprises è stata distrutta dalle fiamme solo tre settimane dopo aver ricevuto la certificazione SA8000 in seguito a un’ispezione condotta da RINA. Nel disastro sono morte almeno 250 persone. L’audit non ha rilevato un gran numero di inequivocabili problemi di sicurezza;
- Rana Plaza, Bangladesh (2013): 1.134 lavoratori, dipendenti di cinque diverse fabbriche, sono morti nel crollo dell’edificio Rana Plaza. Le ispezioni eseguite da TÜV Rheinland, sotto la supervisione di Amfori BSCI, non hanno rilevato i problemi di sicurezza (né la presenza di lavoro minorile) e attestano addirittura che l’edificio era di “buona qualità strutturale”. Analogamente, quando Bureau Veritas ha ispezionato un’altra fabbrica ospitata nell’edificio, ha ignorato numerosi difetti di costruzione molto evidenti.
- Multifabs, Bangladesh (2017): l’esplosione di una caldaia nel 2017 è stata la dimostrazione lampante che TÜV Rheinland e Amfori BSCI non hanno tratto alcun insegnamento dalla tragedia del Rana Plaza. Il loro audit ha mancato di mettere in luce una lunga serie di problemi di sicurezza, nonostante gli stessi fossero già di pubblico dominio grazie ai sopralluoghi eseguiti nel quadro dell’Accordo sulla prevenzione degli incendi e la sicurezza degli edifici in Bangladesh.
- Hansae, Vietnam (2015-2016): dopo due scioperi di protesta sulle condizioni di lavoro, il Worker Rights Consortium ha denunciato una serie di gravi violazioni nella fabbrica. Tra queste furti di salario, temperature eccessive, abusi verbali e fisici, rifiuto di riconoscere i congedi per malattia, straordinari obbligatori, licenziamento di donne in stato di gravidanza. Le 25 ispezioni effettuate nel 2015 da SGS, Elevate, Bureau Veritas e UL non sono bastate a individuare i problemi riscontrati un anno dopo da WRC.
- Top Glove, Malesia (2017-2018): nei 40 stabilimenti del produttore di guanti in gomma Top Glove sono venute alla luce gravissime violazioni dei diritti umani e del lavoro. Lavoro forzato, schiavitù per debiti, straordinari eccessivi, compensi esorbitanti ai procacciatori di lavoro, confisca sistematica dei passaporti ai lavoratori migranti. I siti produttivi erano stati ispezionati e certificati da UL, Bureau Veritas, SGS, SA8000 e Amfori BSCI senza che nessun problema venisse rilevato.
Non basta una fotografia della realtà: ci vuole un film
Non possiamo permettere che le aziende continuino a commissionare questi audit, sostenendo che in questo modo hanno ottemperato ai propri obblighi di verifica dei propri fornitori! La due diligence è un processo che deve essere gestito dall’azienda committente, che di questo processo ne deve rimanere responsabile. Deve inoltre essere regolare, perché deve verificare che il fornitore rispetti sempre le norme. Non basta fare una fotografia della realtà: ci vuole un film.
Le società di auditing sono imprese commerciali che soddisfano l’esigenza dei clienti di mediazione fra i problemi derivanti dalla gestione delle filiere e la reputazione aziendale. La gestione del rischio e la protezione dell’immagine del marchio sembrano prevalere rispetto agli obblighi di due diligence come di identificazione e risoluzione dei problemi legati alle violazioni dei diritti dei lavoratori. Nati per rispondere alle critiche sollevate dai numerosi abusi denunciati negli anni Novanta, i sistemi di responsabilità sociale a guida aziendale hanno mostrato tutti i loro limiti. Questi ultimi sono riassumibili nella mancanza di trasparenza, nel conflitto di interessi, nell’inconsistenza degli strumenti predisposti per identificare, documentare, comunicare e rimediare alle violazioni o ai rischi di violazione dei diritti umani. Lo testimonia la quantità opinabile di miglioramenti reali intervenuti nelle condizioni di lavoro. L’industria mantiene la massima riservatezza sui contenuti dei rapporti di audit e l’assenza di responsabilità legali in capo a queste società.
Vediamo più nel dettaglio quali sono le criticità principali degli audit sociali:
- Frodi: sono molto diffusi i casi di falsificazione di documenti, di corruzione degli auditor e di interviste a lavoratori istruiti a mentire. Gli ispettori non hanno tempo a sufficienza o non sono adeguatamente formati per scoprire le frodi.
- Violazione delle norme di salute e sicurezza: gli auditor posseggono generalmente una scarsa conoscenza dei rischi per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro. Ciò è dovuto alla mancanza totale di formazione e di esperienze sul campo. E’ facile che le ispezioni, condotte da auditor non qualificati ed eseguite sulla base di liste di controllo semplificate e incomplete, si concludano con false rassicurazioni sul rispetto della legislazione nazionale e degli standard internazionali in materia.
- Violazione della libertà di associazione sindacale e diritti umani: gli auditor posseggono generalmente una scarsa conoscenza del concetto di libertà di associazione sindacale. Un diritto come questo non può essere monitorato con il criterio della semplice lista di controllo. Spesso infatti diventa facilmente oggetto di false rassicurazioni in ispezioni condotte in paesi che limitano per legge il diritto all’attività sindacale.
- Coinvolgimento dei lavoratori: i processi ispettivi non offrono sufficiente spazio al coinvolgimento dei lavoratori. Ne sono un esempio le interviste, vengono condotte nei luoghi di lavoro e alla presenza dei superiori, anziché in luoghi che garantiscano la riservatezza.
- Trasparenza: i rapporti di audit non vengono resi pubblici e pertanto non sono accessibili ai lavoratori o ad altre parti interessate, come altre imprese acquirenti. Sono visionabili solo dalla/e azienda/e che hanno commissionato l’audit. Queste, di fronte a riscontri oggettivi di abusi, potrebbero decidere di ignorarli o di interrompere i rapporti con i partner commerciali lasciando la situazione irrisolta.
- Audit veloci, economici ed annunciati: per contenere i costi, gli audit devono generalmente essere eseguiti entro un numero limitato di giorni. Non resta pertanto tempo per indagini più approfondite, per esempio con interviste ai lavoratori in luoghi sicuri. Inoltre si tratta spesso di ispezioni annunciate anziché a sorpresa.
- Audit solo a livello di fabbrica: l’attività di revisione si concentra normalmente sulle condizioni lavorative presenti in fabbrica e non scende alla radice dei problemi. Per esempio non vengono esaminate le pratiche di acquisto (stretta sui costi e sui tempi di consegna) adottate dal marchio o dal distributore che hanno commissionato l’audit.
- Nessuna responsabilità: i sistemi di auditing sociale sono volontari. Il loro contributo allo sviluppo di programmi di monitoraggio pubblici nei paesi dove operano è nullo. Essi non devono rispondere per non essere riusciti a individuare e risolvere i problemi, anche di gravità tale da causare incidenti mortali.
L’audit sociale non è due diligence
Alla luce di quanto precede, è fondamentale sgomberare il campo da equivoci. L’audit sociale non è due diligence, non risolve i problemi, non modifica le condizioni di lavoro delle filiere. Anzi, le aziende di certificazioni sociali sono esse stesse delle multinazionali. Come tali dovranno essere sottoposte esse stesse agli obblighi di due diligence e mitigazione dei rischi, modificando di conseguenza il loro stesso modo di operare.