Per una Cooperazione allo sviluppo sostenibile più forte
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Fonte Il 19 ottobre la presentazione del Rapporto ASviS 2023 sullo sviluppo sostenibile
Ufficio Policy Focsiv: Focsiv con AOI ha partecipato alla redazione del rapporto ASviS sullo sviluppo sostenibile (Rapporto ASviS 2023 – Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile), che è stato presentato il 19 ottobre scorso (Il 19 ottobre la presentazione del Rapporto ASviS 2023 sullo sviluppo sostenibile). In particolare il contributo nostro ha riguardato il capitolo sull’obiettivo 17 dell’Agenda 2030. Si tratta dell’obiettivo per il Partenariato globale ovvero per una politica estera tra paesi capace di creare relazioni cooperative necessarie per il raggiungimento di tutti gli altri obiettivi dello sviluppo sostenibile, dalla lotta alla povertà e alla fame, alla riduzione delle disuguaglianze alla questione del cambiamento climatico e altri.
Inoltre, attenzione è stata dedicata alla questione della coerenza delle politiche che, si spera, vedrà prossimamente una applicazione grazie alla recente approvazione della nuova Strategia per lo sviluppo sostenibile (La nuova Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile e i prossimi passi per l’attuazione – ASviS – Ansa.it).
Goal 17
In relazione alla “Partnership Globale per lo Sviluppo Sostenibile”, l’Italia applica solo parzialmente, nelle scelte di politica estera e di cooperazione internazionale, i principi della Legge n. 125/2014, che richiama all’impegno per stanziare, entro il 2030, almeno lo 0,70% del Reddito Nazionale Lordo per l’Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS), con una gradualità garantita nell’aumento annuale delle risorse destinate alla cooperazione, e indica nell’approccio strategico “di sistema” e nei partenariati internazionali la garanzia di coerenza ed efficacia di politiche e programmi. Peraltro, i finanziamenti per i programmi di sviluppo multilaterale sono stati ridotti nell’ultima Legge di Bilancio, dando priorità a un bilateralismo più strettamente governativo nelle relazioni diplomatiche e riguardanti l’APS.
Infine, l’attività di cooperazione allo sviluppo non ha visto il coinvolgimento continuativo nei processi decisionali dei molteplici attori (enti territoriali, municipalità, Aree metropolitane e Regioni, mondo non profit del Terzo Settore, Università ed Enti di Ricerca, imprese) che operano in questo campo a fianco del MAECI e dell’Agenzia Italiana della Cooperazione allo Sviluppo (AICS), contrariamente alla citata legge, che ne indicava il valore strategico e imprescindibile.
A sette anni dall’approvazione dell’Agenda 2030, l’Italia è ancora molto distante dal Target (17.2) dello 0,70%: i dati relativi al 2022 mostrano, infatti, come l’Italia abbia aumentato il suo contributo fino allo 0,32%, ma tale valore appare “gonfiato” dall’aumento delle spese destinate all’accoglienza dei rifugiati nel nostro Paese, al supporto al governo ucraino e ai vaccini per il COVID-19, mentre l’aiuto “strutturale” si è ridotto del 13,2% rispetto al 2021. Per comprendere appieno la scarsa importanza attribuita dalla politica italiana al rispetto degli impegni internazionali per la cooperazione allo sviluppo, va ricordato che l’Italia (pur essendo parte del G7) si colloca al 18esimo posto della classifica dei Paesi donatori, mentre la spesa per la difesa del nostro Paese ha rappresentato l’1,5% del PIL, una quota destinata a raggiungere il 2% per rispettare il valore concordato nel 2014 dalla NATO.
Il tema della “quantità” delle risorse per l’APS è legato indissolubilmente a quello dell’efficacia delle strategie di cooperazione internazionale del nostro Paese. Purtroppo, una politica estera che mette al centro della cooperazione allo sviluppo il tema del contenimento dei flussi migratori in chiave securitaria non appare interessata ad aggredire le cause che li generano, riconducibili a un modello di sviluppo che, non garantendo la sostenibilità ambientale, economica, sociale e finanziaria, tende a far riemergere continuamente conflitti e guerre regionali, ad aggravare le povertà e la fame, sempre più derivanti dai disastri provocati dalla crisi climatica.
Ovviamente, per impegnare le risorse stanziate per l’APS nei tempi giusti la Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo (DGCS) e l’AICS devono operare con procedure trasparenti e inclusive per identificare progetti finalizzati a massimizzare l’impatto, assicurare continuità ed efficacia degli interventi nelle aree regionali e nei contesti indicati dalle Linee Programmatiche aggiornate periodicamente della Cooperazione Internazionale dell’Italia. Purtroppo, il ritardo dell’AICS nel lancio di call for proposal per le Organizzazioni della Società Civile, gli Enti Territoriali e le imprese (previste con cadenza annuale nella L. n. 125/2014) rende tale programmazione molto difficile. Negli ultimi anni si sono registrati ritardi dei bandi AICS di due-tre anni, e questo riduce l’efficacia della nostra politica di cooperazione allo sviluppo, impedendo peraltro l’auspicata sinergia tra progetti e programmi dei vari attori e la costruzione di partenariati strategici, alla base dello stesso Obiettivo 17 dell’Agenda 2030.
Come già segnalato, in relazione agli impegni sul clima (Target 17.7 e 17.9), non è ancora stato reso pubblico il piano industriale per gli investimenti del Fondo Italiano Clima, uno strumento che deve porre l’Italia tra i protagonisti del finanziamento delle operazioni di mitigazione e adattamento nei Paesi in via di sviluppo, come chiesto dai risultati delle COP sul cambiamento climatico. Parallelamente, l’impegno italiano sottoscritto a Glasgow di non finanziare più con risorse pubbliche l’estrazione di idrocarburi è eluso: la Cassa Depositi e Prestiti (CDP), che gestisce il Fondo, sta infatti continuando a finanziare investimenti italiani all’estero per lo sfruttamento degli idrocarburi, il che riduce la credibilità politica dell’Italia nella comunità internazionale e risulta contradditorio rispetto agli impegni di attuazione dell’Agenda 2030, ribaditi anche nel G7 a guida giapponese.
Per una valutazione bilanciata della condizione italiana vanno anche segnalati alcuni elementi positivi emersi recentemente, a partire dal fatto che il Comitato Interministeriale per la Cooperazione allo Sviluppo (CICS) ha recentemente approvato il “Nexus Pace, Emergenza e Sviluppo” che l’OCSE-DAC aveva proposto nel 2019112 per sottolineare la “interconnessione tra azioni umanitarie, di sviluppo e di pace” con l’obiettivo di “rafforzare la collaborazione, la coerenza e la complementarità” delle diverse politiche.
Inoltre, l’AICS ha adottato il “Piano di Azione Nazionale di Educazione alla Cittadinanza Globale”, come primo importante risultato dell’approvazione della Strategia Nazionale per l’Educazione alla Cittadinanza Globale, avvenuta l’11 giugno 2020. Positivo è anche l’impegno della cooperazione internazionale italiana per promuovere strumenti per migliorare la coerenza delle politiche: in particolare, sul tema delle persone con disabilità si segnalano il disability inclusion e la recente (2022) politica riguardante i MOOC (Massive Online Open Courses), organizzata su “progettazione inclusiva” con la collaborazione del Gruppo di Cooperazione Internazionale dell’Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, di cui AICS è co-coordinatore. La promozione di una partecipazione attiva di uomini, donne e minori con disabilità, attraverso un approccio a doppio binario (twin track approach) che possa assicurare politiche di protezione sociale e interventi specifici, nonché di emergenza, è una priorità su cui occorre investire maggiormente, affinché “nessuno sia lasciato indietro”, come sottolinea l’Agenda 2030.
Infine, va ricordato che nel corso della Conferenza “Migrazioni e Sviluppo”, tenutasi il 23 luglio 2023 a Roma, alla presenza dei leader dei Paesi africani più interessati ai flussi e alle partenze dei migranti, è stato annunciato l’avvio del “Processo di Roma” per stabilire un percorso di lungo periodo di partenariato tra UE e Paesi africani per lo sviluppo. In particolare, il governo italiano ha parlato del lancio del “Piano Mattei per l’Africa” previsto per novembre prossimo, ma a tutt’oggi del Piano in oggetto non si ha neppure una prima bozza o una cornice di riferimento, anche se, in occasione dell’illustrazione delle prossime iniziative di cooperazione internazionale approvate nel Comitato Congiunto del 19 luglio scorso, il Governo ha indicato capitoli di costo specifici a esso riferiti nel budget APS.
Rafforzare la coerenza delle politiche
Su questo tema emerge un fattore di preoccupazione legato alla prospettiva strategica del Governo, che riprende elementi elaborati e messi a terra dai precedenti (si pensi al Memorandum Italia-Libia), cioè il fatto che la relazione migrazioni-sviluppo venga affrontata in un’ottica securitaria di respingimento ed esternalizzazione dei confini italiani, anzi europei. La recente Conferenza internazionale Migrazioni e Sviluppo, che ha lanciato il cosiddetto “Patto di Roma”, ha insistito sull’enfatizzazione della cooperazione tra le forze di polizia per bloccare i flussi cosiddetti irregolari, accentuando l’approccio securitario, senza mai far riferimento all’Agenda 2030 e agli SDGs.
Inoltre, gli enunciati accordi bilaterali di cooperazione tra governi, e tra UE e Paesi africani partner, indicano un tipo di aiuto che legittima il libero arbitrio nell’uso delle risorse da parte dei governi riceventi, invece di condizionarli virtuosamente verso investimenti per il miglioramento della sostenibilità ambientale, economica e sociale, con al centro il ruolo dei territori e delle comunità e il rispetto e la tutela dei diritti umani. Una linea di questo tipo contempla, di fatto, la possibilità di una deroga alla sostenibilità nel nome di interessi commerciali, di approvvigionamento energetico e di respingimento dei migranti e richiedenti asilo verso i Paesi di origine.
Al contrario, le Reti delle Organizzazioni della società civile hanno espresso più volte l’esigenza di definire programmi efficaci di contrasto alle povertà, alle disuguaglianze e ai disastri ambientali nei Paesi di origine, fattori che determinano le “fughe per la vita”. Non a caso, la “Campagna 0,70” (a cui aderisce anche l’ASviS) è finalizzata a far approvare misure legislative volte a vincolare per step temporali, in maniera via via più stringente, l’impegno italiano per il raggiungimento entro il 2030 della percentuale dello 0,7% nel rapporto Assistenza Pubblica allo Sviluppo/Reddito nazionale lordo.
D’altra parte, in tema di relazioni diplomatiche e di accordi per costruire un Piano di intervento in Africa, appare necessario definire una strategia che, per essere credibile, sia coerente e sostenuta da risorse adeguate e i cui punti prioritari non si richiamino al sopra indicato carattere emergenziale e utilitaristico solo per il nostro Paese. Ad esempio, nei progetti di cooperazione allo sviluppo di “sistema” e nella costruzione di Partnership Globali va posta più attenzione alla cooperazione scientifica e tecnologica, esigenza emersa nel dibattito sui vaccini per il COVID-19, ma che in verità è tema più complesso e articolato, da svolgere ricorrendo anche alle reti internazionali di tipo universitario che collaborano sui temi della sostenibilità ambientale, della transizione energetica, della tutela degli ecosistemi, dell’economia circolare, della valorizzazione del patrimonio culturale e ambientale, della salute.
Analoga attenzione va posta al tema della digitalizzazione, che non deve essere tradotto per i Paesi più poveri in una “nuova dipendenza” da chi è più avanti in questo campo. Mettere al centro i territori, le comunità e le loro risorse nel dialogo tra cooperazione universitaria, mondo della ricerca e del sociale è la sfida dei partenariati per lo sviluppo
Il Rapporto sulle lezioni della pandemia da COVID19, approvato a luglio 2023 dal Parlamento europeo, invita Stati membri e Commissione a lavorare alla creazione di un’infrastruttura pubblica europea per lo sviluppo di vaccini e farmaci, passo importante nella direzione della salute come bene comune. Il Rapporto potrà avere un impatto sulla revisione della legislazione europea sui farmaci e sulle relazioni con le aziende farmaceutiche, in modo tale che nel futuro, a fronte di un rischio finanziario per la produzione dei vaccini assunto soprattutto dai contribuenti, come avvenuto con la pandemia, si orienti la ricerca maggiormente verso le priorità della salute nell’interesse pubblico. Un’infrastruttura comune di ricerca biomedica, per lo sviluppo autonomo di nuovi farmaci, vaccini, diagnostica e tecnologie medicali, consentirebbe di valorizzare le eccellenti capacità esistenti in Europa nelle Università, negli istituti no-profit, nelle imprese innovative, sulla base di contratti trasparenti e senza esclusive brevettuali, per promuovere anche l’accesso alla produzione nei Paesi più poveri.
Sempre in termini di coerenza tra le politiche per il raggiungimento degli SDGs nel quadro del Goal 17, occorre porre maggiore attenzione all’analisi delle catene globali del valore, cioè quelle forme di attività economica che, nella produzione di beni e servizi, mobilitano una filiera internazionale. Produzione e commercio internazionale devono poter essere monitorati e valutati sulla base non solo della sostenibilità economica e finanziaria, ma soprattutto per il loro peso su quella ambientale e sociale. Scambi commerciali e cooperazione economica oggi rischiano di mascherare modalità di sfruttamento e di creazione di dipendenza dagli interessi delle grandi holding produttive. La Banca mondiale ha stimato che nel 2015 le catene globali del valore rappresentavano il 45% del totale del commercio mondiale, circa 10,7mila miliardi di dollari, un valore superiore a quello del PIL europeo. Le Reti globali dell’economia sociale hanno da sempre denunciato la scarsa attenzione a questo fenomeno, richiamando l’attenzione sui modelli di sviluppo comunitario sostenibili che interagiscono virtuosamente, a partire dal Fairtrade.
Particolare attenzione, in questo campo, va posta sul sistema della produzione agricola, perché tocca il tema del land grabbing, che mette in pericolo modelli di sostenibilità agroecologici. Su questo argomento l’ASviS intende dare un contributo di analisi e proposte costruite con le reti e le piattaforme attive nel settore, in vista della Conferenza Italia-Africa del prossimo autunno (ndr. rimandato nel 2024), in cui si presenterà il Piano italiano per l’Africa, e il G7 del 2024 a Bari.