Maggiori finanziamenti UE per la biodiversità e i diritti dei popoli indigeni
Ufficio Policy Focsiv – CIDSE, di cui Focsiv è socia, ha editato un documento sulla biodiversità e i popoli indigeni, indicando come l’Unione europea dovrebbe finanziare la loro tutela. Di seguito abbiamo tradotto il Comunicato Stampa (L’UE dovrebbe garantire che i finanziamenti per la conservazione della biodiversità rispettino i diritti delle popolazioni indigene – CIDSE
Il 12 settembre, CIDSE, il Centro per l’Agroecologia, l’Acqua e la Resilienza (CAWR, Università di Coventry), l’Alleanza per la Sovranità Alimentare in Africa (AFSA), il Simposio delle Conferenze Episcopali in Africa e Madagascar (SECAM), il Forum delle Organizzazioni Non Governative Indigene dei Pastori (PINGOs), il Consiglio Pastorale delle Donne (PWC) e altri hanno lanciato il documento programmatico congiunto “Proteggere i diritti umani dei popoli indigeni e delle comunità locali per arrestare la perdita di biodiversità.” Questa importante pubblicazione sottolinea l’urgente necessità di rispettare e proteggere i diritti umani nei progetti e nelle strategie globali di conservazione della biodiversità.
Con l’intensificarsi della crisi della biodiversità, con l’accelerazione dei tassi di estinzione delle specie a livello globale, questo documento politico richiede un cambiamento radicale negli approcci alla conservazione. Gli autori sostengono che gli attuali modelli di conservazione, spesso incentrati sulla “conservazione delle fortezze” escludenti, non sono solo inefficaci ma anche dannosi, portando allo spostamento delle popolazioni indigene e delle comunità locali dalle loro terre con il pretesto della protezione ambientale. È probabile che l’UE aumenti i suoi finanziamenti per la conservazione della biodiversità nell’ambito dei suoi sforzi per attuare l’accordo di Montreal Kunming per proteggere il 30% del pianeta entro il 2030. C’è il rischio, sottolineano gli autori, che i finanziamenti per la biodiversità portino a maggiori pressioni sulle terre gestite dalle popolazioni indigene e dalle comunità locali, con conseguente aumento delle violazioni dei diritti umani e dello sfollamento delle persone.
I modelli di conservazione devono rispettare e proteggere i diritti delle popolazioni indigene e delle comunità locali, che gestiscono l’80% della biodiversità rimanente nel mondo (Gli indigeni per la difesa della biodiversità – Focsiv). Tuttavia, queste comunità devono affrontare crescenti minacce da parte delle politiche e dei progetti ambientali globali, compresi quelli finanziati dall’Unione Europea e dai suoi Stati membri. Sebbene l’UE abbia recentemente adottato un nuovo approccio alla conservazione del paesaggio, è necessario mettere in atto misure concrete per garantire che gli sforzi di conservazione non violino i diritti delle persone. Le raccomandazioni chiave del documento programmatico includono:
- Porre fine ai modelli di conservazione escludenti: il documento politico chiede l’abbandono degli approcci di “conservazione delle fortezze” a favore di modelli di co-gestione che consentano alle popolazioni indigene e alle comunità locali di proteggere la biodiversità in collaborazione con gli attori globali. Ciò significa evitare qualsiasi tipo di sfollamento, promuovere approcci di conservazione che integrino l’uomo e la natura e garantire che la finanza per la biodiversità sia gestita e monitorata dalle comunità locali.
- Garantire i diritti fondiari: proteggere il diritto alla terra dei popoli indigeni e delle comunità locali è fondamentale. Il documento politico sostiene il riconoscimento giuridico e la protezione del diritto umano alla terra come elemento fondamentale per un’efficace conservazione della biodiversità, alla luce delle Dichiarazioni delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni (UNDRIP) e dei diritti dei contadini e di altre persone che lavorano nelle aree rurali (UNDROP).
- Garantire il consenso libero, preventivo e informato (FPIC): tutti i progetti sulla biodiversità, in particolare quelli finanziati dall’UE, devono garantire il FPIC delle comunità indigene, in linea con gli standard internazionali in materia di diritti umani. Dovrebbe inoltre essere garantita una partecipazione significativa e attiva delle comunità locali.
- Riorientare la finanza per la biodiversità: il documento politico esorta a reindirizzare il finanziamento della biodiversità per sostenere pratiche sostenibili come l’agroecologia e la pastorizia, che migliorano la biodiversità salvaguardando i diritti e i mezzi di sussistenza delle popolazioni indigene e delle comunità locali. La pastorizia è un sistema di sostentamento e di gestione del territorio praticabile che non riceve un sostegno adeguato.
L’evento di lancio, tenutosi a Vienna durante la Tropentag Conference, ha visto la partecipazione di potenti testimonianze di leader indigeni e rappresentanti di organizzazioni partner. Un avvocato per i diritti umani Maasai della Tanzania, la cui comunità è stata direttamente colpita da pratiche di conservazione escludenti, ha descritto in modo commovente la situazione: “Le vostre aree di conservazione sono una zona di guerra per noi“.
Le tavole rotonde hanno approfondito le intersezioni tra biodiversità, diritti umani e sviluppo sostenibile, rafforzando la necessità di un approccio collettivo e basato sui diritti alla conservazione.
Questo documento programmatico congiunto rappresenta un appello congiunto da parte di CIDSE e dei suoi partner per un approccio reinventato agli sforzi di conservazione globale. Ponendo i diritti degli indigeni al centro della conservazione della biodiversità, possiamo creare un futuro sostenibile che rispetti sia le persone che la natura.
PER ULTERIORI INFORMAZIONI
Si prega di contattare: Jose Emmanuel Yap, Responsabile delle politiche alimentari e fondiarie, CIDSE, Telefono: +32 (0)2 233 37 53 – E-mail: yap@cidse.org