Nuovo capitalismo-disuguaglianze in Africa
Sono diverse le analisi che guardano alle crescenti disuguaglianze nel mondo da parte di ricercatori e organizzazioni della società civile. Ma è interessante anche leggere studi che vedono la questione in una prospettiva diversa, quella neoliberale del capitalismo popolare. E’ ormai un vecchia narrativa esplosa in particolare negli anni ’80 con i governi Thatcher e Regan, secondo cui sarà la partecipazione delle persone al mercato dei capitali la vera svolta verso una società meno disuguale. Se le persone della classe media ma anche del proletariato, e perché no anche i poveri attraverso la microfinanza, riescono ad avere accesso al mercato dei capitali, agli scambi di azioni, obbligazioni, futures e altro, allora la ricchezza si diffonderà di più. Insomma, non devono essere aboliti i capitalisti, ma tutti dobbiamo diventare un po’ capitalisti. Per questo è necessario a livello politico promuovere il mercato dei capitali, deregolamentare il suo accesso e ridurre le imposte sui capitali. Le crisi finanziarie, soprattutto quella del 2007-2008, e la crescita delle disuguaglianze negli ultimi 40 anni, hanno dimostrato come questa narrativa sia fallace. Ciononostante gli interessi dei capitali non smettono di riproporla.
E’ rivelatore di questa narrativa il recente Africa Wealth Report pubblicato da Henley & Partners1 (società leader nella analisi e consulenza per gli investimenti nelle cittadinanze e residenze) in collaborazione con New World Wealth2 (società di analisi dei comportamenti delle persone più ricche). Il rapporto fornisce una analisi dell’economia africana, focalizzando sui settori più ricchi come quello del lusso e delle proprietà immobiliari, e mette in evidenza la crescita della ricchezza privata intensa come patrimonio netto di un individuo (proprietà immobiliare e mobiliare, contanti, azioni e affari commerciali) e la sua “relativa diffusione” che tuttavia rimane concentrata nelle mani di poche facoltose persone. Quello che viene fornito
dal rapporto è la visione dei nuovi ricchi capitalisti, nonostante la narrativa del capitalismo popolare, della creazione di nuova ricchezza e della sua diffusione. Quello che si chiede è più neoliberalismo.
Secondo uno dei curatori “I fattori chiave di questa tendenza sono il riconoscimento di queste economie di poter attrarre capitali consistenti se dispongono del giusto quadro normativo. Questo regime normativo prevede condizioni preferenziali per l’imposta sulle plusvalenze, sull’imposta sul capitale e l’imposta di successione, e un ambiente che consente di fare affari con facilità.”
L’arricchimento è guidato dalle megacities con l’afflusso di capitali, talenti e creatività, un crescita trainata dal consumo e l’aumento della produttività. Si crea così un nuovo mercato per gli investitori (i capitalisti), con broker e uffici di consulenza finanziaria che orientano gli investimenti nei settori del lusso, della proprietà immobiliare, nei quartieri ricchi ed esclusivi, … ma non solo: “Le economie costruite sulle nuove tecnologie, che guidano l’inclusione e gli ormai in voga investimenti con criteri ambientali, sociali e di corporate governance stanno attirando nuovi capitali, e creano una maggiore liquidità nei mercati secondari dei capitali.” Quest’ultima evidenza ci segnala come anche la transizione ecologica, pur necessaria per contrastare il cambiamento climatico generato dal capitalismo, sia fagocitata dallo stesso. Più transizione ecologica non significa più equità, ma nuove opportunità di guadagno e ricchezza. Per questo si parla di transizione giusta, una transizione ecologica che includa principi di equità. Altrimenti potremo pur avere un pianeta più pulito, ma con nuove esclusioni sociali e meno giustizia.
Il rapporto indica come l’Africa sia la patria di alcuni dei mercati in più rapida crescita: si prevede che la nuova ricchezza privata totale detenuta in Africa aumenterà del 38% nei prossimi 10 anni, per raggiungere i 3.000 miliardi di dollari entro il 2031. L’ascesa delle economie di frontiera insieme alla diversificazione delle fonti di creazione di ricchezza, sono solo alcune delle tendenze che guidano la creazione, il flusso e la conservazione del capitale in tutto il continente. Tuttavia, si riconosce, marginalmente, che il sistema di creazione e distribuzione di ricchezza del continente africano è minacciato da disuguaglianze, mancata equità e inclusione nei mercati finanziari. Inoltre, la pandemia, l’invasione russa dell’Ucraina ed i cambiamenti climatici che si sono riverberati in tutto il mondo, non hanno fatto altro che alimentare le disuguaglianze e creare ulteriori stati di incertezza e volatilità per individui, famiglie, imprese, investitori e governi in Africa. Comunque, tra i paesi che concentrano la maggiore ricchezza (e le maggiori disuguaglianze), oltre a Mauritius e Ruanda, si piazzano Sud Africa, Egitto, Nigeria, Marocco e Kenya.
Il Sudafrica è una delle principali roccaforti della ricchezza in Africa, con un solido mercato immobiliare di lusso e ampi servizi di gestione patrimoniale. È al secondo posto nel continente per ricchezza pro capite. Negli ultimi anni, il paese ha dovuto affrontare diverse sfide. Si stima che circa 4.500 individui con un patrimonio netto elevato (ovvero una ricchezza di 1 milione di dollari o più) abbiano lasciato il paese negli ultimi dieci anni, migrando in luoghi come il Regno Unito, l’Australia e gli Stati Uniti. Ci sono 15 miliardari nati in Sud Africa nel mondo, ma solo 5 di loro vivono ancora in Sud Africa.
Mauritius è la nazione più ricca dell’Africa su base pro capite. Negli ultimi anni, numerose persone facoltose sono immigrate nell’isola di Mauritius portando alla crescita del HNWI (High net worth individual), mentre è aumentata la popolazione che detiene un patrimonio finanziario alto. Tra i motivi che spingono le persone a trasferirsi nelle isole ci sono la facilità nel fare affari, l’alta sicurezza nel paese, le basse tasse, il settore dei servizi finanziari locali e un mercato azionario in crescita. Di conseguenza, Mauritius ha visto una rapida crescita della ricchezza privata totale negli ultimi dieci anni, seguita da Ruanda ed Etiopia.
D’altra parte, la Nigeria, che è la più grande economia dell’Africa, ha visto un forte calo della ricchezza totale. Il paese ha lottato negli ultimi anni con un’elevata disoccupazione, corruzione e un’eccessiva dipendenza dal petrolio greggio.
Con il tempo, i paesi africani stanno diventando sempre meno dipendenti dalle industrie estrattive e le condizioni commerciali continuano a migliorare. Anche le prospettive per la ricchezza privata nel continente sono ampiamente positive in quanto dovrebbe raggiungere i 3 trilioni di dollari entro il 2031, con un aumento di quasi il 40%. Questi fattori combinati ai dati demografici favorevoli del continente, indicano un brillante futuro economico per l’Africa e per i nuovi capitalisti.