Le imprese dei migranti che guidano la ripresa economica

Continua a crescere il numero delle piccole e medie imprese gestite dagli immigrati, ovvero quelle in cui il titolare o la maggioranza dei soci e degli amministratori risultano nati all’estero. Dopo un aumento di oltre 43 mila unità nel triennio 2011/13, anche nel 2014 sono state registrate quasi 28 mila imprese in più, portando a 524.674 le aziende gestite da cittadini stranieri, con un impatto dell’8,7% sul sistema imprenditoriale nazionale, ovvero con una percentuale significativamente più alta rispetto a quella della popolazione immigrata sul totale degli abitanti del paese (7,5%).
I dati indicano, anche in campo lavorativo, una spiccata attitudine all’autonomia della popolazione coinvolta nella mobilità globale, e sottolineano il forte dinamismo dell’imprenditoria di origine immigrata la quale, con l’avanzare del processo di stabilizzazione delle comunità straniere arrivate in Italia negli ultimi 40 anni, si rivela sempre più una componente strutturale di rilievo del tessuto socio-economico del paese, dimostrandosi forse persino capace di bilanciare la progressiva erosione della base imprenditoriale autoctona, duramente provata dalle difficoltà degli ultimi anni.
Infatti il lieve saldo positivo tra le imprese iscritte e quelle cancellate dai registri camerali nel corso dell’ultimo anno – il migliore dal 2010 – si lega in larga parte proprio alle attività guidate da cittadini nati all’estero, che hanno inciso per quasi un quinto sull’insieme delle nuove iscrizioni, registrando un aumento di 4.268 unità (+6,8%), mentre quelle avviate dai nati in Italia sono diminuite del 5,5%. Come a dire che, anche di fronte alla persistente incertezza del quadro economico del Paese, i lavoratori di origine straniera, contrariamente agli autoctoni, continuano a distinguersi per una crescente propensione all’iniziativa imprenditoriale ed al rinnovamento. “Siamo di fronte ad andamenti che attestano un timido inizio di ripresa, più marcato per gli imprenditori immigrati. È un segnale positivo che dimostra una volontà di integrazione e di emersione dal sommerso che va sostenuta e incoraggiata” afferma Daniele Vaccarino, presidente della Confederazione Nazionale Artigianato e Piccola e Media Impresa.
Anche se commercio ed edilizia continuano a rappresentare i principali ambiti di attività dei lavoratori autonomi stranieri con circa il 60% delle imprese registrate, nel 2014 è il settore dei servizi a trainare lo sviluppo delle iniziative imprenditoriali dei migranti, coprendo l’80% dell’intera crescita annuale con 22 mila imprese in più rispetto al 2013. Al suo interno, sono le attività di noleggio, le agenzie di viaggio ed i servizi alle imprese quelle che si distinguono per il maggiore incremento in termini relativi, tanto che in questo settore, oltre 1 impresa ogni 7 è ormai gestita da lavoratori immigrati. Sempre più spesso inoltre, anche i migranti avviano forme d’impresa più strutturate e complesse sotto il profilo societario: se è vero infatti, che in 8 casi su 10 le attività controllate da stranieri nascono come imprese individuali, nel 2014 sono cresciute soprattutto le società di capitali, che a fine anno risultavano ammontare a oltre un decimo del totale (10,8%).
Questi nuovi sviluppi avallano la lettura di una crescita positiva degli imprenditori immigrati anche sotto il profilo della competenza gestionale e della qualità le quali, a loro volta, sono destinate a produrre ricadute interessanti sugli altri aspetti connessi all’attività imprenditoriale, dalla crescita del profitto all’innovazione, dall’aumento dell’occupazione alla responsabilità nei confronti del contesto socio-economico di arrivo, dalla coesione sociale a più incisive forme di solidarietà con le proprie comunità di provenienza. Sono dunque dati a cui prestare la massima attenzione, poiché non solo propongono i migranti come protagonisti di percorsi imprenditoriali di successo, ma, sempre più spesso, ne evidenziano anche il potenziale di attori di innovazione e di sostegno per l’intero sistema socio-economico del Paese, tanto nella sua dimensione nazionale che in quella locale.
A questo proposito infatti, la distribuzione territoriale delle imprese condotte da immigrati evidenzia una netta concentrazione nelle aree più industrializzate centro-settentrionali, dove si raggiunge un’incidenza media del 10,1% sull’insieme delle imprese iscritte nelle locali Camere di Commercio. Ma sono la Lombardia e il Lazio, le quali rappresentano anche le principali regioni di insediamento della popolazione immigrata, a distinguersi per il più alto numero di imprese guidate da stranieri: 167 mila in tutto, maggiormente concentrate sul territorio lombardo (19,0%), e nella provincia romana (10,9%).
Quanto ai diversi gruppi nazionali, ad emergere per il numero di cariche imprenditoriali, se pur nell’ambito di imprese individuali, continuano ad essere i marocchini, una delle comunità più antiche e dunque in avanzata fase di stabilizzazione, che tradizionalmente si concentra nel commercio. Seguono i cinesi, distribuiti soprattutto tra il comparto commerciale, quello manifatturiero e i servizi di alloggio e ristorazione, e i romeni, fortemente concentrati nell’edilizia. Ma i più accentuati ritmi d’aumento sono appannaggio dei bangladesi, i quali, continuando il trend positivo dell’ultimo quinquennio, nel 2014 hanno fatto registrare una crescita di oltre un quarto delle imprese individuali. Notevole è stato anche l’aumento delle attività autonome gestite da pakistani e nigeriani.
Secondo l’economista Andrea Stocchiero, responsabile Politiche Migrazione e Sviluppo FOCSIV, “Le forti potenzialità degli imprenditori appartenenti alle diaspore o ai diversi gruppi nazionali di immigrati, non promettono ricadute positive soltanto sulle economie dei Paesi di arrivo, ma possono anche innescare significativi processi di crescita – e creare nuove opportunità di occupazione – nei rispettivi Paesi di provenienza, in un’ottica di reciprocità e di co-sviluppo globale. Queste potenzialità andrebbero dunque incentivate facilitando l’accesso al credito, o al micro-credito, dei migranti e studiando apposite misure di consolidamento e sostegno organizzativo delle nuove imprese guidate da cittadini stranieri”
Questo significa che nel prossimo futuro anche le iniziative internazionali di contrasto alle diseguaglianze fra Paesi, alla povertà del sud del mondo e alla crescente insicurezza globale – iniziative fino a oggi concepite facendo leva soprattutto sugli aiuti allo sviluppo delle nazioni ricche, oppure sulle semplici rimesse dei migranti, e forse proprio per questo risultate inefficaci – potrebbero utilmente contare, in aggiunta al loro impegno finanziario e alla profonda conoscenza delle rispettive realtà locali, anche sulla creatività, sullo spirito di iniziativa e sulle competenze tecnico-gestionali maturate dai lavoratori stranieri grazie al percorso imprenditoriale intrapreso nel paese di arrivo. E visto che tra le imprese operanti in Italia figurano nei primi dieci posti, insieme a quelle guidate da marocchini, anche le attività gestite dagli albanesi (7,3%), dagli egiziani (3,7%) e dai tunisini (3,2%), sembrerebbe ormai fattibile, oltre che utile e opportuno, coinvolgere nei programmi multilaterali di cooperazione economica e co-sviluppo previsti a livello europeo e nazionale, innanzitutto gli imprenditori di origine immigrata provenienti da nazioni a noi così vicine, nell’ottica di una progressiva maggiore integrazione, e pacificazione, di tutta l’area mediterranea.
Loretta Cortonesi