Rapporto “Forcibly Displaced”: un incoraggiamento a riconoscere diritti ai migranti dalla Banca Mondiale
Il 30 Settembre è stato presentato a Roma il nuovo rapporto della Banca Mondiale sulle migrazioni forzate, scritto in collaborazione con l’UNHCR e intitolato “Forcibly Displaced: Toward a Development Approach Supporting Refugees, the Internally Displaced, and their Hosts”. L’asse portante del documento è la necessità di includere il governo dei flussi migratori forzati nelle politiche di sviluppo a lungo termine e di creare una sinergia tra il campo dell’azione umanitaria e quello dello sviluppo, mettendo fine all’approccio sostenuto finora di trattare la questione con un un tono emergenziale e a latere di piani e strategie nazionali.
Questo suggerimento non giunge certamente come una novità: in vari ambiti, incluso quello della resilienza delle comunità più vulnerabili e quello di conflitti e violenze (temi tutti ovviamente correlati ai flussi migratori) si è discussa la necessità di questa complementarità, abbandonando la concezione lineare dell’assistenza umanitaria prima e i programmi di sviluppo dopo, per adottarne invece una più organica, in cui i due campi lavorino contemporaneamente completandosi e informandosi a vicenda. Ciò che è nuovo, tuttavia, è che sia una voce come quella della Banca Mondiale ad esprimersi sulla questione delle migrazioni forzate, sostenendo che riconoscere agli sfollati uno status legale, garantirgli la libertà di movimento e un accesso regolare al mercato del lavoro sono passi convenienti tanto per i profughi quanto per l’economia delle comunità ospitanti.
Alla presentazione del rapporto hanno partecipato dei rappresentanti delle organizzazioni internazionali interessate (Xavier de Victor per la Banca Mondiale, Ewen Macleod per l’UNHCR e Federico Soda per l’OIM), il senatore Paolo Guerrieri Paleotti, funzionari dei Ministeri dell’Interno e degli Esteri (rispettivamente Alessandra Camporota e Simone Sanni) e organizzazioni della società civile (Gianni Rufini per Amnesty International). I primi hanno discusso i dati del rapporto, per esempio mettendo in evidenza come la principale causa dello sfollamento riguardi la sicurezza e come la maggioranza dei circa 65 milioni di profughi odierni sia il risultato degli stessi 10 conflitti protratti nel tempo dal 1990. Essi hanno ricordato come i migranti non siano solo vittime, ma anche soggetti proattivi che contribuiscono positivamente alla crescita della nostra economia (vedere a tal riguardo, per esempio, il caso dell’Italia sull’articolo pubblicato da La Repubblica il 10 ottobre). I secondi, ovvero i rappresentanti istituzionali, si sono soffermati sulle politiche italiane e sulle priorità da sviluppare, mettendo l’accento sul bisogno di dare una maggiore importanza all’integrazione dei profughi e ampliare i programmi di aiuto socio-economico per i paesi di origine. Una voce fortemente critica si è invece alzata dalla società civile, che ha accusato la comunità politica di paralisi e ipocrisia nei confronti dei più deboli a favore di interessi economici e politici.
Per approfondire gli interventi dei singoli, leggere il resoconto della presentazione.
Per l’intero rapporto, vedere il link.