Le richieste dell’alleanza delle reti ecclesiali per l’ecologia integrale alla COP26
C’è un urgente bisogno di sviluppare uno spazio dialogico e creativo per poter rispondere agli appelli contenuti nella Laudato Sì ed attuare le trasformazioni strutturali in esso contenute, e che chiedono alla COP26 un cambiamento radicale. Il Sinodo Amazzonico e l’esperienza concreta della REPAM (Rete ecclesiastica Pan Amazzonica), insieme ad altri processi, in altri territori e biomi incluso il bacino del Congo (REBAC), il continente asiatico ed oceanico (RAOEN), Mesoamerica (REMAM) Il Gran Chaco e il territorio Aquifer Guaranì, come quelli in Europa (ELSiA e CIDSE) e Nord America, con il supporto dell’Istituto di ricerca Laudato Sì (LSRI) e il Dicastero per la promozione dello sviluppo umano integrale, condividono speranze e forze per accompagnare alcuni processi territoriali chiave che servono per attuare le riforme portate avanti da Papa Francesco e rispondere alla crisi dei poveri nel mondo e della nostra casa comune.
Per rispondere a questa missione, è stata creata una piattaforma chiamata Alleanza delle Reti Ecclesiastiche per un’ecologia integrale che cerca di integrare le differenti reti territoriali per generare riflessioni e azioni comuni, e per rafforzare il lavoro particolare di ciascun membro del network. In questo senso, la REPAM ha presentato un semplice ma significativo contributo per portare la voce concreta dei rappresentanti delle comunità e delle organizzazioni ecclesiastiche appartenenti a diversi biomi e territori del Pianeta, cercando di fornire con testimonianze concrete un contributo alle urgenti riflessioni e decisioni che hanno luogo nella COP26. Queste voci sono di volti concreti che possono aiutare tutti i leaders a comprendere cosa c’è in ballo in questo summit.
La Rete ecclesiale sottolinea l’urgenza climatica e la responsabilità umana, come evidenziata dal Panel internazionale degli scienziati sul cambiamento climatico. Le politiche economiche ed ambientali devono essere cambiate al più presto. Per questo si vuole nutrire una realistica speranza per la conversione socio-ecologica. La COP26 è una opportunità per transitare verso un nuovo sistema culturale economico e sociale.
La Rete è testimone ogni giorno di comunità locali che soffrono e denunciano l’ingiustizia sociale e climatica esistente. In particolare “soffriamo la perdurante deificazione dei mercati, dei profitti e dell’avidità, a detrimento della giustizia sociale ed ecologica. Soffriamo le conseguenze di una malattia sistemica che non è naturale e normale. Il nostro stile di vita dominante, espressione di una cultura dello spreco, sta uccidendo la vita sul nostro pianeta”.
Di conseguenza la Rete avanza alcune richieste:
- che i governi e le grandi multinazionali rendano conto del ruolo che hanno nell’emissione di carbonio affrontando la sfida del cambiamento con uno spirito nuovo
- di includere le voci dei popoli indigeni, dei contadini, dei difensori dei diritti umani nei processi decisionali per la formazione delle nuove politiche
- di adottare azioni urgenti e ambiziose, che includano la partecipazione delle comunità locali. Non sono sufficienti i traguardi “net zero” al 2050 e oltre, e le soluzioni tecnologiche. E’ necessario fissare traguardi al 2030 per il cambio di paradigma.
- Di forgiare una nuova cultura fondata sulla solidarietà, la giustizia, e su soluzioni basate sulla natura ispirate dalle comunità locali, cambiando le attuali strutture a favore del bene comune.
- Di impegnare una finanza adeguata per affrontare la crisi climatica
- Di adottare politiche secondo il principio delle responsabilità comuni ma differenziate, mettendo al centro gli esclusi e i più vulnerabili
Infine è necessario un impegno collettivo per cambiare radicalmente i nostri stili di vita e fermare tutte le attività che causano sofferenze e degrado della natura, riconoscendo il ruolo delle soluzione fondate sulla cultura e che retribuiscono i servizi ecologici.
Qui in allegato il documento della Rete ecclesiale.