Un Patto sulle migrazioni debole e contro i diritti
Fonte immagine The external dimension of the new pact on migration and asylum: A focus on prevention and readmission [Policy Podcast] | Epthinktank | European Parliament
Ufficio Policy Focsiv – Sul recente accordo del Consiglio europeo sul Patto Asilo e Migrazioni sono apparsi molti articoli di valutazione. Qui riportiamo l’analisi ben condotta da Catherine Woollard, Direttrice del European Council on Refugees and Exiles nell’Editorial: Migration Pact Agreement Point by Point | European Council on Refugees and Exiles (ECRE), con estratti dal comunicato del Consiglio europeo.
L’analisi di Woollard mostra come il Patto (o meglio le proposte di regolamento relative alle procedure di asilo e sulla gestione delle migrazioni e dell’asilo) confermi la decisione di fermare i migranti nei paesi confinanti del Nord Africa, Medio Oriente e Balcani rendendoli “paesi sicuri” per gli asilanti, e di accelerare e aumentare i rimpatri, con più fondi per la cooperazione in materia migratoria (si veda anche La fortezza Europa contro “l’invasione” di chi chiede aiuto e futuro dignitoso – Focsiv). Ovviamente ciò accresce il potere ricattatorio di questi paesi che oltre a chiedere maggiori finanziamenti, possono esigere altri sostegni (anche militari) per sorvegliare le frontiere e sostenere i propri regimi: il caso della Turchia, della Libia e ora della Tunisia insegnano.
Questo mentre vengono rafforzate le frontiere che diventeranno sempre di più campi di confino, riducendo il diritto all’asilo. Secondo Woollard i paesi europei mediterranei sono tra i perdenti, perché la solidarietà degli altri paesi europei non garantisce i ricollocamenti, venendo sostituiti da compensazioni materiali e finanziarie. Ma i grandi perdenti sono i diritti dei rifugiati con i valori fondanti dell’Unione europea (UE).
Cosa è stato concordato? Quali sono le conseguenze? A che punto siamo ora?
In attesa di testi dettagliati, si possono già fare molte considerazioni sull’accordo raggiunto tra gli Stati membri dell’UE sul Patto su migrazione e asilo per riformare il diritto d’asilo dell’UE. Gli Stati membri dell’UE hanno raggiunto un accordo sui pilastri fondamentali del sistema di asilo dell’UE, la responsabilità, la solidarietà e le norme procedurali. L’accordo è stato discusso durante tutta la presidenza svedese. Non è l’ultima parola: il Consiglio negozierà con il Parlamento sulla base di questo accordo e del rispettivo accordo del Parlamento per raggiungere una posizione comune che diventerà legge. Tuttavia, è prevedibile che il Parlamento accetti – e queste di seguito sono più o meno le posizioni che probabilmente verranno adottate.
L’accordo riduce gli standard di protezione in Europa, e questo è il punto. Resta da vedere se riuscirà a raggiungere gli altri obiettivi di scoraggiare gli arrivi, realizzare i rimpatri rapidi o ridurre i cosiddetti movimenti secondari.
Due Paesi si sono opposti all’accordo: Ungheria e Polonia, principalmente perché non credono che l’Europa debba avere un sistema di asilo. Quattro Paesi si sono astenuti: Bulgaria, Malta, Lituania e Slovacchia, per ragioni diverse in ciascun caso.
Nel complesso, gli Stati hanno concordato un labirinto di regole procedurali, bizantine nella loro complessità e basate sul tentativo di limitare il numero di persone a cui viene concessa la protezione internazionale in Europa. Esse non affrontano la principale disfunzione del sistema, le regole di Dublino, che rimangono in gran parte intatte.
Un obiettivo di fondo è trasferire la responsabilità ai Paesi extraeuropei, anche se l’85% dei rifugiati del mondo è ospitato fuori dall’Europa, soprattutto in Paesi disperatamente poveri. I destinatari sono i Paesi dei Balcani occidentali e del Nord Africa, attraverso l’uso di strumenti giuridici come il concetto di “Paese terzo sicuro”. Tuttavia, le riforme non aumentano la probabilità che questi Paesi accettino di ospitare persone rimpatriate dall’UE.
All’interno dell’Europa, le riforme aumentano l’attenzione alle frontiere. In quanto tali, le riforme vanno nella direzione opposta rispetto alla risposta positiva data allo sfollamento dall’Ucraina, che ha dimostrato il valore di procedure snelle, di un rapido accesso a uno status di protezione, di consentire alle persone di lavorare il prima possibile in modo da poter contribuire allo sviluppo locale, e di una libertà di movimento che consente l’unità familiare e una più equa distribuzione delle responsabilità in Europa.
Modifiche procedurali
I nuovi elementi includono invece un uso più esteso delle procedure di frontiera, delle procedure di inammissibilità e delle procedure accelerate, e il Patto utilizza concetti legali per deviare la responsabilità ad altri Paesi, come il concetto di Paese terzo sicuro. Un numero maggiore di persone rimarrà bloccato alle frontiere in situazioni simili al modello dell’isola greca. L’uso della procedura di frontiera sarà esteso e diventerà obbligatoria per le persone provenienti da Paesi in cui il tasso di protezione è pari o inferiore al 20%.
Il comunicato del consiglio europeo così scrive sulla procedure di frontiera (vedi Migration policy: Council reaches agreement on key asylum and migration laws – Consilium (europa.eu)). Le procedure di frontiera obbligatorie sono allo scopo di valutare rapidamente alle frontiere esterne dell’UE se le domande sono infondate o inammissibili. Le persone soggette alla procedura di frontiera per l’asilo non sono autorizzate ad entrare nel territorio dello Stato membro. La procedura di frontiera si applicherebbe quando un richiedente asilo presenta una domanda a un valico di frontiera esterno, in seguito all’arresto in relazione a un attraversamento illegale della frontiera e in seguito allo sbarco dopo un’operazione di ricerca e salvataggio. La procedura è obbligatoria per gli Stati membri se il richiedente costituisce un pericolo per la sicurezza nazionale o l’ordine pubblico, ha indotto in errore le autorità con informazioni false o omettendo informazioni e se il richiedente ha una cittadinanza con un tasso di riconoscimento inferiore al 20%. La durata totale della procedura di asilo e di rimpatrio alle frontiere non dovrebbe essere superiore a 6 mesi.
I Paesi del centro e del nord Europa hanno insistito su questo cambiamento prima di accettare la solidarietà, perché la loro preoccupazione principale è quella di porre fine alla cosiddetta “circolazione secondaria”. Le garanzie come l’accesso all’assistenza legale o all’appello sono ridotte. Non ci saranno quasi più esenzioni per le persone vulnerabili, le famiglie o i bambini, e un numero maggiore di procedure sarà gestito in detenzione.
Nessuna nuova norma sulla responsabilità
Le regole sulla responsabilità restano quelle attuali di Dublino, con il principio del primo ingresso ancora in vigore. Il periodo di responsabilità del Paese di arrivo per un richiedente viene esteso. Sarà di due anni per le persone che entrano alla frontiera esterna, ma sarà ridotto a 15 mesi in caso di rinnovo della domanda dopo un respingimento con la procedura di frontiera (per incentivare gli Stati a utilizzare la procedura di frontiera), e sarà ridotto a 12 mesi per le persone salvate in mare (per incentivare gli Stati a smettere di guardare le persone annegare).
Sono stati respinti i miglioramenti alle norme sulla responsabilità (rispetto a Dublino) proposti dalla Commissione, tra cui una definizione di famiglia più ampia per consentire l’unificazione familiare con fratelli e sorelle.
Un nuovo meccanismo di solidarietà
Per compensare gli effetti delle norme, viene introdotto un meccanismo di solidarietà per compensare i Paesi alle frontiere in situazioni di “pressione migratoria”. È stato respinto un meccanismo separato per le situazioni di ricerca e salvataggio.
La solidarietà è obbligatoria ma flessibile, il che significa che tutti i Paesi devono contribuire ma possono scegliere cosa offrire: ricollocazione e assunzione di responsabilità per le persone; sviluppo di capacità e altro tipo di sostegno ai paesi di primo approdo; o un contributo finanziario.
Così scrive il comunicato del Consiglio sul nuovo meccanismo di solidarietà. Per bilanciare l’attuale sistema in base al quale alcuni Stati membri sono responsabili della stragrande maggioranza delle domande di asilo, viene proposto un nuovo meccanismo di solidarietà semplice, prevedibile e praticabile. Le nuove norme combinano la solidarietà obbligatoria con la flessibilità per gli Stati membri per quanto riguarda la scelta dei singoli contributi. Tali contributi comprendono la ricollocazione, contributi finanziari o misure alternative di solidarietà come l’impiego di personale o misure incentrate sullo sviluppo di capacità. Gli Stati membri hanno piena discrezionalità per quanto riguarda il tipo di solidarietà che apportano. Nessuno Stato membro sarà mai obbligato a effettuare ricollocazioni.
Ci sarà un numero minimo annuo per le ricollocazioni dagli Stati membri in cui la maggior parte delle persone entra nell’UE verso gli Stati membri meno esposti a tali arrivi. Tale numero è fissato a 30 000, mentre il numero minimo annuo per i contributi finanziari sarà fissato a 20 000 euro per ricollocazione. Tali cifre possono essere aumentate ove necessario e si terrà conto anche delle situazioni in cui non è prevista alcuna necessità di solidarietà in un determinato anno.
Per compensare un numero eventualmente insufficiente di ricollocamenti promessi, saranno disponibili compensazioni di responsabilità come misura di solidarietà di secondo livello, a favore degli Stati membri che beneficiano della solidarietà. Ciò significa che lo Stato membro contribuente si assumerà la responsabilità dell’esame di una domanda di asilo da parte di persone che, in circostanze normali, sarebbero soggette a un trasferimento verso lo Stato membro competente (Stato membro beneficiario). Questo schema diventerà obbligatorio se gli impegni di ricollocazione non raggiungeranno il 60% del fabbisogno totale individuato dal Consiglio per un determinato anno o non raggiungeranno il numero stabilito dal regolamento (30.000).
A proposito del contributo finanziario, esso potrà sostenere un fondo per progetti di cooperazione con i paesi terzi in materia migratoria, come con la Tunisia, sembra, particolarmente richiesto dal governo italiano (EU countries agree to major migration deal – POLITICO).
I numeri
Gli Stati hanno concordato un numero minimo di 30.000 persone all’anno che dovranno essere sottoposte a una procedura di frontiera. Ci sarà anche un “tetto”, un massimo fissato alcune volte in più rispetto a questo numero, che aumenterà nei primi tre anni.
La capacità adeguata dei singoli Stati membri (numero minimo o obiettivo per le procedure di frontiera) sarà stabilita utilizzando una formula basata sulla capacità adeguata complessiva e sul numero di ingressi “irregolari” (cioè di persone che arrivano per cercare protezione).
Il comunicato del Consiglio così scrive sulla capacità adeguata. Per espletare le procedure di frontiera, gli Stati membri devono istituire una capacità adeguata, in termini di accoglienza e di risorse umane, necessaria per esaminare in qualsiasi momento un determinato numero di domande e per eseguire le decisioni di rimpatrio.A livello dell’UE tale capacità adeguata è di 30 000 unità. La capacità adeguata di ciascuno Stato membro sarà stabilita sulla base di una formula che tenga conto del numero di attraversamenti irregolari delle frontiere e di respingimenti di frontiera nell’arco di un periodo di tre anni.
Gli Stati membri possono interrompere l’uso della procedura di frontiera quando si avvicinano al loro obiettivo, con una notifica alla Commissione.
Allo stesso tempo, anche l’obiettivo di ricollocazione è fissato a 30.000 persone. Esiste un incentivo a fornire trasferimenti (piuttosto che altra solidarietà) sotto forma di “compensazioni” (riduzioni dei contributi di solidarietà per coloro che offrono i trasferimenti).
L’equivalente finanziario di una ricollocazione è fissato a 20.000 euro. Verranno inoltre stanziati fondi dall’UE per la capacità di accoglienza e gestire la procedura di frontiera.
La buona notizia
Questo è l’inizio della fine delle riforme. Esiste un meccanismo di solidarietà, che sarà codificato nel diritto dell’UE.
Le cattive notizie
Un uso più esteso della procedura di frontiera equivale a un maggior numero di persone nei centri di detenzione alla frontiera esterna, soggette a procedure di asilo al di sotto degli standard.
Con l’aumento delle responsabilità per i Paesi alla frontiera, e dato che i centri sono controversi per le comunità locali, c’è il rischio che si scelgano invece i respingimenti. Se la quota italiana dei 30.000 casi annuali di procedura di frontiera è di 5.000, ad esempio, è probabile che si proceda con i centri di detenzione o che si neghi l’ingresso?
Fissare un obiettivo numerico per l’uso della procedura di frontiera – che quasi sempre avverrà con il trattenimento – crea il rischio di arbitrarietà nella sua applicazione.
Le regole sulla responsabilità rimangono quelle di Dublino. I miglioramenti apportati dalla Commissione sono stati eliminati, per cui permangono gli incentivi ad evitare la conformità, ad esempio per quanto riguarda le condizioni di accoglienza.
Viene fortemente incoraggiato l’uso del “concetto di paese terzo sicuro” come base per negare alle persone l’accesso a una procedura d’asilo conforme o alla protezione in Europa. La definizione di Paese terzo sicuro è stata erosa, poiché saranno gli Stati membri a decidere quali Paesi soddisfano la definizione. Un Paese deve soddisfare determinati criteri di protezione e deve esistere un legame tra la persona e il Paese, come previsto dal diritto internazionale. Tuttavia, ciò che costituisce un legame è determinato dal diritto nazionale. Il testo fa riferimento, ad esempio, ai legami familiari e alla residenza precedente, ma uno Stato membro potrebbe decidere che il semplice transito sia un legame sufficiente.
La solidarietà è flessibile. Se gli Stati membri possono scegliere, quanti sceglieranno la ricollocazione? La ricollocazione di persone in tutta l’UE porterebbe a una più equa divisione delle responsabilità, invece di richiedere troppo ai Paesi alla frontiera esterna.
Le regole procedurali sembrano complesse al punto da risultare inattuabili.
Aspetti ancora incerti
Cosa è stato concordato sulle compensazioni – compensazioni degli obblighi di solidarietà (riduzioni degli obblighi di solidarietà di un Paese nei confronti di altri) in caso di offerta di posti di ricollocazione e compensazioni dei benefici di solidarietà (riduzioni dei diritti di solidarietà di un Paese sotto pressione) in caso di mancata accettazione dei trasferimenti di Dublino.
Definizione di pressione migratoria e se e come incorpora la “strumentalizzazione” delle migrazioni e la SAR.
Cosa cambierà nella pratica?
Un numero maggiore di persone che arrivano per cercare protezione in Europa sarà sottoposto a una procedura di frontiera, invece di essere ascoltato nell’ambito di una normale procedura di asilo. Le persone continueranno a cercare protezione in Europa, ma dovranno affrontare un sistema più severo.
Le responsabilità dei Paesi alle frontiere esterne sono aumentate, il che continua a fornire un incentivo a negare l’accesso al territorio e a mantenere bassi gli standard – ad esempio in materia di accoglienza o inclusione.
Si potrebbe ora prestare maggiore attenzione all’attuazione e alla gestione dei sistemi di asilo. Tuttavia, gli unici riferimenti concreti alla conformità riguardano il raggiungimento del numero stabilito di procedure di frontiera e la garanzia dei trasferimenti di Dublino.
Il movimento tra gli Stati membri (“secondario”) è ancora probabile e i contrabbandieri continueranno ad adattarsi, offrendo di più per portare le persone in Paesi lontani dalle frontiere esterne.
I vincitori
La Commissione, che ha puntato tutto sull’approvazione del Patto. “La fiducia e la cooperazione sono tornate in Consiglio”, secondo il Commissario.
La Francia, i Paesi Bassi e gli altri integralisti, che hanno ottenuto in gran parte ciò che volevano.
La Presidenza svedese, che ha mediato un accordo che le fa comodo, si è dimostrata un intermediario poco onesto. La presentazione del Ministro alla conferenza stampa ha sottolineato la circolazione secondaria e l’applicazione di Dublino.
I contrabbandieri, che potranno far pagare di più per i viaggi più complessi e più lunghi che le persone dovranno fare.
I perdenti
I rifugiati, per i quali sarà più difficile accedere a una procedura di asilo equa. Il rischio di detenzione è più elevato. Aumenta il rischio di respingimento. Aumenta la lunghezza e la complessità delle procedure.
I Paesi non UE alle frontiere, che avranno a che fare con un maggior numero di persone respinte e che saranno sottoposti a pressioni per costruire sistemi di asilo sufficientemente sicuri da poter essere considerati Paesi terzi “sicuri”.
I paesi Med5+ hanno ceduto su tutti i punti principali e hanno guadagnato ben poco. Dovranno gestire le procedure di frontiera e, sebbene la solidarietà sia obbligatoria, è flessibile, il che significa che la ricollocazione non è prioritaria. Tutto ciò porta a chiedersi: cosa è stato offerto loro in cambio?
La Germania, che si è rifiutata di rimanere ferma e di difendere i miglioramenti, anche minimi, che l’accordo di coalizione di governo richiedeva e sui quali aveva il sostegno di una piccola alleanza progressista e di potenziali alleanze con il sud. Ad esempio, sulle deroghe alla procedura di frontiera. Data la disperazione di dover raggiungere un accordo, si sarebbe potuto e dovuto chiedere di più.