Per cosa cooperare nella nuova geopolitica?
Ufficio Policy Focsiv – Con lo scoppio della guerra in Ucraina sono cresciute le pressioni per usare la cooperazione allo sviluppo a fini geopolitici e di controllo delle filiere commerciali necessarie per lo sviluppo sostenibile dei paesi donatori. È questa una delle discussioni principali affrontate dal nuovo rapporto 2023 sulla cooperazione allo sviluppo dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, recentemente pubblicato. Commentiamo di seguito le principali conclusioni del rapporto dove vengono riassunte e indicate alcune questioni e raccomandazioni oggetto di dibattito (Development Co-operation Report 2023: Debating the Aid System | en | OECD).
Sicuramente la questione geopolitica è la più rilevante perché l’obiettivo della sicurezza militare ed economica nazionale dei paesi “donatori”, occidentali ed emergenti, a seguito della guerra russa in Ucraina, sta reindirizzando in modo consistente l’uso dell’aiuto pubblico allo sviluppo (APS) verso i paesi in via di sviluppo e le priorità più strategiche. In questo modo si distolgono risorse indispensabili per gli obiettivi propri della cooperazione: la lotta alla povertà, alla fame, alle disuguaglianze, e ai nuovi obiettivi di tutela dei beni pubblici globali come il clima, la biodiversità, la salute, nel quadro dell’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile.
A fronte di questo nuovo scenario, il rapporto dell’OCSE (che raggruppa soprattutto i paesi del polo occidentale e della NATO) chiede un ripensamento radicale a partire proprio dalla decolonizzazione dell’aiuto (si veda Il Sud globale per la decolonizzazione – FOCSIV), dalla decostruzione delle strutture di potere geopolitico che inibiscono le prospettive di sviluppo autentico dei paesi impoveriti, in modo da ridurne nel tempo la dipendenza dai paesi egemonici. Questa indicazione è interessante perché può significare da un lato una forte autocritica dei paesi occidentali al loro operato, certo non scevro da neocolonialismo, oppure, dall’altro, una evidente ipocrisia. Il rapporto sottolinea quindi come sia necessario che l’aiuto appoggi la trasformazione sociale e produttiva dei paesi del Sud del mondo a partire dai movimenti locali, dando più voce alla società civile e localizzando l’aiuto (si veda Localizzare l’aiuto pubblico allo sviluppo – FOCSIV).
D‘altra parte si rilanciano questioni incancrenite come la necessità che i paesi “donatori” rispettino gli impegni finanziari, e in particolare il raggiungimento dell’obiettivo dello 0,7% del reddito nazionale lordo per l’APS (home – campagna 070), e la ristrutturazione del sistema finanziario internazionale per dedicare più risorse alla salvaguardia dei beni pubblici globali e ai paesi impoveriti, senza creare nuove condizioni di debito insolubile (Come finanziare lo sviluppo globale? – FOCSIV).
Altra questione tradizionale è migliorare l’efficacia dell’aiuto allo sviluppo sostenendo le agende e gli attori locali, la loro appropriazione delle risorse, dando maggiore sostegno alle trasformazioni sociali ed economiche in modo sostenibile. Coordinare di più gli aiuti dei diversi paesi e renderli più coerenti rispetto alle altre politiche con i paesi in via di sviluppo (Mettere in ordine in casa con più Cooperazione – FOCSIV), aspetti questi ora più difficili da trattare a causa della maggiore competizione geopolitica.
In effetti, il messaggio del rapporto sulla possibilità che la nuova sfida geopolitica possa rappresentare anche un’opportunità per rilanciare la cooperazione allo sviluppo rischia di apparire come una buona intenzione ma molto debole. Vi è una contraddizione palese tra le nuove agende di sicurezza dei centri di potere (USA con occidente, Russia, Cina, e nuovi paesi emergenti tra cui in particolare l’India) e i diritti delle comunità più deboli e vulnerabili dei paesi impoveriti e della stessa natura sempre più degradata e sfruttata.
Le nuove agende geopolitiche hanno obiettivi che considerano i diritti umani e della natura solo nel momento in cui sono strumentali alla sicurezza propria. L’opportunità si riduce a questo possibile accordo tra interessi e diritti. Un accordo spurio. D‘altra parte i governi dei paesi impoveriti possono giocare sulla competizione geopolitica, concludendo affari con il migliore offerente in un mondo multipolare, salvo trovarsi poi in nuove catene di dipendenza con gli altri, e assumendo che questi governi non siano collusi e trattino gli affari per il bene dei loro popoli. Assunzione forse poco realistica.
Da qui la traduzione della sintesi del rapporto.
“In un contesto di crisi sovrapposte e di tensioni senza precedenti sui bilanci degli aiuti, gli attori dello sviluppo sono chiamati ad adattare le loro politiche, strategie e partenariati in uno spirito di solidarietà globale e di condivisione degli oneri.
Il Rapporto sulla cooperazione allo sviluppo 2023: Debating the Aid System rileva che le discussioni si stanno cristallizzando sulla necessità di ripensare radicalmente il sistema internazionale di aiuto allo sviluppo – i mandati, i fattori trainanti, la capacità e la coerenza degli attori tradizionali ed emergenti – e sull’aumento e l’ottimizzazione dell’allocazione dell’aiuto pubblico allo sviluppo (APS) per raggiungere gli obiettivi.
Attingendo a diversi contributi provenienti da tutte le regioni, il rapporto fa il punto sulle opportunità e le sfide che il sistema degli aiuti si trova ad affrontare e presenta idee concrete di azione per mantenere la cooperazione allo sviluppo e il suo impatto in un contesto di sfide difficili da affrontare. I temi, le idee e le proposte sono riuniti in panoramica, che propone i seguenti modi di procedere:
1. mantenere gli impegni esistenti e sbloccare i progressi
2. sostenere la trasformazione a livello locale nei Paesi partner
3. modernizzare i modelli di business e le pratiche di gestione finanziaria per allineare strategie, bilanci e risultati.
4. riequilibrare i rapporti di forza e trovare un terreno comune per i partenariati.
Le crisi e i cambiamenti geopolitici mettono a dura prova il sistema degli aiuti, ma aprono anche un’opportunità di cambiamento.
L’economia politica degli aiuti sta cambiando. Le crisi prolungate hanno aggravato l’instabilità globale, la fame, povertà estrema e fragilità. I cambiamenti geopolitici pongono nuove sfide alla cooperazione allo sviluppo (Cooperare o competere? – FOCSIV). Da un lato, aumenta la pressione sulla “comunità dello sviluppo” affinché utilizzi l’influenza politica, le relazioni economiche e i flussi finanziari a sua disposizione per contribuire agli obiettivi di sicurezza e creare nuove relazioni commerciali. Dall’altro, cresce la richiesta che la cooperazione allo sviluppo risponda ai bisogni immediati dei più vulnerabili, affrontando al contempo le sfide complesse di oggi, come il cambiamento climatico e la preparazione e la mitigazione delle pandemie.
I momenti di sfida offrono anche una finestra di opportunità per il cambiamento. Negli ultimi anni, i movimenti antirazzisti, le richieste di superare l’eredità coloniale e la rinnovata spinta verso uno sviluppo a guida locale hanno innescato riflessioni sul modo in cui il sistema degli aiuti è strutturato e opera. Diversi Paesi hanno condotto analisi sul razzismo nel settore degli aiuti, in alcuni casi stabilendo collegamenti diretti con le strutture di potere e il paternalismo che sono retaggio del colonialismo, e adottando misure per ristabilire l’equilibrio. Si cambiano i modi in cui le relazioni di finanziamento possono perpetuare la dipendenza dagli aiuti, e si sta ponendo un’enfasi sempre maggiore sul sostegno ai beni pubblici regionali e globali come modo alternativo per costruire la resilienza.
La debolezza dell’architettura finanziaria internazionale rivelata dalle crisi successive ha portato a una serie di idee per la sua riforma, come ad esempio l’Agenda di Bridgetown (The 2022 Bridgetown Initiative – Foreign Affairs and Foreign Trade) e gli inviti alle istituzioni multilaterali ad incrementare il loro livello di rischio nella concessione dei finanziamenti e a migliorare la loro capacità di sostenere la solidarietà, in particolare attraverso la riallocazione dei diritti speciali di prelievo del Fondo Monetario Internazionale. Anche le organizzazioni umanitarie stanno tentando di colmare il divario tra i crescenti bisogni e i livelli di finanziamento esistenti, adottando approcci di finanziamento innovativi. L’aumento del numero di politiche estere femministe adottate dall’OCSE e da altri Paesi è un ulteriore segno di cambiamento positivo.
Per mantenere la propria rilevanza è necessario mantenere gli impegni assunti in passato e rispondere alle nuove richieste di cambiamento
In questo contesto di crisi e riflessione, i “fornitori” di cooperazione allo sviluppo possono seguire due strade strategiche: mantenere gli impegni assunti in passato e rispondere alle nuove richieste di cambiamento. Nel tempo, la comunità degli aiuti ha preso impegni e concordato buone pratiche che, se attuate efficacemente, potrebbero massimizzare l’APS in questo contesto di bilanci limitati. Il rispetto degli impegni finanziari, ad esempio, sarà particolarmente importante alla luce delle pressioni per finanziare la spesa per i beni pubblici globali e per rispondere a nuove crisi. Il mantenimento della promessa di massimizzare l’impatto collettivo dell’APS dei membri del Comitato dei donatori diminuirebbe i costi di transazione per i Paesi partner, migliorerebbe le economie di scala, concentrerebbe meglio l’APS per rispondere ai bisogni e contribuire a bilanciare gli interventi umanitari e l’impatto sullo sviluppo a lungo termine (Poco aiuto umanitario e sviluppo sostenibile – FOCSIV). Affrontare la frammentazione e la proliferazione di progetti di scarso valore, e il declino del sostegno ai sistemi paese aiuterebbe a semplificare la cooperazione allo sviluppo e a migliorare il coordinamento.
Come dimostrano i contributi esterni al rapporto, le richieste di cambiamento non sono retoriche. Ci sono anche proposte di azione. Per rendere operativo il loro impegno a favore di uno sviluppo a guida locale, tutti gli attori del sistema di aiuti, individualmente e in gruppo, devono agire su diversi fronti simultanei. Coltivare nuove capacità istituzionali per riequilibrare le dinamiche di potere. Creare una base di prove sui risultati più solida. Assegnare una quota maggiore di finanziamento alle organizzazioni locali. Valorizzare il contributo dei ricercatori locali e creare partnership più forti con enti del Sud globale. Adattare i finanziamenti alle politiche economiche definite dai Paesi in via di sviluppo e dai loro organismi rappresentativi e dare spazio alla voce della società civile nella definizione delle priorità e nel processo decisionale. Imparare da ciò che funziona e riconoscere i fallimenti e i limiti, in particolare nei contesti più fragili, è fondamentale per evitare di ripetere gli errori. Se non ci si impegna seriamente con proposte specifiche si comprometterebbe l’efficacia dell’aiuto e si perderebbe un’opportunità cruciale di elevare il livello della cooperazione allo sviluppo.
Con le priorità che cambiano, gli attori dello sviluppo devono essere più agili e adattabili
Le recenti crisi e i cambiamenti più ampi hanno trasformato le priorità dei Paesi in via di sviluppo. In Africa, ad esempio, l’attenzione è ora rivolta alla trasformazione produttiva come fonte di crescita e resilienza. L’improvviso aumento della povertà ha fatto sì che gli attori si impegnassero nuovamente ad affrontarne le cause profonde. I leader dei Paesi in via di sviluppo identificano la mancanza di progressi nella creazione di posti di lavoro e nella responsabilità del governo come aree chiave in cui un sostegno esterno apporterebbe un valore aggiunto significativo. Alcune priorità sono condivise da tutti i Paesi in via di sviluppo; altre sono altamente specifiche al contesto. I “fornitori” di cooperazione allo sviluppo, quindi, si trovano ad affrontare il complesso compito di allinearsi alle priorità locali e di integrare gli sforzi di riforma locali, identificando al contempo i settori in cui hanno un vantaggio comparativo maggiore o minore, e rispettare il diritto dei Paesi in via di sviluppo di trarre sostegno da più partner.
Ad aumentare la complessità c’è il fatto che:
1) le priorità locali cambiano e sono esse stesse oggetto di dibattito tra le parti interessate locali, il che può rendere difficile il rispetto del principio di efficacia dell’allineamento;
2) l’appropriazione da parte del Paese è complicata da una pletora di obiettivi globali e dagli interessi e dalle esigenze dei “fornitori di aiuti”, nonché dalla gamma di percorsi di sviluppo che i Paesi possono perseguire. I piani di sviluppo nazionali possono aiutare ad articolare le priorità dei Paesi e, nonostante la loro complessità e vulnerabilità alla cattura da parte di vari interessi, rafforzare la cooperazione allo sviluppo incoraggiando approcci specifici al contesto.
È importante notare che alcuni piani di sviluppo nazionali evidenziano anche le cause globali delle sfide di sviluppo. In quanto tali, vengono utilizzati come meccanismi per localizzare agende globali come gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. I “fornitori” di cooperazione allo sviluppo possono supportare questo crescente allineamento tra obiettivi globali e locali ponendo maggiore enfasi sulla coerenza delle politiche per lo sviluppo. Gli organismi regionali e i quadri regionali possono anche fornire spazi per il coordinamento, la cooperazione e la co-creazione fra Paesi.”