Transizione energetica e transizione ecologica: è il momento giusto per prendere due piccioni con una fava
Di Mario Carmelo Cirillo, esperto ambientale, attivista FOCSIV
Nella crisi che stiamo attraversando – impatti climatici e degrado dell’ambiente, pandemia, guerra – la questione energetica è in Italia un nodo cruciale, soprattutto a causa della nostra dipendenza dal gas naturale proveniente dalla Russia. A questo proposito sento e leggo che gli USA forniranno all’Italia gas liquefatto, che il nostro governo ha stretto accordi per aumentare le forniture di gas dall’Algeria ed è impegnato in interlocuzioni con vari Paesi produttori di gas naturale per assicurarsi ulteriori approvvigionamenti, che dobbiamo estendere e accelerare lo sfruttamento del gas e delle altre fonti fossili nel nostro Paese, e via dicendo.
Ma qual è l’obiettivo strategico di tutte queste azioni? Io spero che l’obiettivo strategico, come peraltro auspicato da vari esperti (cfr. per es. https://ambientenonsolo.com/cogliere-avvertimenti-scienza-natura-avviare-rapida-transizione-ecologica-energetica/), sia intraprendere con decisione e rapidità un percorso che ci porti all’abbandono definitivo delle fonti fossili a favore di quelle rinnovabili: 100% di energia rinnovabile, il che significa la decarbonizzazione della nostra economia. Questo per renderci sì più indipendenti da fonti di energia che provengono da paesi autocrati, ma soprattutto per rispondere alla necessità di arrestare il peggioramento del cambiamento climatico. Un cambiamento che impatta con disastri naturali soprattutto sui paesi più impoveriti e vulnerabili. Mitigare le emissioni di gas serra è forse il più grande contributo che possiamo dare alle comunità del Sud, oltre che al benessere delle nostre popolazioni, anch’esse sempre più vulnerabili ai disastri amplificati dal cambiamento climatico. E la decarbonizzazione va fatta non entro il 2050, come indica la Commissione Europea, ma con molto anticipo rispetto a questa data.
Questo scenario è possibile? Ebbene, vi sono dati e informazioni che ci dicono che le energie rinnovabili, come il solare e l’eolico, sono più che mature sotto il profilo tecnologico, oltre che essere competitive economicamente alla luce del forte calo dei costi; sono inoltre disponibili vari sistemi di accumulo, anche questi tecnologicamente maturi, che se utilizzati in maniera combinata e intelligente consentono di gestire efficacemente le discontinuità nella produzione di energia proprie delle rinnovabili, discontinuità dovute al fatto che né sole né vento sono disponibili 24 ore su 24.
Se una decina di anni fa in Italia fosse stato avviato un piano serio in questo senso, ora saremmo, se non proprio totalmente indipendenti, molto prossimi all’indipendenza energetica. Comunque è inutile piangere sul latte versato. Adesso è il momento di rimboccarsi le maniche, spingendo verso la diffusa e capillare installazione di impianti di energia rinnovabile e delle connesse infrastrutture che ne consentano l’utilizzo sia a livello civile che industriale, sia nei trasporti che in agricoltura, naturalmente nel pieno rispetto del territorio, del paesaggio e dell’ambiente; ma senza quegli eccessi di zelo che di frequente ritardano, se non addirittura impediscono, l’installazione di impianti di energia rinnovabile anche in contesti dove questi non produrrebbero impatti significativi sul territorio e sul paesaggio.
Ma attenzione, il passaggio dalle fonti fossili a quelle rinnovabili non è una passeggiata, non è né semplice né istantaneo: guai a pensare che è come spegnere l’interruttore del gas e aprire quello del solare e dell’eolico, e il gioco è fatto! La transizione energetica in realtà è una faccenda maledettamente complessa, ci vorranno anni per completarla. E c’è un altro elemento fondamentale da considerare: la transizione deve essere giusta, e cioè deve accompagnare la ristrutturazione dei settori economici e quindi i cambiamenti del lavoro. Le persone che perderanno il lavoro per la riduzione e arresto della produzione di energia fossile dovranno essere sostenute e formate per consentire loro l’accesso ad altri posti di lavoro. Le persone che dovranno cambiare i propri mezzi di produzione dipendenti da fonti fossili dovranno essere sostenuti nella loro trasformazione. E così via.
Comunque per uscire il più rapidamente possibile dal ricatto delle fonti fossili, oltre che avviare da subito questo massiccio piano per le rinnovabili, è necessario ricorrere tempestivamente e in maniera capillare a una serie di misure di efficientamento e risparmio energetico in tutti i settori, dai trasporti agli usi civili, dall’industria all’agricoltura. A questo proposito va considerato che nelle misure di risparmio energetico, molte delle quali consentono riduzioni a brevissimo termine (dell’ordine di qualche mese) della domanda di energia, è indispensabile il coinvolgimento attivo delle persone, e quindi sono fondamentali opportune campagne di sensibilizzazione.
Quello che deve essere chiaro è che in questo periodo transitorio non si potrà fare a meno del gas naturale, che rimane necessario per consentire, appunto, la transizione al 100% di rinnovabili nel più breve tempo possibile. Ovviamente minore sarà il costo del gas durante questa transizione, e meno doloroso sarà per noi e in generale per l’economia, per cui ben vengano tutti gli sforzi per approvvigionarsi di gas in alternativa a quello russo, e la proposta di mettere un tetto a livello europeo al suo prezzo.
A questo punto credo che la domanda che sorge spontanea è: ma quanti anni ci vogliono per completare questa transizione? Non è facile rispondere, dipende da tanti fattori esterni e interni all’Italia e all’Europa, e in particolare con quale efficacia ed efficienza ci si muove a livello di Paese. Gli esperti più ottimisti indicano tempi dell’ordine della decina di anni, ma oltre alle complessità organizzative per finalizzare l’installazione e l’operatività degli impianti di energia rinnovabile e le connesse infrastrutture (inclusi i processi autorizzativi che vanno assolutamente resi più rapidi), bisogna mettere nel conto che oggi la disponibilità di pannelli fotovoltaici, di pale eoliche e di batterie per l’accumulo di energia potrebbe essere meno agevole, in particolare con tempi più lunghi e a costi più alti rispetto alle stime pre-guerra e pre-pandemia. Io ci metterei la firma se riuscissimo a fare la transizione in quindici-venti anni. Credo comunque che, anche tenuto conto delle ulteriori complicazioni della situazione attuale, questo obiettivo è in linea di principio perseguibile ben prima del 2050, che è la data che l’Unione Europea si è posta come obiettivo per la completa decarbonizzazione.
Anche solo dalle poche considerazioni fatte sopra si intuisce che la faccenda è tutt’altro che semplice, e che vanno messi nel conto dei sacrifici. Al contempo deve essere chiaro a tutti che perseguire con successo e il più rapidamente possibile il ricorso alle rinnovabili al 100% ha una molteplicità di vantaggi rispetto alla vecchia visione, oggi più che mai suicida, di rimanere prigionieri delle fonti fossili. Provo a elencare alcuni di questi vantaggi: indipendenza dal gas russo prima possibile (auspicabilmente entro qualche anno), e a seguire dagli altri Paesi esportatori di combustibili fossili, i cui regimi in genere non sono il massimo dell’affidabilità, sottraendoci una volta per tutte dai rischi di approvvigionamento; un sistema energetico più resiliente, in quanto distribuito sul territorio e quindi meno soggetto ad attacchi di vario genere, contrariamente ai sistemi che si basano prevalentemente su grandi impianti di produzione – come quelli a fonti fossili o nucleari – facilmente individuabili, e che quindi possono essere più facilmente obiettivo di azioni terroristiche o belliche; si realizza la transizione ecologica perseguendo l’obiettivo della decarbonizzazione, contribuendo a mitigare l’effetto serra: il nuovo rapporto IPCC e gli eventi drammatici in Antartide (a marzo temperature registrate maggiori di quasi 40 ºC rispetto alla media mensile) e in Artide (18-20 °C al di sopra delle medie tipiche del periodo) invocano azioni immediate; si abbattono radicalmente, oltre che le emissioni dei gas a effetto serra, le emissioni di inquinanti dell’aria dovute all’uso di combustibili fossili, e non va dimenticato che l’inquinamento atmosferico è responsabile nel nostro Paese di decine di migliaia di morti precoci ogni anno, oltre che favorisce l’insorgenza di patologie respiratorie e cardiovascolari in un gran numero di individui che vivono nelle zone più inquinate; e, non ultimo, si contribuisce a risarcire il debito ecologico che abbiamo accumulato nei confronti del Sud del mondo e che continua a causare morti, sfollamenti e povertà, contribuendo così alla giustizia climatica.
Insomma, spero davvero che il governo stia seriamente lavorando per mettere in piedi un piano strategico di transizione alle energie rinnovabili il più rapidamente possibile. Perché se non ora, quando?