Le difficoltà del processo di applicazione del Global Compact sulle Migrazioni
Di Martina Farris e Alessia Colonnelli, giovani attiviste FOCSIV
Nel corso dei mesi che concludono il 2020 è stato compiuto un passo significativo verso la realizzazione del Global Compact for Migration (GCM). Il 12/13 novembre si è tenuta la prima Regional Review per l’Europa da parte di UNECE[1]: un organismo che, invitando gli Stati membri e una serie di stakeholder a presentare i progressi compiuti, rende esplicito e pubblico il follow up degli obiettivi del GCM, in attesa della Global Review che sarà realizzata nel 2022.
L’incontro intergovernativo è stato preceduto da un altro importante evento tenutosi il giorno 9 Novembre, ovvero le consultazioni informali tra gli stakeholder della regione: un insieme di vari attori che, a diverso titolo[2], contribuiscono all’implementazione del GCM, e tra i quali figura FOCSIV, impegnata nel perseguimento degli obiettivi del Compact con il progetto Volti delle Migrazioni, nonostante l’Italia non lo abbia ancora adottato.
Le consultazioni hanno costituito un momento importante per lo scambio di informazioni e proposte: la varietà dei relatori ha permesso la costruzione di una panoramica regionale sull’implementazione del GCM, non solo a livello sovrastatale, ma anche nazionale e soprattutto locale, dove gli attori empatizzano maggiormente con i migranti e colgono e raccolgono le loro necessità.
La giornata delle consultazioni, divisa in due panel tematici, si è incentrata inizialmente sui progressi e le sfide registrate dagli stakeholder nei processi di attuazione del GCM nelle varie aree della regione. Tra i progressi fatti, è stata richiamata la realizzazione di una sempre maggiore cooperazione tra attori nazionali, ma anche transnazionali (come OSCE o Human Rights Watch); la sperimentazione di pratiche alternative alla detenzione, la cui necessità (per non dire obbligatorietà) è diffusamente riconosciuta quando ad essere coinvolti sono i minori; la realizzazione, da parte di numerose organizzazioni della società civile, di programmi di acquisizione di skills per l’inserimento professionale dei migranti – in particolare giovani – e di accesso ai servizi sociali e legali di base. Tra le iniziative intraprese è emerso anche il lavoro di armonizzazione delle policies sulla migrazione lavorativa tra i paesi dell’Asia centrale e la creazione di una Task Force multi-stakeholders per potenziare la fondamentale risorsa delle rimesse dei migranti[3].
Punto focale del secondo panel tematico è stata l’analisi del ruolo della pandemia rispetto alle migrazioni e all’attuazione del GCM, seguito da un approfondimento pratico sul processo di riconoscimento, valutazione e sviluppo delle problematiche che ne conseguono, e dei successivi mezzi e strategie attuate per risolverle. Le sfide che sono emerse, in termini di mobilità in sicurezza ed erogazione di servizi (carenza di servizi di supporto sociale, educativo, assistenziale e sanitario, e accesso discriminatorio a servizi pubblici scadenti nei paesi di destinazione, aggravati dalla pandemia in corso) hanno evidenziato i limiti già preesistenti di un processo lento e macchinoso che, oltre a escludere i migranti dai servizi, per via della digitalizzazione o della scarsa efficienza e reperibilità delle istituzioni, rende il soddisfacimento dei bisogni base dei migranti sempre più arduo e complesso. Rimangono, inoltre, delle criticità sul piano della gestione dei flussi migratori, a cui nemmeno il nuovo Patto dell’Unione europea su migrazioni ed asilo pare essere in grado di ovviare: ad esempio, riguardo la questione delle procedure alle frontiere, dove non mancano le denunce di violazione di diritti.
Le volontà, condivise da tutti, sono quelle di fornire servizi migliori basandosi su una rete compatta di organizzazioni locali, regionali e nazionali con il fine di velocizzare le procedure, avere a disposizione maggiori risorse economiche e garantire a tutti, a prescindere dallo status legale, l’accesso a servizi pubblici degni.
È stato dimostrato, in conclusione, come un mancato soddisfacimento dei bisogni base delle comunità migranti renda loro impossibile un’adeguata integrazione, sottolineando i due volti della stessa medaglia: una corretta e sicura accoglienza da un lato, e un’altrettanto degna e solida inclusione dall’altro.
[1] UNECE è la Commissione delle Nazioni Unite per l’Europa e comprende 56 Stati membri anche di Asia e Nord America.
[2] L’evento ha riunito rappresentanti delle comunità di migranti, diaspore, comunità locali, società civile, organizzazioni religiose, università, settore privato, parlamentari, sindacati, ONG, istituzioni per i diritti umani, media, e altri.
[3] Tutte le informazioni qui citate sono contenute nei vari rapporti (ad oggi, circa trenta) che, su base volontaria, alcuni Stati membri e parti interessate nella regione UNECE hanno redatto e pubblicato. Per scaricarli, si rimanda al sito del Network on Migration, al link che segue: https://migrationnetwork.un.org/country-regional-network/europe-north-america