Verso una nuova grande crisi del debito internazionale
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Ufficio Policy Focsiv – da qualche tempo si rincorrono informazioni e analisi sulla crescente crisi del debito che sta insorgendo in numerosi paesi in via di sviluppo (PVS). Nei decenni passati vi sono state altre crisi che hanno portato alla ristrutturazione (allungamento dei periodi di rimborso, con sovente anche una riduzione degli interessi e/o del capitale), alla cancellazione e alla conversione del debito, legandolo all’aiuto pubblico allo sviluppo (nel senso che la cancellazione viene conteggiata come se fosse aiuto, mentre la conversione può prevedere che il debito dovuto invece di venire ripagato ai creditori venga investito nel paese debitore, e anche questa operazione viene conteggiata come aiuto pubblico allo sviluppo).
Per continuare a riflettere sulle possibili soluzioni alla crisi economica globale legata indissolubilmente alle altre crisi correnti (sanitaria, climatica, umanitaria: vedi https://www.focsiv.it/come-finanziare-lo-sviluppo-globale/), e che si abbatte sempre con maggiore forza sui paesi poveri e sui PVS, proponiamo la traduzione di un articolo, apparso sul Financial Times, il 17 gennaio 2023 nella sezione Global Economy, di Martin Wolf, primo opinionista economico del Financial Times di Londra, insignito del CBE (Commander of the British Empire) nel 2000 “per i servizi al giornalismo finanziario” (vedi https://www.ft.com/content/889fec5a-cb62-463f-af8c-22c841bddb65). In questo articolo si avanza una proposta di ristrutturazione del debito.
“Una serie di fattori ha reso il costo del prestito proibitivo per i paesi poveri. Gli shock degli ultimi tre anni hanno colpito duramente i paesi in via di sviluppo a reddito medio-basso. (vedi: https://www.ft.com/content/17f5fcb0-b734-4c29-8b25-52b5597701a3). Ma il danno non risiede solo nel passato. È in agguato nel futuro. I paesi più poveri del mondo sono minacciati da un decennio perduto. Sarebbe una catastrofe umana e un enorme fallimento morale. Colpirebbe il futuro di tutti, specialmente quello degli europei, essendo così vicini ad alcuni dei paesi più colpiti. Bisogna fare qualcosa, iniziando dall’affrontare la crisi del debito che ormai incombe.
Secondo Kristalina Georgieva (https://www.imf.org/en/Blogs/Articles/2023/01/16/Confronting-fragmentation-where-it-matters-most-trade-debt-and-climate-action), amministratore delegato del FMI-Fondo Monetario Internazionale, “circa il 15% dei paesi a basso reddito è già in crisi debitoria e un ulteriore 45% è ad alto rischio di crisi debitoria. Tra i mercati emergenti, circa il 25% è ad alto rischio e si trova ad affrontare spread sui prestiti simili a quelli di un default”. Sri Lanka, Ghana e Zambia sono già in default. Ne seguiranno molti altri. Bisogna fare qualcosa con urgenza.
Perché è successo? La risposta è che i paesi a basso e medio reddito si sono assunti troppo debito del tipo sbagliato. Ciò riflette principalmente la mancanza di buone alternative di finanziamento. Il mondo ha aperto una trappola del debito, rendendo i termini del prestito allettanti ma rischiosi. Il Covid-19, l’aumento dei prezzi dell’energia e dei prodotti alimentari, i tassi di interesse più elevati, un dollaro forte e un rallentamento globale hanno ora reso i costi proibitivi, chiudendo debitamente la trappola su questi paesi vulnerabili.
Quando il debito diventa insostenibile, deve essere ristrutturato. Questo è vero tanto per i paesi quanto per le imprese e le famiglie. Ma la ristrutturazione è diventata ancora più difficile di quanto non fosse negli anni ’80, dopo la crisi del debito latinoamericano del 1982. Allora, i principali creditori erano alcune grandi banche occidentali, governi occidentali e istituzioni finanziarie internazionali (IFI) dominate dall’Occidente. Era relativamente facile coordinare queste entità. La difficoltà principale era ammettere quanto fossero fallite alcune banche occidentali.
Solo tra il 2000 e il 2021 la quota di debito estero pubblico e garantito pubblicamente dei paesi a reddito medio-basso (diverso da quello detenuto dalle IFI) nei confronti degli obbligazionisti è balzata dal 10 al 50 per cento, mentre la quota dovuta alla Cina è passata dall’1 al 15 per cento. Nel frattempo, la quota detenuta dai 22 membri prevalentemente occidentali del Club di Parigi dei prestatori ufficiali è scesa dal 55 al 18 per cento. Pertanto, coordinare i creditori in un’operazione globale di ristrutturazione del debito è diventato molto più difficile, a causa del loro maggior numero e della loro diversità. Inoltre, nessuno vuole ristrutturare il debito se ciò avvantaggerebbe solo altri creditori.
La percentuale di paesi poveri a rischio di indebitamento è aumentata vertiginosamente: rischio di crisi debitoria (% di paesi con DSSI-Debt Service Suspension Initiative e DSA-Debt Sustainability Analysis*)
Non esiste un quadro efficace per riunire tutti questi creditori. Né esiste alcun modello credibile per ristrutturare quel debito. Il G20 ha creato il “Quadro comune per il trattamento del debito” (https://www.g20-insights.org/policy_briefs/resolving-debt-crises-in-developing-countries-how-can-the-g20-contribute-to-operationalising-the-common-framework/#:~:text=First%2C%20the%20G20%20established%20the,Framework)%20to%20address%20debt%20crises.), per affrontare la prima difficoltà. Ma in pratica è un processo guidato dal Club di Parigi. Gli altri (e spesso molto più grandi) creditori non sono veramente coinvolti. Secondo lo stesso FMI (https://www.imf.org/en/Blogs/Articles/2021/12/02/blog120221the-g20-common-framework-for-debt-treatments-must-be-stepped-up), il “quadro” non è sufficiente. Allo stesso modo, non esiste alcun approccio alla ristrutturazione del debito che sia in grado di fornire ciò che è necessario: un nuovo inizio per i paesi fortemente indebitati colpiti dalla crisi.
Due noti esperti di debito – Lee Buchheit e Adam Lerrick (https://www.ft.com/content/acfaf9fb-b44a-4c04-a5bf-23f6983fb0dc) – mi hanno inviato una proposta volta a fare ciò che le obbligazioni Brady (https://www.ft.com/content/33ef9a5d-8e28-4f16-b899-7b706dfacb84) hanno fatto per fermare la crisi del debito latinoamericano, ma in modo aggiornato. Essi suggeriscono l’offerta ai creditori di due strutture di scambio obbligazionario. L’intero stock di obbligazioni estere del governo verrebbe convertito in un uguale importo nominale di debito a 25-40 anni a un tasso di interesse del 3-3,5%. Questo scambio dovrebbe ridurre il valore attuale netto (attualmente non pagabile) del debito di oltre il 50 per cento.
Il debito estero dei paesi più poveri è aumentato vertiginosamente dal 2000: debito pubblico estero dei paesi a reddito basso e medio-basso per creditore (in miliardi di $)
Nell’ambito della “Struttura di acconto in contanti” (Cash Downpayment Structure), gli investitori ricevono un acconto in contanti dell’obbligazione esistente pari al 30-35 per cento del suo attuale valore di mercato più una nuova obbligazione standard a lungo termine senza svalutazione dell’importo del capitale da restituire. Nell’ambito della “Struttura del livello minimo di supporto” (Floor of Support Structure), gli investitori ricevono una nuova obbligazione a lungo termine di pari importo nominale che ha un floor liquido crescente di supporto con un valore iniziale del 60-70 per cento del valore di mercato corrente dell’obbligazione esistente. Il livello minimo di supporto si basa sulla capacità dell’investitore di convertire la nuova obbligazione in un’obbligazione zero coupon della Banca Mondiale in qualsiasi momento. Le IFI lo finanzierebbero attraverso una combinazione di nuovi prestiti e il riutilizzo di importi non utilizzati con prestiti esistenti, sempre seguendo il precedente Brady. I prestiti IFI dovrebbero contenere anche disposizioni che limitino l’eccessivo indebitamento.
Perché i creditori dovrebbero accettarlo? La risposta è che l’alternativa sarebbe un lungo pasticcio in cui è probabile che ottengano molto meno. Nel frattempo, le IFI potrebbero risolvere la terribile situazione di così tanti clienti a un prezzo predefinito. Qualcuno dovrebbe assumersi questo compito. Nel 1989 fu l’allora segretario al Tesoro statunitense Nicholas Brady. Ora, chi sarebbe meglio del suo successore, Janet Yellen?
I grandi aumenti sono stati nel debito privato e cinese: debito pubblico estero di paesi a reddito basso e medio-basso per creditore (%)
Rimettere ordine nel caos è solo parte del compito. Altrettanto importante è la creazione di un sistema per finanziare lo sviluppo, compresi la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici, che svolga un lavoro molto migliore nella gestione del rischio e riconosca questi obiettivi come beni pubblici globali. Idee eccellenti sono state avanzate (https://www.ft.com/content/5198e3ba-997f-4db5-8310-3a68ae91d9f2) nel Finance for Climate Action (https://www.lse.ac.uk/granthaminstitute/publication/finance-for-climate-action-scaling-up-investment-for-climate-and-development/), da un gruppo di esperti di alto livello e dalla Bridgetown Initiative (https://greenfdc.org/bridgetown-initiative-a-transformation-of-development-finance-system-for-improved-climate-adaptation-and-resilience-in-emerging-economies/#:~:text=The%20Bridgetown%20Initiative%20aims%20to,improved%20resilience%20in%20so%20called%20%E2%80%9C) sviluppata da Avinash Persaud (https://www.ft.com/content/7e1c9227-e62f-43f5-8890-34875e4bd522) per il primo ministro delle Barbados (https://www.ft.com/content/36fa2acc-9178-4f81-81a5-a1cc0a726989).
Il sistema che abbiamo attualmente per risolvere i debiti dei paesi poveri non è, come si dice, “adatto allo scopo”. Lo stesso vale per l’aiuto ai paesi poveri per rispondere agli shock negativi e verso uno sviluppo sostenibile. Il cambiamento è necessario con urgenza. Che si inizi ora.