NE’ MIGRANTI ECONOMICI NE’ RIFUGIATI: UNA SCELTA PIÙ CHIARA SI IMPONE!
Il 9 giugno 2015, intervenendo al Parlamento Europeo sull’emergenza immigrazione, Jean-Claude Juncker aveva precisato: “dobbiamo stabilire una distinzione fra le persone che hanno chiaramente bisogno di protezione internazionale… e quelle che lasciano i loro paesi per altre ragioni e non possono quindi pretendere l’asilo”. La distinzione, data ormai per scontata da più parti, è quella fra “rifugiati”, ai quali aprire le porte del continente, e “migranti economici”, che dovremmo invece respingere al loro paese. Giusto, forse… ma oggi differenziare i migranti economici dai rifugiati è veramente così semplice? E chi non rientra nella definizione giuridica di “rifugiato” non ha davvero diritto ad alcuna protezione? Forse è arrivato il momento di ammettere che l’Asilo convenzionale non può più essere il solo sistema di protezione legittimo ed efficace.
Attualmente, e spesso non a caso, si assiste a una grande confusione fra l’uso del termine “rifugiato” in senso corrente, cioè riferito a una persona che ha lasciato il proprio paese per ragioni di sicurezza o di sopravvivenza, e il significato di Rifugiato ai sensi del diritto internazionale. Infatti, mentre i media e l’opinione pubblica definiscono “rifugiati” la maggior parte dei migranti che arrivano in Europa, l’Unione Europea e gli Stati Membri, quando parlano di diritto di Asilo Europeo, non si riferiscono che ai Rifugiati così come essi vengono definiti dai trattati internazionali.
Secondo la Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo “di fronte alla persecuzione, tutte le persone hanno diritto a cercare asilo e a beneficiare dell’asilo in altri paesi”. La Convenzione di Ginevra del 1951, fu la prima traduzione concreta di questo principio. Essa istituiva un sistema di protezione internazionale, definito “Asilo”, mirato essenzialmente a coprire gli eventi fra la prima Guerra mondiale e la Guerra Fredda, che avevano prodotto nel mondo milioni di perseguitati politici ed espatriati, soprattutto europei.
La Convenzione di Ginevra rimane ancora oggi la principale fonte normativa in materia di protezione internazionale. L’articolo 1 definisce il rifugiato come una persona che “temendo di essere perseguitato per la propria razza, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o opinioni politiche, si trova fuori dal paese di cui è cittadino e, a causa di questo timore, non può o non vuole avvalersi della protezione di detto paese”. In assenza di specifiche intenzioni discriminatorie, essa non può dunque coprire né le gravi condizioni, oggettive e generalizzate, di collasso socio-economico ambientale dei paesi africani né, contrariamente a quanto si crede, la popolazione civile in fuga dalle guerre mediorientali.
Nel 2004 l’Unione Europea ha tentato di colmare questa lacuna con la Protezione Sussidiaria, che può essere accordata a tutti coloro che, pur non essendo perseguitati per i motivi specificati dalla Convenzione di Ginevra, chiedono comunque rifugio in altri paesi per “minacce gravi ed individuali” contro la propria vita o la propria persona, “a causa di violenze diffuse in caso di conflitto armato interno o internazionale”. Rimangono tuttavia ancora escluse dal sistema di protezione europeo le persone costrette ad abbandonare il proprio paese, ad esempio, per la presenza diffusa di organizzazioni terroristiche o criminali, per le conseguenze di catastrofi socio-economiche e ambientali, o per pratiche e costumanze culturali assolutamente incompatibili con la vita e la dignità umana.
Sotto il profilo giuridico internazionale è dunque possibile rifiutare sia lo status di Rifugiato che la Protezione Sussidiaria a molti degli afgani, iracheni, libanesi, palestinesi, siriani provenienti dal corridoio dei Balcani, e alla maggior parte dei profughi del nord-Africa e della regione sub-sahariana in arrivo attraverso il Mediterraneo centrale. Ma In un’epoca in cui l’introduzione di un “diritto di ingerenza umanitaria” nel diritto internazionale anima dibattiti appassionati, possiamo ancora considerare tutto questo “legittimo”?
Non ci si deve lasciare ingannare dalle parole utilizzate nelle sedi ufficiali: proteggere soltanto i “rifugiati”, e considerare sommariamente tutti gli altri “migranti economici” come se si trattasse semplicemente di persone che desiderano una vita migliore, equivale di fatto a respingere centinaia di migliaia di MIGRANTI FORZATI, ovvero esseri umani obbiettivamente in pericolo di morte, e che meritano per questo tutta la nostra attenzione e protezione.
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