Trivellazioni: via libera all’estrazione di petrolio nella foresta pluviale del Congo
Fonte: GreenMe surz/123rf
Pubblichiamo qui un articolo di Green Me in cui Greenpeace Africa ci racconta di come la foresta pluviale più grande della Terra, dopo l’Amazzonia, rischia di essere distrutta: il governo della Repubblica Democratica del Congo ha dato l’ok per procedere con l’estrazione di petrolio. E l’impatto ambientale e sulle comunità locali potrebbe essere catastrofico…
La Repubblica Democratica del Congo custodisce una meravigliosa foresta pluviale, la più estesa del mondo dopo quella amazzonica. Ma questo straordinario patrimonio naturale sta per essere messo seriamente a rischio. Il governo del Paese, infatti, qualche giorno fa ha autorizzato l’assegnazione delle licenze per l’estrazione di petrolio .
Un piano scellerato, che distruggerà inevitabilmente la Cuvette Centrale, la regione ricchissima di foreste e zone umide nel cuore della Repubblica Democratica del Congo. Secondo il programma del governo, 9 dei 16 blocchi destinati all’estrazione del combustibile fossile si trovano proprio in quest’area, che rappresenta un vero e proprio polmone verde per il nostro Pianeta. L’obiettivo del governo congolese è quello di incrementare la produzione di greggio del Paese, che attualmente si attesta intorno ai 25 mila barili al giorno, destinati alle esportazioni.
Contro questo progetto si è scagliata Greenpeace Africa, denunciando che il via libera alle trivellazioni rappresenta un “errore storico”, che può avere conseguenze catastrofiche non soltanto per il clima, ma anche per le comunità locali.
“La messa all’asta di nuovi blocchi petroliferi ovunque è sbagliata e mina il diritto delle comunità a un ambiente sano. Il piano delle grandi compagnie petrolifere di distruggere gli ecosistemi più sensibili del Congo è un errore storico che deve essere eliminato immediatamente” ha affermato Irene Wabiwa Betoko, International Project Leader di Greenpeace Africa.
Secondo quanto riportato dall’organizzazione ambientalista, la Cuvette Centrale è in grado di trattenere circa 30 gigatonnellate di carbonio, equivalenti a 15 anni di emissioni dagli Stati Uniti. Devastare quel territorio sarebbe, quindi, una follia e una decisione in aperta contraddizione con la promessa – fatta da diversi Paesi – di sostenere economicamente (con 500 milioni di dollari) la protezione della foresta pluviale del Congo durante la COP26 di Glasgow.
“La scienza è chiara: i governi devono dimezzare le emissioni di CO2 entro la fine del decennio e fermare ora lo sviluppo di qualsiasi nuovo progetto di combustibili fossili. I Paesi donatori, che hanno promesso 500 milioni di dollari per proteggere la foresta pluviale del Congo durante la COP26 di Glasgow, si stanno rendendo conto dell’entità del caos che prevale nella gestione di queste foreste – ha aggiunto Irene Wabiwa – Ora devono affrontare i piani loschi e sporchi per sostituire le foreste pluviali e le torbiere con il petrolio. Le nazioni donatrici possono aiutare il governo congolese a diventare un Paese di soluzioni piuttosto che fonte di ulteriore inquinamento, aumentando gli investimenti nelle energie rinnovabili e ampliando i piani per la gestione forestale guidata dalla comunità.”
Insomma, per la Repubblica Democratica del Congo non c’è pace: il Paese deve già fare in conti con la deforestazione selvaggia, tassi elevatissimi di criminalità, estrazione di risorse minerarie (come il cobalto), continui scontri armati e persino le trivellazioni nel cuore di una delle foreste pluviali più preziose del nostro Pianeta.
Questo articolo è parte dell’impegno FOCSIV contro l’accaparramento di terre a danno delle comunità contadine, dei popoli indigeni e della biodiversità, che analizza nella serie dei rapporti sui Padroni della Terra: https://www.focsiv.it/category/pubblicazioni/pubblicazioni-landgrabbing-pubblicazioni/