“Partenariato o condizionalità dell’ aiuto?” Valutazioni sullo European Trust Fund
Lo scorso 23 novembre presso l’Hotel Nazionale in Piazza Montecitorio a Roma è stato presentato il documento “Partenariato o condizionalità dell’aiuto?”, Rapporto di monitoraggio del Fondo Fiduciario d’Emergenza per l’ Africa e i Migration Compact dell’Unione Europea”, elaborato da CONCORD Italia e CINI, in collaborazione con FOCSIV e AMREF. Il Rapporto ha l’obiettivo di analizzare l’implementazione del Fondo Europeo di Emergenza per l’Africa (EUTF) e monitorare le modalità con cui sono stati allocati i fondi, attraverso l’analisi di tre casi studio: Libia, Niger, Etiopia. Dal Rapporto emergono una serie di raccomandazioni per la gestione dell’ EUTF e la strategia dei Migration Compact.
Il Fondo è stato lanciato nel novembre del 2015 in seguito al vertice de La Valletta e pensato come strumento più flessibile per rispondere velocemente alle sfide poste in essere dalla migrazione irregolare. L’EUTF viene concepito per essere il principale strumento finanziario a disposizione dell’Unione Europea per migliorare la collaborazione con i partner africani in tema di migrazioni.
Il Fondo è quasi totalmente finanziato con l’Aiuto Pubblico allo Sviluppo (90%), in particolare attraverso l’uso del Fondo Europeo di Sviluppo (EDF). Ne consegue che la sua implementazione è legata intrinsecamente ai principi chiave dell’efficacia dello sviluppo.
I risultati emersi durante l’incontro del 23 novembre riportano però alcune criticità nell’uso che l’Unione ha fatto fino ad ora del Fondo. In particolare, il Parlamento Europeo aveva già sottolineato l’elevato rischio che le risorse finanziarie del fondo potessero essere facilmente deviate per arginare i flussi migratori, favorendo indirettamente il rafforzamento di regimi autoritari.
In generale, l’EUTF sembra soddisfare le aspettative di politiche più flessibili, meglio allineate con le strategie dell’Unione e che possano diventare un punto di partenza per un’agenda politica più ampia.
Tuttavia, attraverso i tre casi studio proposti all’interno del report –Libia, Niger ed Etiopia- sono emersi importanti punti di debolezza riguardo la gestione del Fondo. Infatti, secondo quanto emerso dalle interviste realizzate nei paesi, fatte a rappresentanti delle istituzioni locali, rappresentanti europei e di organizzazioni non governative, i progetti sono concepiti dagli Stati Membri, soddisfacendo priorità nazionali e non obiettivi più ampi di cooperazione e sviluppo. Anche lo stesso processo di selezione dei progetti manca di adeguata trasparenza, permettendo ai singoli Paesi di far valere le proprie istanze e i propri interesse. I partner locali e i paesi africani sono quasi totalmente esclusi, sia dalla governance dell’EUTF (gli Stati africani sono solo osservatori, non potendo contribuire finanziariamente al Fondo), sia dalla fase di progettazione, e dunque le istanze e le esigenze della controparte locale, che nell’approccio classico dell’aiuto allo sviluppo costituiscono elemento essenziale, finiscono nei progetti finanziati dall’EUTF per essere deboli o incerte. Ciò ha sollevato forti critiche da parte delle organizzazioni africane, che contestano l’esternalizzazione e le misure di sicurezza proposte dall’Unione nei loro territori. Queste ultime hanno fortemente limitato la libertà di movimento delle popolazioni autoctone, a livello nazionale ed internazionale, innescando dinamiche interne fortemente destabilizzanti, in termini di impatti sociali, politici e economici.
In aggiunta, manca un sistema di coordinamento efficace tra i progetti, spesso affidato esclusivamente alla volontà dei singoli attori e vi è scarsa attenzione alla fase di monitoraggio e valutazione dell’operato delle singole agenzie.
Nel caso dell’Etiopia, l’EUTF ha permesso maggiore velocità di reazione verso la promozione di cambiamenti positivi in una tra le aree più povere del pianeta, andando ad intervenire sulla dimensione di sviluppo direttamente connessa ai flussi migratori e rafforzando politiche di sicurezza e protezione. Oltre alla rapidità nella realizzazione dei progetti, i benefici del Fondo sembrano limitati.
Come dimostrato dall’analisi dei casi studio di Niger e Libia, le politiche migratorie perseguite dall’Unione ed in particolare attraverso l’EUTF possono casare conseguenze negative in termini di tutela dei diritti umani, sviluppo e gestione dei flussi migratori.
Essendo i progetti legati intrinsecamente alle priorità nazionali, rischiano di alimentare una governance inadeguata e corrotta, attività di contrabbando e traffico di esseri umani, in particolare tra i migranti, facilitare speculazioni su politiche di detenzione e violazione dei diritti fondamentali, limitare l’impatto economico allo sviluppo dei territori africani e impedire ai migranti un facile accesso alla protezione della quale hanno bisogno.
Dallo studio emerge che l’EUTF è di fatto diventato uno strumento particolarmente indirizzato sul quarto e quinto pilastro dell’Action Plan de La Valletta, rispettivamente “lotta contro il traffico di esseri umani e il contrabbando migratorio” e “rafforzamento della cooperazione per facilitare i ritorni e la reintegrazione dei migranti irregolari”.
Come sottolineato da Andrea Stocchiero, Coordinatore Area di Lavoro Migrazione di CONCORD Italia, e policy Officer FOCSIV, durante l’incontro: “La commissione europea ha assicurato l’attenzione a un uso del Trust Fund in linea con i principi dell’aiuto e per il rispetto dei diritti umani. Ma riconosce i problemi di applicazione in paesi delicati come Niger e Libia. La società civile ha un ruolo essenziale nel monitorare l’applicazione e nell’orientare la spesa per i diritti umani e dei migranti”.
Per concludere, il rapporto sottolinea una contraddizione di fondo nell’EUTF. Più recentemente, la strategia del fondo si è spostata sulla gestione dei flussi migratori in quanto emergenza da arginare nel breve periodo. Tuttavia, la vera emergenza nei Paesi africani considerati dallo studio riguarda lo sviluppo che non potrà essere risolto rapidamente, ma necessiterà di processi di mediazione e cooperazione molto lunghi. Se l’Unione Europea continuerà a seguire l’approccio strategico attuale, i progetti dell’EUTF rischiano di essere solo più efficienti ma sicuramente non efficaci.
Alla luce di quanto emerso dallo studio presentato, le organizzazione della società civile di Concord Italia e Cini hanno proposto una serie di raccomandazioni sempre più necessarie. In particolare, l’esigenza che il fondo non favorisca abusi contro i diritti umani di migranti e rifugiati; che le risorse vengano effettivamente impiegate per obiettivi di lungo termine legati allo sviluppo, attraverso la promozione di partnership con i Paesi Africani, fondate sulla coerenza delle politiche e che rispondano ai bisogni delle popolazioni locali. Infine occorre riformare la governance dell’EUTF per migliorare la trasparenza, lo scrutinio e la partecipazione degli stakeholders sia nella fase di progettazione che di implementazione.
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