Libia: non servono forze militari ma ricostruzione democratica
Il nome, “Missione Ippocrate”, vorrebbe connotare l’operazione come intervento umanitario, ma la sostanza, per chi vuole vederla, è ben diversa. Il Governo italiano ha deciso di intervenire in Libia con un contingente di circa 300 unità; di questi 300, 65 medici e paramedici, 135 “addetti alla logistica”, 100 addetti alla “force protection” (scorta ai convogli e presidio della base). Come si vede, il personale medico rappresenta la frazione più esigua del contingente; nell’ambito di un contesto – quello libico – in cui è in atto un vero e proprio conflitto civile, perlopiù legato al controllo delle aree petrolifere, il ricorso allo strumento militare appare avventato e soprattutto infruttuoso: è proprio in seguito all’intervento armato che la situazione libica ha iniziato ad avvitarsi, è esattamente dopo l’opzione militare che la Libia è diventata la polveriera che abbiamo sotto gli occhi . Definire quindi l’intervento una “operazione umanitaria”, è quantomeno fuorviante: FOCSIV esprime tutta la sua apprensione in merito a tale decisione, nella convinzione che solo un processo pacifico di ricostruzione politica, che si avvalga di una strategia negoziale paziente e inclusiva delle parti sociali, possa rimettere in moto un processo democratico affidabile e duraturo. La Federazione condivide e rilancia il comunicato che Rete per il Disarmo e Rete della Pace hanno diramato a riguardo.
Libia – Rete Disarmo e Rete Pace: non serve invio di forze militari ma visione ampia e ricostruzione democratica
La Rete Italiana per il Disarmo e la Rete della Pace esprimono forte preoccupazione sulla decisione da parte del Governo Italiano di procedere ad un intervento di natura militare in Libia, e ribadiscono la propria contrarietà a qualsiasi tipo di intervento armato.
La soluzione per la grave situazione conflittuale in corso da anni in Libia potrà derivare solo da una visione politica ampia che metta al primo posto la ricostruzione di un tessuto democratico a partire dal rafforzamento della società civile, cosa impossibile da effettuarsi con le armi.
A maggior ragione nel momento in cui all’imminente sconfitta di Daesh in Libia rischia di riaccendersi una guerra civile tra Tripoli e Tobruk come già evidente negli ultimi recentissimi sviluppi relativi alla avanzata delle milizie del generale Heftar, nella cosiddetta Mezzaluna petrolifera.
La Rete Disarmo e La Rete per la Pace considerano inoltre fuorviante e problematico definire l’intervento di circa 300 effettivi dell’Esercito italiano, di cui solo una minima parte sarà personale medico, come un’azione di natura “umanitaria”.
Gli interventi umanitari seri e lungimiranti si compiono con le strutture ed organizzazioni formate in tal senso, non con unità militari. Consideriamo inoltre inaccettabile paragonare il dispiegamento di effettivi armati a Misurata, nel pieno del conflitto interno libico per il possesso delle aree di produzione petrolifere, all’intervento di aiuto alle popolazioni colpite dal terremoto che le nostre Forze Armate hanno condotto nelle regioni centrali dell’Italia.
Riteniamo pertanto ancora una volta sbagliato il ricorso allo strumento militare per cercare di risolvere una situazione che, ricordiamolo, è degenerata proprio a seguito di decisioni di intervento armato. Questa escalation inoltre finirebbe per pregiudicare ogni sforzo di mediazione del conflitto libico da parte del nostro Paese, al fine di prevenire una nuova guerra civile.
In tal senso Rete Disarmo e Rete per la Pace ribadiscono la propria proposta di una Conferenza internazionale con tutti i soggetti politici, sociali e civili della Libia nell’ottica di una strategia di costruzione della Pace “dal basso” che assicuri nel contempo l’incolumità delle popolazioni civili e la costruzione della stato di diritto.
Chiediamo a tal fine al Governo italiano di farsi portavoce di un impegno attivo per la soluzione negoziale che – per essere efficace e credibile – presuppone una neutralità tra le parti in causa in Libia e la capacità di convocare tutti i soggetti politici e sociali in uno sforzo di mediazione e “peacebuilding” volto ad evitare la destabilizzazione della Libia sia ad opera di forze interne che di potenze esterne.
Rete della Pace: segreteria@retedellapace.it